Bisogna avere un caos dentro di sé per poter generare una stella danzante, o se non altro per farvi citofonare da Marie Kondo. Chi è? Una guru dell’ordine, un’abile truffatrice, una filosofa del contemporaneo. Chi può dirlo con certezza. Sicuramente è una trentaquattrenne giapponese che ha raggiunto il successo grazie alle nostre vite incasinate. Per lei riordinare non è mai stata una condanna. Leggenda vuole che da piccola, mentre gli altri bambini giocavano, si divertisse a riordinare i libri. Il primo esaurimento nervoso a sedici anni: stava cercando di buttare in sacchi della spazzatura tutti i suoi oggetti in disordine. Siete sorpresi?
Poi la Sai Baba nipponica che prospera nelle case dei pigri ha l’illuminazione. Una voce interiore la risveglia (il demone dell’ordine? il fantasma formaggino?) le dice di fermarsi, di calmarsi, di concentrarsi sul salvare le cose preziose per lei: che le infondono gioia. Dalla compulsione nasce il mito del KonMari, metodo col quale venderà milioni del suo bestseller tradotto in trenta nazioni, Il magico potere del riordino, oggi diventato uno show Netflix. La rivoluzione copernicana è questa: butta quello che non ti serve, piega e riponi in verticale i vestiti, usa scatole trasparenti.
Ma detto così son bravi tutti. Il genio è nell’unire lo spiritualismo ai manuali di self help e darti un motivo per sentirti migliore, creare un percorso, una trasformazione esistenziale. Kondo si presenta a casa tua, inciampa tra le decorazioni natalizie, i bambini o i gatti e sorride porgendoti le scatole. Siccome nonostante sia diventata ricca non ha imparato ancora una parola d’inglese, e siccome la gioia che ti danno gli oggetti è soggettiva, c’è la sua traduttrice a dirti di sgobbare, mentre lei ti abbraccia. L’operazione è semplice: devi impilare tutti i vestiti per vedere quanti ne hai, poi li afferri uno a uno per scoprire se ti infondono gioia. Se non lo fanno, ringrazi il calzino e lo accompagni al sacco dell’immondizia. In questo modo sei tu a pulire casa ma intanto stai anche pregando. E la ringrazi e le dici che ti ha cambiato la vita perché hai finalmente trovato il coraggio di buttare i cartoni della pizza e le rubriche telefoniche, sei una persona migliore. E come avresti fatto da sola a capire che le borse andavano infilate una nell’altra per risparmiare spazio?
L’operazione è semplice: devi impilare tutti i vestiti per vedere quanti ne hai, poi li afferri uno a uno per scoprire se ti infondono gioia. Se non lo fanno, ringrazi il calzino e lo accompagni al sacco dell’immondizia. In questo modo sei tu a pulire casa ma intanto stai anche pregando. E la ringrazi e le dici che ti ha cambiato la vita perché hai finalmente trovato il coraggio di buttare i cartoni della pizza e le rubriche telefoniche, sei una persona migliore
Un tempo i reality glorificavano la chirurgia plastica come cura a ogni insicurezza, oggi la soluzione è rifare il letto. Nello show, Kondo incontra giovani coppie sull’orlo di una crisi, dove l’incomunicabilità coniugale è dovuta ai piatti sporchi e vedove che non osano disfarsi delle edizioni economiche del defunto. Tutti con un disperato bisogno di ordine (mentale), e che danno la colpa dei loro problemi di coppia agli oggetti che li circondano, responsabili di interferire con la vera felicità. Tutte le case ordinate sono simili, ogni garage è incasinato a modo suo.
Lo show è pieno di momenti comici involontari. Quando Kondo picchietta i libri per risvegliarli, quando una padrona di casa dice «Io e mio marito dopo tanti anni di matrimonio non abbiamo bisogno di parlarci per forza» e scopriamo che compra inutili paia di scarpe in saldo per «colpirlo nel portafogli», quando due che si sono incontrati su Tinder dicono «siamo la classica storia d’amore», o tutte le volte in cui Kondo zompa in un armadio e dice «amo il disordine».
Forse il più oltre è quando la nostra guru cerca il posto migliore per ringraziare la casa. Si aggira per le stanze in cerca di uno spazio sgombro, si inginocchia, chiude gli occhi e parte un sottofondo al pianoforte da centro massaggi. È quel momento in cui il padrone di casa la guarda con lo sguardo tra il «questa è scema» e il dubbio «forse in Giappone si fa così, o mio dio sono razzista e irrispettoso delle tradizione culturali straniere, mi vergogno tantissimo perché credo nel relativismo culturale e ripudio l’etnocentrismo, ora mi inginocchio e benedico il mio soggiorno e mi pento condannando il consumismo che mi ha portato a vivere strisciando tra i rifiuti».
Facciamo ordine con Marie Kondo è la sintesi tra manuali self help, reality e spiritualismo d’accatto. È uno show orientalista basato sul fatto che pensiamo che i giapponesi siano geneticamente e culturalmente adatti al riordino perché hanno inventato Muji, hanno case piccole, amano il minimalismo e se c’è qualcosa fuori posto si suicidano per il disonore. Possiamo darle retta e fare ordine e pulizia, immaginando basti a sistemare ogni intoppo nelle nostre vite, oppure pagare qualcuno che lo faccia al posto nostro. O, ancor più radicale, affidarci a Quentin Crisp, autore satirico inglese, il quale sosteneva: «Non è necessario fare alcun lavoro domestico. Dopo i primi quattro anni la polvere non peggiora». È solo questione di pazienza.