CuriositàAmore e sesso al tempo dei robot: benvenuti nel 2050

Partner bionici fatti a immagine e somiglianza di chi preferiamo, procreazione in vitro e slegata dall'atto sessuale, codice genetico stabilito prima della nascita e molto altro: nel 2050, l'affettività e il sesso saranno molto diversi rispetto a come li viviamo oggi. Un libro illustra come saranno

FRED DUFOUR / AFP

Pubblichiamo un estratto di Benvenuti nel 2050. Cambiamenti, criticità e curiosità di Cristina Pozzi (Egea). Le foto all’interno dell’articolo sono state scattate a febbraio 2018 all’interno della fabbrica di EXDOLL, un’azienda cinese situata a Dalian, nel nord est del paese. Visto l’enorme divario di genere e il progressivo invecchiamento della popolazione in Cina, questa ditta propone a uomini soli e pensionati un nuovo tipo di compagna: una bambola sessuale “intelligente” capace di parlare, suonare musica e accendere la lavastoviglie.

Amore, riproduzione e relazioni

Scriveva Paulo Coelho: «Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime prima ancora che i corpi si vedano». Se sostituiamo la parola «anime» con algoritmi, possiamo farci un’idea di come funzionano le relazioni nel 2050. Le innovazioni tecnologiche hanno rivoluzionato le abitudini sessuali e i rapporti tra le persone del futuro, creando nuovi modi di connettersi, di riprodursi e di condividere la propria intimità. Per comprendere il modo in cui sono gestite le relazioni, è necessaria allora una premessa sulle tecniche di riproduzione più diffuse. Nel 2050 la riproduzione e i rapporti sessuali sono due aspetti della vita degli esseri umani che possono stare completamente separati, con conseguenze sulla società e sulla gestione dei rapporti interpersonali.

Bambini «firmati» ed esternalizzazione della riproduzione

La ricerca genetica, le scoperte sul DNA e l’utilizzo delle cellule staminali hanno dato vita – è proprio il caso di dirlo – a una nuova medicina della riproduzione che da un lato permette di far nascere nuovi esseri umani in modo molto più sicuro e senza alcun rischio per i genitori e per i nuovi nati, dall’altro consente agli stessi genitori di scegliere prima della nascita le caratteristiche preferite dei propri figli, seguendo un vero e proprio processo di design. Qualcuno approfitta delle nuove funzioni messe a disposizione dall’editing genetico per mettere al mondo figli più sani, curando da subito eventuali malformazioni letali, e per «disegnare» i propri bambini a piacimento. In questi casi i parenti non fanno più a gara per capire da chi il neonato abbia ereditato il colore degli occhi, i capelli o altre caratteristiche fisiche, perché questi tratti distintivi sono stati decisi in laboratorio, ben prima della nascita. Solitamente le coppie hanno un solo figlio, di conseguenza, i nuclei famigliari sono più ristretti che in passato e gli investimenti per avere e crescere un figlio sano e di successo più concentrati. Nelle parti più ricche del mondo è addirittura possibile avere un figlio senza bisogno di alcun coinvolgimento fisico. Tutto avviene in laboratorio: dal concepimento, alla gestazione in utero artificiale, fino alla fase più dolorosa, il parto che a questo punto non esiste più. Sono quindi molto ridotti e controllati i rischi tipici di questo delicato momento. I futuri genitori, supportati da strumenti d’intelligenza artificiale che calcolano in tempo reale la miglior combinazione dei loro DNA, si limitano a scegliere un embrione tra quelli disponibili e i relativi geni da associare. A quel punto possono intervenire correggendo qualche errore qua e là e inserendo geni che non fanno parte del loro patrimonio genetico originale. Tutti i tratti sono personalizzabili: il colore degli occhi, i capelli, la dimensione delle mani e dei piedi, senza scordare il sesso, l’altezza e il colore della pelle. Le varianti ottenute in questo modo sono infinite e permettono non solo di prevenire eventuali malformazioni o malattie genetiche, ma anche di associare al futuro nascituro geni provenienti da più di due persone diverse. In questo contesto, quindi, tutti possono avere un figlio, a prescindere dal numero di persone coinvolte, dal sesso e dall’età. Esiste addirittura la possibilità di produrre in laboratorio sperma dalle donne e ovuli dagli uomini, permettendo anche a coppie dello stesso sesso di avere un figlio del quale sono entrambi i genitori biologici (sempre che sia ancora considerato un fattore importante visto il modo in cui, in queste parti del mondo, viene considerato il concetto di riproduzione).

