«Per capire da dove venga il movimento dei gilet jaunes, bisogna leggere La France péripherique, di Christophe Guilluy». Un libro che racconta come esistano due tipi di Francia: una globalizzata, quella delle metropoli, e una di provincia, delle piccole città, che fatica a stare al passo con l’immagine del Paese sintetizzata in Parigi. I gilet jaune della provincia ce l’hanno con l’Europa, una « mega-oligarchia » che avrebbe tolto la capacità di decidere a livello locale, avrebbe fatto in modo che le industrie fossero delocalizzate fuori dalla Francia. Yvan Yonnet, gilet jaune dalla prima ora a Caen, mi viene a prendere alla stazione per portarmi a casa sua, casa nelle periferia, costruita da lui, in legno. Il tragitto Parigi-Caen, in treno, non mi ha regalato un grande paesaggio. Pianeggiante, niente di melancolico come la pianura padana che si vede nei film di Antonioni o Mazzacurati. Il cielo è bianco, la luce forte dietro le nuvole grige. Fa freddo. E nel bar della stazione, piena di cantieri, Yvan Yonnet, che prima dei gilet jaune appartiene al gruppo dei pardem, anti-globalizzazione, anti-euro, di sinistra (gemellato in Italia con poetere al popolo e p.101), mi racconta come è nata la protesta in provincia. Caen ha 112 mila abitanti.
«A Parigi si ha l’alta società, gli stipendi alti. Prima c’erano anche altri centri come Lione, Bordeaux, Marsiglia, le altre città. Adesso la classe media è sparita: l’affitto costa troppo, tutte le fabbriche sono state chiuse o delocalizzate, la gente continua a pagare le imposte per servizi che peggiorano. Ospedali chiudono, linee di trasporto locale chiudono in favore dell’alta velocità che collega a Parigi. La gente nelle città sopravvive con piccoli stipendi, nelle periferie invece, dove magari quei soldi basterebbero, non c’è più niente »
Dovrei leggere “La France périphérique” per capire?
Sì, da lì si capisce tutto. Poche pagine, si legge in un pomeriggio.
Ma è meglio di Houellebecq, dicono che sia lui profeta del nostro tempo.
È diverso, Houellebecq è finzione. Guilly è un saggio sociologico. Tratta tutto, anche il razzismo: per lui si tratta di una paura di perdere l’identità.
Che lavoro fa?
Io ho lavorato come tecnico dell’elettricità di EDF. Ho visto di tutto, sono stata a casa di tutte le classi sociali.
E?
Quelli che ci dicevano di vivere senza frontiere vivevano in case con grossi cani da guardia e alti cancelli.
Quanto guadagna?
Duemila euro netti circa al mese, fra un po’ vado in pensione. Ho 56 anni e a 57 anni possiamo andare in pensione noi che abbiamo fatto lavori “fisici”.
Qual è il male del nostro tempo, quello contro cui voi combattete?
La disparità sociale ed economica. La tecnocrazia ha innalzato un muro di frontiera: se non hai soldi non puoi abitare in città. La selezione è automatica. Abbiamo creato una società in cui non si può vivere.
Ma voi tutti siete veramente partiti da Jacline Mouraud che ha diffuso un video contro l’aumento del carburante?
Lei ha fatto un video, ma non è il volto del movimento. Nessuno sa da chi sia nato il movimento. Ha preso piede grazie ai social media, e ha una dimensione enorme. Il 17 novembre a livello nazionale era impressionante. Era improvvisata e un po’ anarchica, senza appoggi politici. È partita dalla protesta all’aumento del prezzo del carburante del diesel: per tutti quanti noi la macchina è un mezzo vitale, c’è gente che fa 100 km al giorno per andare al lavoro. Non è che siamo contro l’ecologia, ma perché non tassare di più gli aerei? È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, infatti la protesta continua per uno scontento generale.
Ma perché scontento ?
C’è una piccola oligarchia che domina il mondo, gestisce il Paese. C’è una frattura tra chi governa e il popolo, che sopravvive. Non vedo come si possa riparare questa frattura. Macron non capisce che cosa succede nella Francia di provincia. La gente sopravvive, il 15 del mese il frigo è il vuoto. Ci sono tantissime donne nel movimento, le donne sono le prime a essere toccate dalla precarietà sociale, i salari bassi. Una donna non può vivere da sola con meno di 1.800 euro al mese, tra affitto e le spese, i figli.
Era una delusione generalizzata?
Sì, sapevamo che tutto era nell’aria, aspettavamo. La gente è partita da zero a fare politica. Ora stiamo studiando ci stiamo preparando. Di sabato protestiamo, di domenica c’è l’assemblea e di lunedì ci incontriamo per studiare le forme di governo possibile. Sarà impossibile fare rientrare la protesta. C’è di tutto tra di noi: dai disoccupati, ai contratti determinati, a quelli che hanno un lavoretto. Ma anche le piccoli imprenditori che hanno due-tre dipendenti che non sanno come fare.
Prima la provincia non era interessata alla politica?
