LavoroJob Matching, le soluzioni oltre il reddito di cittadinanza

Oltre al reddito di cittadinanza italiano e il potenziamento del Centri per l’impiego, in Europa ci sono altri progetti. E nel settore sono entrate anche molte aziende

Secondo gli ultimi dati Eurostat, ci sarebbero 3,8 milioni di posti di lavoro vacanti in tutta Europa. Si passa dalla carenza di tecnici di laboratorio e personale sanitario in Gran Bretagna (circa 851mila lavoratori richiesti) ai 537mila operai edili ed esperti industriali necessari ai Paesi del blocco di Visegard o gli 1,2 milioni fra autisti, informatici, educatori e addetti del settore alberghiero in Germania.

Insomma, il problema di far incontrare domanda e offerta di lavoro non è un fatto solo italiano. Certo, da noi il governo formato da Movimento Cinque Stelle e Lega ha deciso di legare il job matching al reddito di cittadinanza, scatenando una corsa allo sportello dei centri per l’impiego. Un picco che ha fatto emergere lo stato dell’arte del settore: nel 2017, secondo i dati Istat, solo lo 0,7% degli utenti dei Cpi ha ricevuto un’offerta di lavoro mentre allo 0,3% è stato proposto un tirocinio. Un risultato che rispecchia il risicato finanziamento statale su cui i Cpi possono contare: solo lo 0,04% del Pil contro lo 0,36% speso dalla Germania, lo 0,25% dalla Francia e lo 0,14% investito dalla Spagna. Per invertire la tendenza, il ministro al Lavoro e allo Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, ha assoldato Mimmo Parisi richiamandolo in Italia per trapiantare qui la ricetta messa in campo al di là dell’Atlantico, nel Mississippi, mettendosi alla guida di Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, per la gestione dei cosiddetti navigator, ovvero i tutor che aiuteranno i beneficiari del reddito a trovare un lavoro.

Al di fuori dei confini nazionali, però, gli esempi per una maggiore efficienza nel job matching non mancano. A livello europeo, per esempio, circa tre anni fa è stato lanciato il progetto pilota Drop’pin (il contrario di drop out, letteralmente: abbandonare), una piattaforma voluta da Eures, la rete europea dei servizi per l’impiego, per aiutare i giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni a muovere i primi passi nel mercato del lavoro. A fronte di 2,5 milioni investiti dall’Ue le aziende registrate sono 814, circa 2.300 le opportunità di lavoro pubblicate, 7.200 le visite registrate a ottobre 2018. Per il periodo 2018-2020, inoltre, a Drop’pin sarà affiancato Digital Opportunity traineeships, progetto pilota destinato a creare fino a seimila tirocini transfrontalieri per studenti e neo-laureati. Finanziati da Orizzonte 2020 e messi in atto tramite Erasmus+, i tirocini in questione permettono ai giovani selezionati (a cui è garantita un’indennità di 500 euro al mese) di migliorare le proprie competenze informatiche in campi quali sicurezza informatica, big data, tecnologia quantistica, apprendimento automatico, marketing digitale e sviluppo di software.

Per gli over 35, invece, l’Ue ha messo in campo Reactivate: Il progetto assicura che organizzazioni e aziende con sede in un Paese dell’Ue e che partecipano al programma offrano un contratto di lavoro, apprendistato o tirocinio per una durata minima di 6 mesi, che prevede una remunerazione e che rispetta la legislazione fiscale e del lavoro del loro paese. Per i candidati, gli unici requisiti necessari oltre all’età sono la nazionalità e la residenza in uno dei 28 Paesi Ue.

I centri per l’impiego italiani oggi possono contare su finanziamenti che sono solo lo 0,04% del Pil, contro lo 0,36% speso dalla Germania, lo 0,25% dalla Francia e lo 0,14% investito dalla Spagna

L’universo del job matching, però, non è monopolio delle agenzie statali o degli organi sovranazionali. Numerose aziende si sono specializzate in questo settore. D’altronde, al tempo della digitalizzazione e automazione del lavoro, assicurarsi i profili migliori, quelli che rispondono a esigenze sempre più specifiche, è la mossa vincente per il futuro di ogni business. Lo sanno bene quelli di Instructure, azienda americana specializzata nel segmento SaaS (Software-as-a-Service), che a gennaio hanno acquistato Portfolium, un network studentesco nato a San Diego che si propone come collettore di progetti, riconoscimenti e competenze di oltre 4 milioni di studenti da 3.600 college. «Lavorare con Portfolium ci permette di farci fare un passo avanti verso la nostra mission: aiutare le persone nella transizione dalla classe al luogo di lavoro», ha commentato Dan Goldsmith, ceo di Instructure.

Infine, per quanto riguarda il rapporto fra ricerca di lavoro e sovvenzione statale è la Finlandia a rappresentare il vero benchmark. Dal 2017, l’istituto per la sicurezza sociale (Kela) ha distribuito 560 euro al mese a un campione di 2.000 disoccupati, scelti a caso, fra i 25 e i 58 anni. Lo scopo dell’esperimento era di esplorare nuovi modi di distribuire gli ammortizzatori sociali in un mondo dove l’automazione avrà un impatto crescente sul mondo del lavoro, almeno sugli impieghi di tipo tradizionale. Il risultato? I beneficiari hanno lavorato in media 49,64 giorni, solo mezza giornata in più rispetto al gruppo di controllo. Il 43,7% di loro ha lavorato in proprio, un punto percentuale in più rispetto al gruppo di controllo, ma guadagnando in media 21 euro in meno.

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