A immagine e somiglianza

Sono sempre di più le aziende che, nel campo della riproduzione, consentono di sbizzarrirsi oltre i limiti dell’immaginazione. Alcune permettono di creare figli che siano una vera e propria clonazione di uno dei genitori, partendo dal semplice nucleo di una cellula e da un qualsiasi ovulo fecondato in vitro (privato del suo nucleo principale). Altre invece promettono, con un messaggio un po’ macabro, di resuscitare i morti, creando in laboratorio bambini che sono la perfetta clonazione di persone già decedute. Ci sono infine società che hanno in catalogo centinaia di modelli di figli «perfetti»: a livello genetico non hanno nulla a che vedere con il DNA dei genitori e possono essere scelti da un listino aggiornato settimanalmente. Nella maggior parte dei Paesi queste tecniche non sono legali, ma a livello globale stanno creando – come facile immaginare – una forte discussione etica.

Contraccezione

In ambito contraccettivo ogni donna ha, se vuole, il controllo totale sulle nascite: pillole naturali e piccoli microchip da innestare sottopelle azzerano la probabilità di una gravidanza e permettono un controllo pressoché totale sulle nascite.

Dilemmi etici e impatti sociali

Quello del DNA è da sempre un tema che pone grandi dilemmi etici. Ma, se ci pensiamo, è normale: si tratta del codice della nostra vita biologica, la ricetta che ci rende ciò che siamo e che si adatta ai cambiamenti, man mano che viviamo la nostra vita, immagazzinando informazioni su di noi e trasmettendole ai nostri eredi. Già nel presente possediamo gli strumenti per comprendere il DNA, per leggerlo, analizzarlo e per intervenire su di esso, modificandolo. Non abbiamo tuttavia ancora raggiunto un giudizio comune su che cosa sia o non sia lecito in quest’ambito. Complici le diverse storie e culture delle popolazioni del pianeta e le differenti impronte religiose che le caratterizzano, l’opinione varia molto da Paese a Paese. Ma questo è ciò che accade comunemente quando si tratta di innovazioni che vanno a toccare aspetti così intimi ed essenziali della vita umana. Come già nel 2019, anche nel 2050 ci sono persone che hanno ottimi motivi per sostenere la ricerca nell’ambito della riproduzione, vuoi per il desiderio di avere figli sani, vuoi per la speranza di guarirli una volta scoperte delle malattie letali. Si raccolgono fondi, si investe e la ricerca avanza. Le innovazioni e le scoperte diventano col tempo routine e a qualcuno viene in mente di iniziare a usarle in modo preventivo per sperimentare qualcosa di nuovo, per amore della scienza o per curiosità o semplicemente per la voglia di osare. Quale che sia il motivo, fino a quando non s’instaura un set culturale condiviso, il dilemma è destinato a rimanere, così come rimangono gli scienziati e i ricercatori che continuano a sperimentare e chi continua, imperterrito, a giudicare e a proibire la sperimentazione. La verità è che è ancora presto per comprendere davvero gli impatti che le modifiche del DNA possono avere nel medio e lungo periodo sulla nostra specie, e chi si oppone ha il ruolo fondamentale di richiamare tutti alla necessaria prudenza. Questo, però, non è l’unico problema che sorge di fronte alle scoperte legate al DNA. Come abbiamo già evidenziato parlando della popolazione del 2050, ci sono innovazioni e tecnologie che provocano grandi divisioni sociali. È accaduto per secoli con la scrittura, con l’elettricità, gli elettrodomestici, i mezzi di trasporto, e accade ancora oggi con la medicina, la genomica, l’accesso a internet e all’educazione di qualità. Potremmo stilare elenchi infiniti di tecnologie che, accessibili solo a poche persone, finiscono per creare grandi diseguaglianze. Nel 2050 queste disparità rischiano di causare una situazione particolarmente grave e di creare diverse specie di esseri umani: da una parte i ricchi, con capacità cognitive potenziate, caratteristiche genetiche sane e perfette per adattarsi all’ambiente e avere successo, e con un’aspettativa di vita che può arrivare fino a duecento o duecentocinquant’anni; dall’altra i poveri che, non potendo permettersi gli strumenti di potenziamento delle capacità cognitive, sono condannati a percepire redditi più bassi, frequentare scuole di livello inferiore, a vedersi negato l’accesso a cure mediche e a forme di editing genetico e ad avere un’aspettativa di vita di soli 80/90 anni. Si tratta di un problema enorme, che accompagna gli esseri umani da sempre e che è andato accentuandosi negli ultimi secoli, da quando cioè i concetti d’individuo e di diritti umani si sono sviluppati fino a diventare centrali nella società. Servono dunque nuove soluzioni per dare a tutti le stesse possibilità, a prescindere dalla strada scelta da ognuno per raggiungere la felicità.

