AmbienteUn battito d’ali qui, uno tsunami dall’altra parte del mondo: ecco perché siamo responsabili del destino della Terra

Al di là dei toni catastrofisti, dobbiamo renderci conto che le nostre azioni sono tutte collegate e che il nostro impatto sul pianeta non può essere trascurato. Un esempio? Da quando esiste la plastica, ci siamo lasciati dietro 8,3 miliardi di tonnellate di rifiuti

Photo by William Bossen on Unsplash

A volte dimentichiamo che il significato profondo di alcune parole, soprattutto quelle più importanti per la nostra vita, sta nelle loro origini: prendete ad esempio ecosistema, che nasconde nella sua radice eco- (dal greco oikos) una lezione importantissima per tutti noi. Quel vocabolo significa, infatti, “casa”, a indicare cioè il luogo che ci ospita, che ci dà rifugio e in cui si espletano le nostre relazioni primarie. Appunto nell’ecosistema prezioso che è la Terra, la nostra casa per estensione, anche noi viviamo relazioni di cui spesso ci dimentichiamo: non solo quelle fra noi esseri umani, ma anche fra umani e regno animale, fra umani e regno vegetale, e addirittura col regno minerale.

Sottovalutare che siamo tutti interconnessi in un unico delicatissimo sistema è l’errore più grave che commettiamo sempre più spesso, ogni giorno. Eppure la sopravvivenza di tutto l’ambiente è legata al rispetto di equilibri fragilissimi, equilibri che coinvolgono tutti i protagonisti della vita sulla Terra. Ogni azione che compiamo, su piccola o grande scala, ha conseguenze che devono essere ben soppesate. Si dice che un battito d’ali di farfalla qui può causare uno tsunami in Asia: ecco, noi esseri umani, con le nostre ali larghe e pesanti fatte di economia, produzione, sfruttamento, movimento ecc. rischiamo davvero di travolgere tutto quanto convive con noi in questa rete di relazioni.

L’interdipendenza di tutti gli aspetti del biosistema terrestre è l’aspetto più sottovalutato da noi essere senzienti e, ci ripetiamo spesso inutilmente, razionali: la tendenza è quella di considerare le altre stratificazioni della vita, gli animali ma anche le piante, come qualcosa di infima importante, da sfruttare nella maggior parte dei casi o da preservare sotto una teca in seguito a rari rimorsi di coscienza. Perfino il nostro rapporto col mondo minerale non andrebbe sottovalutato: penso solo ai disastri che si stanno compiendo ora nella corsa al petrolio nell’Artico, dove si stanno grattando via fondali importantissimi per il ciclo naturale (come ricorda Peter Winsor, oceanografo direttore dell’Arctic Program del Wwf, l’ecosistema artico si fonda prevalentemente su organismi bentonici, ovvero che vivono proprio sul fondo del mare).

Per la maggior parte del tempo noi uomini viviamo la nostra vita sul pianeta come se fosse una garanzia a cui abbiamo diritto assoluto, di cui non dobbiamo scontare le conseguenze. Il filosofo Walter Benjamin raffigurava la Storia, quella che cioè dovrebbe essere la nostra più grande maestra, come un angelo che si dirige in avanti ma con la testa costantemente rivolta al passato. Ecco, noi facciamo esattamente il contrario: procediamo spediti verso un futuro che ci rende più arcaici e barbarici, senza considerare ciò che ci lasciamo alle spalle. E cosa ci lasciamo alle spalle? 8,3 miliardi di tonnellate di rifiuti plastici prodotti da quando esiste questo materiale, solo per fare un esempio immane (dati dell’Università di Santa Barbara): per dare un’idea, è una dimensione equivalente a 25mila Empire State Building o a 80 milioni di balene.

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