Signore e signori, è iniziata l’opposizione. Non solo l’opposizione parlamentare (che in questi ultimi anni appare sempre sciatta, bolsa, sedentaria almeno di goffi gesti eclatanti, come se il Parlamento fosse un noioso luogo da citare solo in caso di qualche nuovo scandalo) ma l’opposizione quella vera, quella che il governo gialloverde ha cavalcato per mesi per arrivare fino a dove è arrivata: l’infelicità (si potrebbe chiamare indignazione ma risulta piuttosto abusata come parola) dei lavoratori che aspettatano risposte che non arrivano, che cominciano a toccare con mano promesse non mantenute e soprattutto che non si possono già tenere a bada semplicemente dando la colpa ai governi precedenti o delegando le difficoltà a presunti poteri forti a cui ormai non crede più nessuno, o quasi.
Le proteste quelle vere sono quelle di Sassari di ieri, ad esempio, dove gli allevatori sono da giorni sul piede di guerra col governo e con l’Unione Europea. Tutta gente che votava Lega e negli anni passati invocava l’intervento salvifico di Centinaio, ve lo ricordate?) per il prezzo del latte venduto alle aziende ad un costo ritenuto troppo basso (circa 60 centesimi). Hanno ricominciato a bloccare strade (a proposito: complimenti a chi non si è accorto dell’inasprimento del reato di blocco stradale nel cosiddetto Decreto Sicurezza del ministro dell’interno), rovesciare latte, incassare la solidarietà di tutti i concittadini. Migliaia di litri per terra, navi in arrivo controllate. Sembra un capitolo del romanzo Serotonina, una scena da Gilet Gialli francesi e invece è qui. Ed è opposizione, questa sì, che non si fa irridere da qualche ministro troppo bullo con i suoi social ma che continuerà finché non avrà una risposta. Fino a rovesciare il governo, anziché il latte.
Ci sono i pugliesi del No Tap e No Ilva e i piemontesi No Tav e i No Euro di tutta Italia che sono pronti a riprendere la battaglia più forte di prima. E che sono stati abbondantemente traditi dalle scelte dell’esecutivo. Badate bene: non stiamo parlando di proteste locali, sono le scelte che hanno determinato il rovesciamento elettorale alle ultime elezioni
Non sono solo loro, certo: ci sono i pugliesi del No Tap e No Ilva e i piemontesi No Tav e i No Euro di tutta Italia che sono pronti a riprendere la battaglia più forte di prima. E che sono stati abbondantemente traditi dalle scelte dell’esecutivo. Badate bene: non stiamo parlando di proteste locali, sono le scelte che hanno determinato il rovesciamento elettorale alle ultime elezioni, voti che alla stessa velocità si sposteranno appena avranno la sensazione di non avere più garanzie.
Forse Salvini e Di Maio dovrebbero imparare in fretta che in politica non è vero che in medio stat virtus ma a forza di stare nel mezzo, di non prendere decisioni o di promettere tutto e il suo contrario, si finisce bruciati. Governare è un’arte ben diversa dal promettere e dal contestare: se per anni dichiaro che il governo in carica ha preso una decisione sbagliata e poi non la cambio nel momento in cui sono nella posizione di poterlo fare (o addirittura la prolunghi, come succede per gli F-35 o per le bombe che l’Italia continua a fornire per la carneficina di civili in Yemen) la gente si incazza. Si incazza, sì. Ricomincia con i picchetti e ricomincia con i vaffanculo. È normale. E il vero problema è che quelli che ora protestano sono gli stessi che li hanno votati, mica quelli altri come alla fine sarebbe naturale. Il contratto di governo vale sempre meno, come scusa: le questioni di fondo che dividono il Movimento Cinque Stelle (anche questo appannato Movimento 5 Stelle) e la Lega di Salvini non possono essere trascinati per cinque anni in nome di un contratto da rispettare.
La politica è in continuo movimento, così come il Paese e così come il mondo, e le decisioni devono essere prese nel giro di poco tempo: la famosa cabina di regia voluta dal presidente del consiglio Conte si è subito arenata e da fuori la sensazione è che decida chi arriva prima o chi urla più forte (ed è quasi sempre lo stesso). No. Non durerà. Coloro che hanno votato questo governo per reclamare il sovranismo finanziario non si accontenteranno di qualche battuta allusiva di Borghi o Savona. E se sabato scorso, in piazza, per la manifestazione delle sigle sindacali (tutte, unite) c’erano anche gli industriali, significa che anche in quel campo evidentemente non si è ancora voluto decidere chi accontentare. La politica è l’abilità di scontentare quelli giusti. E non pare che stia funzionando benissimo, no.