Ingannare la natura

Quando, negli anni Sessanta del Novecento è stata introdotta la pillola come metodo contraccettivo, si è innescata una vera e propria rivoluzione culturale e dei costumi: un cambiamento che ha concesso alle donne maggior libertà, inaugurando una tendenza che le ha progressivamente portate a giocare un ruolo molto diverso nella coppia, sul lavoro e nella società in generale. Nel 2050, se possibile, il cambiamento è ancora più profondo. La separazione tra rapporto sessuale e riproduzione sta cambiando completamente le regole del gioco. Fino a oggi gli umani si sono evoluti seguendo determinate regole di corteggiamento e accoppiamento. Regole complesse che tengono conto del DNA, dell’ambiente e della cultura. In questo contesto, l’aspetto fisico ha una certa importanza, così come lo status sociale e altri fattori che possono influenzare le probabilità di un individuo di riprodursi e continuare a vivere nei propri eredi. Lo stratagemma della natura per spingerci alla riproduzione è il piacere sessuale. Anche se non lo sappiamo, il piacere sessuale è l’esca tramite la quale, inconsciamente, siamo attratti da altri individui; il vero obiettivo della natura però è un altro: la riproduzione. Se con i contraccettivi abbiamo messo un freno a questo meccanismo e intrapreso un primo passo verso la possibilità di ottenere il piacere senza riprodurci, nel 2050 questo meccanismo vecchio di millenni sta andando definitivamente in frantumi: gli esseri umani possono riprodursi senza atti sessuali, possono accoppiarsi senza riprodursi e, soprattutto, possono farlo con veri e propri robot (più avanti dedicheremo un paragrafo ai «Robot in love»). Ognuno, quindi, può ottenere il piacere sessuale senza sforzarsi di corteggiare e conquistare un altro essere umano. Che cosa significa essere umani in questo contesto? Come cambiano gli equilibri dei rapporti sociali? Il 2050 è un anno di passaggio e per ora, visitandolo, non è possibile rispondere a queste domande. È utile, però, porsele prima di partire, poiché si tratta di mettere in discussione le fondamenta della nostra specie come la conosciamo oggi. Un altro stratagemma usato dalla natura per moltiplicare le probabilità di diffusione del nostro DNA e dei nostri geni consiste nell’incrementare la produzione di determinati ormoni nelle donne in stato di gravidanza e nelle mamme: questi ormoni amplificano la predisposizione a occuparsi dei piccoli, sia propri sia di altri. Così, quando l’ossitocina aumenta, aumenta anche l’istinto di prestare cure a terzi, specialmente se piccoli e indifesi. Se la gestazione può non avvenire più nel corpo femminile ma in uteri artificiali, allora anche i cambiamenti nel corpo delle donne legati alla procreazione non si verificano più e per questo motivo, nel 2050 vengono indotti artificialmente. Ma che cosa significa cambiare quest’aspetto della specie umana? E che cosa accadrebbe se, col passare del tempo, il nostro corpo «dimenticasse» come sviluppare questo prezioso ormone associato a comportamenti di fiducia e collaborazione tra umani?