Sì, ma l’Unione Europea non è estranea a questo. Nel senso, presidenti della Repubblica francese si sono alternati ma nulla è cambiato perché tanto si eseguono le direttive europee. È sbagliato dall’inizio. Se si vede la storia, in nessun momento l’Unione Europea è stata una scelta del popolo, è stata inculcata. Quando abbiamo votato nel 2005 il referendum sulla Costituzione Europea, il 55% dei francesi si è espresso contro, un numero enorme. Poi nel 2008 Sarkozy ha ratitificato il Trattato di Lisbona, ma era contro il popolo. Questo ha fatto sì che la gente si sganciasse dalla politica
Sì facciamo politica, ma senza ideologie. Siamo nella fase della rivoluzione, come era stata la Rivoluzione Francese, poi si trasformerà in qualcosa. Come la Rivoluzione francese, le divergenze verranno fuori dopo se un giorno riusciremo a cambiare il sistema.
La domanda nel referendum era la seguente: “Approuvez-vous le projet de loi qui autorise la ratification du traité établissant une Constitution pour l’Europe?” (Ovvero: lei approva il progetto di legge che autorizza la ratifica del tratttato che stabilisce le Costituzione europea? Nel 2008 il Trattato di Lisbona è stato votato dal dal parlamento e ratificato, ndr).
E voi insomma fate politica?
Sì facciamo politica, ma senza ideologie. Siamo nella fase della rivoluzione, come era stata la Rivoluzione Francese, poi si trasformerà in qualcosa d’altro. Come la Rivoluzione francese, le divergenze verranno fuori dopo, se un giorno riusciremo a cambiare il sistema.Che tipo di rivoluzione volete?
Vogliamo il Referendum di iniziativa popolare (Ric, referendum d’initiative citoyenne), ma anche la democrazia diretta, ne abbiamo parlato a Tolosa e Lione. Questa sarebbe la grande rivoluzione, ma non è compatibile con l’Unione Europea: se dai il potere al popolo, lo togli a un’oligarchia che non rappresenta il popolo. Le oligarchie non devono più governare.Dopo Macron?
Non vorrei che il governo cadesse adesso, i gilet jaunes non sono pronti, e non so chi potrebbe prenderne le redini.Non vi basta il grand débat come soluzione di dialogo?
Sembra un monologo, parla solo Macron. Ma in ogni caso non serve a niente perché non cambia la sua politica: non vuole aumentare il salario minimo, o altre richieste.E il referendum presidenziale?
No, perché col referendum non si dice quello che si vuole, si risponde sì o no su una questione. Macron ha perso credibilità, la gente non vuole più nemmeno sentirlo parlare.Credo che sia meglio la democrazia diretta ma ci chiediamo se il popolo è pronto : invece di votare per qualcuno bisogna votare un legge, non è mai successo. Non penso però che il popolo sia peggio di chi, anche essendo intelligente istruito, ha prodotto 6 milioni di disoccupati, 9 milioni di poveri, il debito pubblico. La democrazia diretta non mi fa paura
Ma in questo modo non si ha una democrazia personalizzata? Ognuno propone e fa quello che vuole, c’è un collasso della personalizzazione.
No. Il referendum mantiene l’oligarchia, non è sufficiente. Credo che sia meglio la democrazia diretta ma ci chiediamo se il popolo è pronto: invece di votare per qualcuno bisogna votare un legge, non è mai successo prima. Non penso però che il popolo sia peggiore di chi, anche essendo intelligente istruito, ha prodotto 6 milioni di disoccupati, 9 milioni di poveri, il debito pubblico. La democrazia diretta non mi fa paura.I gilet gialli sono la periferia contro la centralità di Parigi?
Certo. Tutti quelli che si astengono alle elezioni sono persone che si sentono escluse dalla politica. È da 30 anni che ci abbassano i salari, i servizi pubblici, e chiunque ci sia al governo non cambia niente perché si applicano solo i trattati dell’Unione europea. Non sappiamo nemmeno chi ha negoziato il Ceta (accordo economico internazionale tra Canada e Unione Europea).E i razzisti e gli antisemiti nei gilet jaunes?
Ci sono ovunque, anche nei gilet jaunes. Non ci sono più razzisti adesso di un tempo. Ci sono persone di estrema destra e di estrema sinistra, c’è di tutto nel movimento.E a Caen?
È piccola ma rappresenta quello che succede. Era pieno di industrie come Moulinex, industrie metalmeccaniche, e sono state delocalizzate dal ’84 al ’95. Ora non ci sono più imprese. Come a Parigi un salariato non può abitare a Caen città ma deve vivere fuori perché è caro.Elezioni europee, ci saranno i gilet jaunes?
Non lo so, chi è che finanzia la campagna? Una campagna costa 800 mila euro, da dove vengono i soldi? Secondo me chi si candida è in qualche modo manipolato, diretto. Poi non ha senso: l’oligarchia europea è la stessa a livello nazionale, come possono i gilet gialli accettare una mega-oligarchia?(Poi mi ha mostrato il vicinato : casette piccole, di legno, gente che si costruisce la casa. Un piccolo studio pieno di strumenti musicali : Yvan suona in una jazz band con altre 25 persone. E poi ancora cielo grigio bianco verso Parigi)