Paradossi italianiL’economia italiana va male? Chissenefrega. Gli italiani sono più ottimisti adesso di quanto lo fossero con Renzi

Al tempo dei social e delle narrazioni la fiducia dei consumatori è instabile e dipende più dai cicli politici che da quelli economici. Chi è al potere sa che l’opinione pubblica non presta attenzione ai numeri ma all'immagine che danno le scelte politiche

Per gli economisti la fiducia è un vero e proprio asset, una risorsa paragonabile al capitale d’investimento. Propizia l’investimento, favorisce l’acquisto di titoli di Stato, la concessione di credito, la stesura di accordi tra Paesi, il consumo da parte dei cittadini. All’italia questa risorsa è mancata molto negli anni. E ne paghiamo le conseguenze da diversi punti di vista, come si vede dalle impennate dello spread o dalle poche imprese straniere attratte nel nostro Paese. La fiducia è una questione anche di percezione. E al tempo dei social e delle narrazioni, le percezioni possono divergere anche di molto dalla realtà. Così può capitare che sia la realtà a dipendere dalla fiducia e dalla percezione e non il contrario. Un indizio di questo lo vediamo nella divergenza della fiducia delle imprese e dei consumatori, ovvero della popolazione. La prima è piuttosto aderente all’andamento del PIL. Quanto il Pil cade, le imprese fanno emergere la propria sfiducia, e viceversa. Negli ultimi 14 anni è stato piuttosto evidente.

Una piccola discrepanza emerge relativamente alla situazione attuale: la fiducia delle imprese appare ancora piuttosto alta anche di fronte al PIL in calo. Con statistiche analoghe nel 2013/14 gli imprenditori apparivano molto più scoraggiati. Nulla a che vedere con lo scollamento tra situazione reale e fiducia dei consumatori più oscillante, più instabile, e dipende molto più dai cicli della politici che da quelli dell’economia.

Tra il 2004 e il 2006 la bassa popolarità del governo Berlusconi ha indotto poca fiducia nei consumatori, a prescindere dalle varie crescite del PIL non malvagie. Già si iniziava a parlare del declino italiano. Si trattava paradossalmente della stessa fiducia riscontrabile qualche tempo dopo nella profonda crisi del 2008-2009, quando a dispetto dei crolli del reddito si diceva che l’Italia era stata “colpita meno” da una crisi ritenuta solo responsabilità degli USA. Viceversa il tracollo della fiducia ai minimi si è verificato durante il governo Monti, nonostante una recessione meno intensa a livello di numeri, ma molto più sentita, in termini anche politici, a causa delle misure decise su pensioni e IMU.

La cosa più interessante però è quanto accaduto negli ultimi anni. Da un massimo all’inizio del 2016 la fiducia dei consumatori è caduta di moltissimi punti proprio nel corso di quell’anno, nonostante il rafforzamento dell’economia, in corrispondenza del calo di popolarità del governo Renzi e poi della sconfitta al referendum costituzionale. C’è stata invece una ripresa in occasione del governo Gentiloni, più popolare, che però è proseguita con la vittoria di Lega e Movimento 5 Stelle, nonostante la crisi dello spread, nonostante le prime avvisaglie di una nuova recessione. Oggi secondo gli ultimi dati di gennaio c’è più fiducia di quanta ce ne sia mai stata tra 2002 e 2015.

È un dato notevole, che dice molto di quanto conti la politica, la capacità di indirizzare l’opinione pubblica. Solo nel 2009, quando a dispetto della crisi l’ultimo governo Berlusconi era popolarissimo, e nel 2015, al picco del governo di Renzi, si era verificata una tale differenza tra i due tipi di fiducia.

Negli ultimi anni c’è stato uno spostamento verso una maggiore fiducia dei consumatori in proporzione a quella delle imprese. È una conseguenza della bravura dei politici della terza repubblica nel comunicare, nel veicolare narrazioni alla popolazione? Oppure è indice del maggiore disincanto delle imprese, ormai rassegnate al declino italiano, anche quanto il PIL cresce, e subito pronte a perdere quel poco di fiducia accumulato quando dà segni di cedimento?

Quanto accade ha delle conseguenze. Chi è al potere diventa consapevole che l’opinione pubblica non presta attenzione, come le imprese, alla realtà dei numeri dell’economia, quanto piuttosto all’immagine che si ha di questa attraverso, per esempio, le misure prese. La fiducia dipende più dalle nuove leggi sulle pensioni, o sull’IMU, o sul reddito di cittadinanza che dall’andamento effettivo del PIL o dall’occupazione, che poi può essere tanto più raccontato e spiegato, magari minimizzato, quanto più si è ingenerato consenso con alcune misure.

Senza contare che spesso non c’è l’economia, ma l’immigrazione, in cima alle preoccupazioni dei consumatori. E allora la conseguenza è quella che abbiamo già visto in parte con il governo Renzi e ancora di più oggi. Una ricerca spasmodica di provvedimenti che generino fiducia, sia l’abolizione della cassa sulla casa, o i bonus ai 18enni, sia la quota 100 o il RdC, indipendentemente dal loro effetto previsto sull’economia, che tanto non conterà più di tanto nel consenso. Almeno nel breve e medio periodo.

Ora poi c’è un fatto nuovo. Non era mai successo che la fiducia dei consumatori fosse così alta nel Mezzogiorno rispetto al resto d’Italia. Sia negli ultimi anni che in una prospettiva più che ventennale. Può apparire paradossale. All’inizio di un periodo di crisi i timori sono minori proprio laddove normalmente le recessioni picchiano più duro.


In realtà è l’ennesima conferma della nuova fase della politica. Il Sud è anche quell’area in cui più di tutto impatta l’intervento dello Stato, e meno rilevanza hanno la fiducia delle imprese, gli investimenti esteri, il settore privato in generale. In questo momento, in cui ritorna in gran carriera un nuovo statalismo, che passi attraverso sognate nazionalizzazioni o sussidi come il reddito di cittadinanza, non ci si può stupire che proprio nel Mezzogiorno ci siano più aspettative positive in tal senso.

Tanto se poi tutto ciò non comporterà una vera crescita, o più occupazione ci sarà una nuova narrazione, un nuovo provvedimento popolare, una nuova emergenza per tappare i buchi, almeno parzialmente. Chissà, forse funzionerà anche dopo la fine della luna di miele del governo. O forse no. Fatto sta che ormai è così che funziona, lo hanno imparato tutti, anche quelli che verranno dopo.