Il partner perfetto

In un mondo iperconnesso sempre più complesso, sempre di corsa, un mondo nel quale le relazioni personali sono sempre più rare, come trovare il partner perfetto con cui condividere i propri sogni? Scienziati e ingegneri hanno sviluppato una serie d’invenzioni che cercano di rispondere a questa domanda. Prima di avviare la ricerca, occorre però fare una scelta, che è anche la più importante: partner reale, realtà virtuale o amante robot? Per chi sceglie la via tradizionale non valgono più le vecchie tecniche di corteggiamento. Il primo incontro avviene sempre più spesso tra dati e algoritmi, che determinano l’esistenza di un match tra le persone, esaminandone gusti, interessi e desideri. Solo dopo questo check si procede a un primo contatto, che può essere di persona o nella realtà virtuale. In quest’ultimo caso basta indossare un visore o un paio di lenti a contatto a scrittura laser per ritrovarsi «faccia a faccia» col potenziale partner. Molti, come primo appuntamento, scelgono quello virtuale perché i sensori degli strumenti di realtà virtuale, esaminando la dilatazione delle pupille e i battiti del cuore di entrambi, rivelano immediatamente se ci sono le basi per una relazione duratura. Durante l’appuntamento virtuale è possibile cambiare location e godersi un tramonto in riva al mare, una passeggiata in campagna o una cena all’ultimo piano di un grattacielo con vista su tutta la città. Grazie a una speciale tuta e a dei comodi guanti dotati di elettrostimolatori neuro-muscolari si ha la sensazione di toccare e manipolare gli oggetti e di controllare l’ambiente caricato: è possibile sentire il rumore del mare, il profumo dei fiori, la sensazione di bagnato della pioggia, il vento nei capelli, il caldo e il freddo. Nella migliore delle ipotesi, qualora cupido scocchi la sua freccia elettronica, è anche possibile sperimentare il primo bacio in formato virtuale. Questi rapporti virtuali, nati per conoscere nuove persone, sono ormai diffusi anche tra le coppie che abitano in luoghi differenti: amarsi e mantenere un rapporto a distanza è molto più facile da quando esiste questa tecnologia. Per combattere la routine o provare qualcosa di nuovo, chi si collega alla realtà virtuale può comunque decidere di modificare sia il proprio aspetto, sia quello del partner. Cambiando sesso, razza, altezza e corpo, è possibile sperimentare nuove situazioni e identità, interpretando ogni volta un ruolo differente.

Democratizzazione del sesso

Tecnologia e medicina svolgono un ruolo di primaria importanza anche dal punto di vista sociale, permettendo alle persone con gravi problemi fisici, sociali e psicologi, di vivere una vita sessualmente soddisfacente. Robot, realtà virtuale e medicine, infatti, riescono ad agire sui sensi e a ricreare esperienze sempre più simili alla realtà che imitano. Come in molti altri campi, anche nell’ambito del sesso e delle relazioni esistono innovazioni che vanno oltre la semplice cura e potenziano le possibilità degli esseri umani sani. Tecnologie impiantabili, modificazioni genetiche, chirurgia e altre tecniche moderne sono utilizzate sempre più spesso, non senza polemiche. Biostampe 3D, medicine, droghe che agiscono sul desiderio o aumentano le sensazioni di piacere con dopamina e serotonina: nel 2050 esiste una risposta a tutto.

