Pangea è un quotidiano culturale on line. Pangea ha l’ambizione di portare nella cultura italiana (notoriamente provinciale ma storicamente avventuriera) i grandi temi e i grandi autori della cultura internazionale. Con l’ansia dei corsari e degli astronomi, Pangea mostra le meraviglie del nostro Paese e il meglio del resto del mondo. La rivista, che propone contributi giornalieri, è qui: pangea.news
Le bandiere di preghiera tibetane ondeggiano, sono tantissime, colorate, sospese a fili bianchi. Sembrano danzare, come in festa. Tradizionalmente, vengono appese a capodanno, ma non il nostro, quello tibetano, che si festeggia oggi, il 5 febbraio. Uno strano vento caldo sbuffa da est, quando arrivo alla casa varesina di Maria Antonia Sironi, allieva di Ardito Desio, geologa, scrittrice, traduttrice e presidente della associazione EcoHimal Italia Onlus per la salvaguardia delle popolazioni che vivono nelle aree himalayane. Una specie di moderna esploratrice e una pioniera dell’alpinismo femminile. Una catasta di legna da ardere, il pendio di un prato, i rami degli alberi sono ormai spogli, è inverno ed è anche buio. Si indovinano le stelle tra l’intrico dei rami. La casa rossa di mattoni, è in alto, come un eremo, richiede una breve salita. Una manciata di gradini e sono nell’ingresso della casa. Un tempo era un fienile, ora sembra un rifugio di montagna, con le finestre a mezzaluna che sbirciano sulla strada. Un piccolo soppalco di legno a sinistra sembra fatto apposta per la meditazione. Mensole zeppe di libri, le foto appese del Dalai Lama che Maria Antonia, Tona per gli amici, ha incontrato. Ma dove sono capitata? Insieme a Tona, di passaggio, c’è sua figlia Hildegard Diemberger – figlia del celebre Kurt, l’unico alpinista vivente ad aver scalato, in prima ascensione, due ottomila – antropologa e oggi ricercatrice presso l’Università di Cambridge. Lei non chiama mamma sua madre, ma Tona, semplicemente. Del resto Tona è una donna avventurosa, non soltanto una madre: ha preso parte a spedizioni esplorative in varie parti del mondo, ha raggiunto, avventurosamente, l’Himalaya, ai margini della mitica terra di Oddyiana, rimanendo definitivamente sedotta da quei luoghi. Ha vissuto per alcuni anni in Tibet, in Nepal, a Katmandu, con la figlia e la piccola nipote, dedicandosi alla salvaguardia della loro cultura, del loro territorio, restaurando monasteri, costruendo scuole elementari, affinché tutti i bambini potessero avere un’istruzione, anche quelli che vivevano nei luoghi più impervi.
Una bambina dal volto di bambola canticchia e danza vicino alle fiamme lievi del camino, mentre una ragazza bionda, esile, dagli occhi vivissimi, abbraccia una coperta ma, nonostante l’innocenza del volto, è molto più grande, è sua madre. Lei, Jana, questo è il nome della ragazza, è nata nove mesi dopo che sua madre Hildegard – che, in quel periodo, viveva a Tashigang, un villaggio alle pendici dell’Himalaya – aveva compiuto un pellegrinaggio all’Ama Pujun, la Montagna della Madre incinta e vi aveva deposto il fiore di rito. Al tavolo di legno, mi offrono una tazza fumante di ginger-lemon, sembra quasi un liquore, ma è soltanto un infuso di zenzero grattugiato, limone e miele, squisito. Mentre stringo la tazza tra le mani, in questo rifugio femminile, ascolto, per la prima volta, l’affascinante storia della principessa di Gungtang. Anzitutto è una storia familiare: Hildegard che dedica la sua vita al Tibet – si era appassionata alle montagne grazie a suo padre, ma a differenza di lui prediligeva “la gente che ci vive intorno” – e alle sue popolazioni, un giorno, al ritorno da un viaggio, racconta alla madre Tona di aver ritrovato, per vie misteriose, il manoscritto andato perduto della biografia di una principessa monaca, nata nel 1422 e vissuta fino al 1455, fondatrice di una delle rarissime linee di reincarnazione femminili. Dopo soltanto cinquecento anni, Hildegard ne trae, nel 2007, un libro accademico per la Columbia University Press: When a Woman becomes a Religious Dynasty, in cui, accanto alla traduzione realizzata insieme a Pasang Wangdu, ne presenta una profonda analisi e la confronta con altre opere e altri personaggi dell’epoca. La madre Tona, al suo fianco, trasforma il manoscritto biografico in un romanzo e così nasce La Principessa di Gungtang Dall’antico Tibet, la storia di una vita senza fine, edito da Alpine Studio, con la prefazione di Kurt Diemberger, il padre di Hildegard.