Mostri sacriCosa pensava Truman Capote di Ezra Pound

I perfetti opposti: uno americano, l'altro occidentale. Uno pavone, l'altro tigre. Sulla copertina di Esquire “The Magazine for Men” Capote traccia un profilo del poeta onesto, eppure senza sconti

IRVING PENN / SMITHSONIAN INSTITUTION / AFP

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Truman Capote e Ezra Pound. Se fossi Esopo direi. La favola del pavone e della tigre. Esquire, primo settembre 1959. ‘Ez’ libero dall’anno prima, lascia gli Stati Uniti per l’Italia. Troppo ghiotta l’occasione per Capote di raccontare, con cinico brio, il titano della letteratura del Novecento. Ne viene fuori un ritratto elegante, perfino devoto – a pensare a come Capote piglia per i fondelli Sua Attorialità Marlon Brando – che usa come pretesto le fotografie, omeriche, di Avedon. “Truman Capote and Richard Avedon on Ezra Pound”, in effetti, è il titolo sulla copertina di Esquire “The Magazine for Men” – con buona pace delle fanciulle in fiore. Il pavone, a debita distanza, descrive l’ultimo assalto all’America della tigre. Titolo del pezzo, laconico: Observations on Ezra Pound.

Nel volto si decritta un destino. Proprio così. Il volto – l’arte occidentale raffigura il volto, perfino quello di Dio, pensando che sia lì, tra occhi, labbra, esegesi cuneiforme del mento, tutto, la totalità di una sorte, il sigillo dell’angelo. L’ha scritto Joseph Brodskij, “strane cose, le facce dei poeti. In teoria, l’aspetto di uno scrittore non dovrebbe avere la minima importanza per i suoi lettori… ma nel momento in cui si conosce e si apprezza una quantità sufficiente di versi di un certo autore, comincia la curiosità e ci s’interroga sulla sua apparenza fisica… insicuri per natura, vogliamo vedere l’artista (che identifichiamo con la sua opera) in modo che la prossima volta ci sia possibile sapere che faccia ha realmente la verità”. Quasi che il viso incarni il carisma, i carati di un’opera. Pound non potrebbe avere altro volto – altro volto non potrebbero avere i Cantos. Truman Capote, idem. Consustanzialità tra opera e corpo. Corpo verbale.

Nel 1959 Capote ha appena pubblicato Colazione da Tiffany, ha già scritto i romanzi più lirici – Altre voci, altre stanze e L’arpa d’erba – si appresta a calare in una crisi da cui risorgerà con il libro pazzesco, A sangue freddo. Tanto Capote è ‘americano’ tanto Pound è ‘occidentale’, capite? Uno, Truman, è nell’oggi, si avvita all’ovvio, esplodendo esegesi avveniristiche; l’altro è nell’altrove, zenit dei significati, tra l’altare dei catari, la ballata di Cavalcanti, la cavalcata di Confucio, la faccia di tolla di Eliot.

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