ll bianco e nero della clip di #Afroitaliano gli si addice. Perché Tolulope Olabode Kuti, meglio conosciuto come Tommy Kuti, 29 anni, nigeriano di nascita, in Italia da 27, rapper in ascesa vertiginosa, non si sente né bianco né nero.
Sul treno che lo riporta al Nord dopo l’ennesimo concerto sold out, tappa romana, grande folla e ore piccole, ripete quello che è diventato un po’ il suo mantra per non dire il suo marchio di fabbrica: «Non ne posso più che tutti mi chiedano se mi sento più italiano o più africano. Sono nato in Nigeria, sono cresciuto in Italia dove abito, mi sono laureato in Gran Bretagna e ho vissuto negli Stati Uniti. È irragionevole pensare di questi tempi che uno come me, con il mio percorso, possa essere incasellato in una sola nazionalità. Ho molte radici, sono figlio di tante culture. Alla fine sono afroitaliano». Questa cosa per Tommy Kuti deve essere diventata una specie di ossessione. Su cui è comunque capace di giocare con l’autoironia che pochi hanno. In #Afroitaliano rappa con parole delicate: «La nostra nazione sta scritta nel cuore». Ma poi si fa stendere sul lettino dello psicanalista alla mercé del professor Fabi Fibra, il primo grande nome della musica rap a scoprire le potenzialità di questo afroitaliano con il forte accento bresciano, che gli è rimasto, malgrado abbia sul passaporto tutti i timbri del mondo.