Robot in love

Il bello di chiedere a qualcuno «Che cos’è il vero amore?» è che ognuno darà una risposta diversa. C’è chi sogna un partner attraente, chi preferisce una persona sensibile, capace di assecondare e consolare, chi desidera un amante focoso, chi un compagno con cui condividere le proprie passioni. Difficilmente, però, anche con l’aiuto dell’intelligenza artificiale si riesce a trovare una persona in grado di rispecchiare al cento per cento le nostre aspettative; per questo motivo, spesso, diamo ragione a chi ci dice che per amare dobbiamo sapere accettare i difetti del nostro partner. I robot di compagnia sono stati creati apposta per smentire quest’affermazione. Abbiamo già avvisato i viaggiatori del fatto che i robot umanoidi del 2050 sono facilmente confondibili con gli esseri umani e come tali scatenano la nostra naturale empatia. Conversano, interagiscono, rispondono, prevedono i nostri desideri, simulano emozioni e sensazioni come se fossero veri e propri umani. Per questo, anche quando sappiamo di avere a che fare con un robot, non sempre è facile gestire le nostre premure, la nostra attenzione, il nostro amore. Dimentichiamo in un batter d’occhio di trovarci di fronte a una macchina che non prova vere emozioni, che non può realmente amarci. Del resto, quando siamo innamorati, tendiamo a non vedere molte cose, reinterpretando la realtà secondo il nostro desiderio, anche quando si tratta di altri esseri umani. I robot possono assumere la personalità o l’aspetto estetico che preferiamo, sia quello di una famosa star del cinema, sia quello di un’ex fidanzata. In casi estremi possono impersonare anche persone decedute, sempre che queste abbiano lasciato il consenso. Se avete perso un amico, un genitore, una fidanzata o un marito, sapete perfettamente quanto la tentazione di «riportarli in vita» possa sembrare irresistibile. Ebbene, nel 2050 se navigate online potreste trovarvi in un social network per defunti. In questi strani luoghi della rete potete trovare chatbot che conversano e interagiscono tra loro e con i vivi che si connettono come in una sorta di cimitero virtuale visitabile anche tramite realtà aumentata o virtuale. Forse, essendo cresciuti in un mondo in cui la morte non può essere messa in discussione, sapete che il nostro cervello può dimenticare, può allontanare ricordi e alleviare il dolore (anche se non può farli scomparire): l’elaborazione del lutto appartiene al fondamento della nostra psicologia. Lascio dunque a voi il compito di come possano essere cambiati nel 2050 gli umani che sono cresciuti con strumenti simili sempre a disposizione, così come possono essersi profondamente modificati la società e il concetto stesso di rapporti interpersonali. In ogni caso i robot umanoidi hanno esercitato molti impatti positivi sulla società anche in termini di rapporti: hanno allievato problemi come la prostituzione, il traffico di schiavi e schiave sessuali, le violenze e la pedofilia, senza contare il loro contributo alla quasi totale scomparsa di malattie trasmesse sessualmente come l’Aids. La fibra sintetica con cui sono costruiti resiste infatti ai batteri ed elimina qualsiasi rischio di contagio. Se pensate che si stia parlando solo di una piccola parte della popolazione, valutate che nel 2050 è considerato normale avere un rapporto sessuale con una macchina. Al di là del sesso, però, la vera rivoluzione del rapporto tra uomo e macchina è un’altra: l’amore. Se avete tempo, recatevi a Las Vegas o in uno degli altri luoghi dove sono celebrati i matrimoni tra robot e umani, e partecipate a una di queste imperdibili cerimonie. È un bel modo per entrare in contatto con la cultura locale.