Sorpresa! Per vincere, Macron è diventato un sovranista (europeo)

Revisione del trattato di Schengen, polizia comune nelle frontiere, scudo sociale per proteggere i lavoratori dalla globalizzazione. Per vincere le elezioni europee Macron riprende i temi dei populisti e propone nel manifesto un nuovo “noi” (cittadini europei) contro “loro” (potenze straniere)

LUDOVIC MARIN / POOL / AFP

Il leader degli europeisti si è svegliato, ha un piano concreto da proporre alle elezioni di maggio e non ha paura di usarlo. Dopo anni passati a difendere lo status quo, a dire quanto è bella l’Unione europea che ha garantito settant’anni di pace, l’erasmus, l’abolizione del roaming e il libero mercato, finalmente sono arrivate delle proposte concrete per cambiare l’Europa. Emmanuel Macron ha diffuso il suo manifesto di quattro pagine nei media principali dei 28 Stati Ue, chiamandolo “Rinascimento europeo”. A due anni dal discorso fatto nel settembre 2017 alla Sorbona, il presidente francese è tornato a spiegare la sua idea d’Europa, ma con una drastica novità rispetto al passato.

Macron ha usato le parole d’ordine dei populisti: sicurezza, difesa, immigrazione e sovranità. Nella decina di proposte del manifesto non c’è n’è una che parli di riforma dell’eurozona, di un ministro delle finanze europeo o di investimenti e condivisione del debito, finora i cavalli di battaglia usati da Macron. Il leader di En Marche ha capito che il modo migliore per incanalare la rabbia dei cittadini europei è parlare il linguaggio sovranista, creare un “noi” contro “loro” e proporre soluzioni intergovernative, lasciando perdere, almeno per un po’ i sogni federalisti. Ed ecco che nel manifesto si parla di proteggere i popoli, controllare i confini, difendersi dalle potenze straniere, combattere contro le lobby e misure protezionistiche per proteggersi dalle aziende cinesi e americane.

Seguendo il manuale del bravo sovranista Macron ha scelto un nemico per ciascuna delle sue proposte. La Russia quando propone di “vietare il finanziamento dei partiti politici europei da parte delle potenze straniere”, Cina e Stati Uniti quando promette di “punire o proibire in Europa le aziende che ledono i nostri interessi strategici”

Sembra paradossale, ma l’operazione politica di Macron è la stessa fatta da Salvini quando ha trasformato la Lega Nord in un partito sovranista. Salvini non ha più attaccato i “terroni” e “Roma ladrona” ma ha incolpato gli eurocrati e Bruxelles. Così Macron ha cambiato il bersaglio: non più i populistI ma «le potenze straniere che cercano di influenzare i nostri voti» o «i giganti del digitale». Come Salvini, anche Macron ha spostato il confine del nemico un po’ più in là, la giusta distanza per renderlo un mostro lontano a cui dare tutte le colpe dei nostri problemi. E la sovranità da proteggere non è più quella delle singole nazioni ma quella dei cittadini europei contro i nemici esterni, che siano le multinazionali, la Russia, la Cina o gli Stati Uniti.

Seguendo il manuale del bravo sovranista Macron ha scelto un nemico per ciascuna delle sue proposte. La Russia quando propone di «vietare il finanziamento dei partiti politici europei da parte delle potenze straniere o bandire da Internet i discorsi di odio e di violenza». Cina e Stati Uniti quando promette di «punire o proibire in Europa le aziende che ledono i nostri interessi strategici». O le multinazionali del web quando accenna a «sanzioni accelerate per le violazioni della concorrenza e la trasparenza degli algoritmi si rivolge alle multinazionali del web». Il manifesto di Macron sembra la dimostrazione plastica di Hegel per principianti. Dalla crisi economica del 2008 la tesi degli europeisti intransigenti e fedeli al pensiero unico ha creato i presupposti per la sua antitesi populista che difende i confini contro i migranti e la globalizzazione. Ora, dopo mesi di manifestazioni di gilet gialli e vittorie dei sovranisti dal referendum sulla Brexit alle elezioni in Italia, arriva la sintesi macroniana. In questo senso i sovranisti hanno già vinto perché hanno costretto gli avversari politici a usare il loro linguaggio e la loro strategia.

La cancelliera negli ultimi 14 anni è stata il simbolo del mantenimento dello status quo europeo. Fondamentale per reggere le fondamenta dell’Ue e passare indenni la crisi dell’eurozona ma fatale quando si è trattato di aumentare l’integrazione

«Non possiamo essere i sonnambuli di un’Europa rammollita. Non possiamo rimanere nella routine e nell’incantesimo. L’umanesimo europeo è un’esigenza di azione». L’obiettivo di Macron è chiaro: uscire dall’impasse dell’ultimo decennio. Per farlo il presidente francese ha colto una finestra di opportunità politica irripetibile: la traiettoria calante di Angela Merkel per guidare l’Europa a trazione francese. La cancelliera negli ultimi 14 anni è stata il simbolo del mantenimento dello status quo europeo. Fondamentale per reggere le fondamenta dell’Ue e passare indenni la crisi dell’eurozona ma fatale quando si è trattato di aumentare l’integrazione. Gli stessi liberali e verdi tedeschi la pensano così e hanno chiesto una risposta del governo federale alle proposte di Macron. La leader dei verdi Annalena Baerbock ha scritto su Twitter: «Discutiamo delle idee, invece di come il governo federale diffonda la sonnolenza dell’Europa». Anche Franziska Brantner sempre dei verdi ha scritto che questa è l’ultima occasione della cancelliere Angela Merkel «rischiare qualcosa per la coesione europea»

Certo, il manifesto di Macron ha forse troppe idee, di cui molte irrealizzabili. Senza contare il difetto tipico dell’approccio statalista e dirigista francese: identificare per ogni problema un nuovo consiglio, agenzia o commissione da istituire, con il rischio di ingolfare ancora di più gli organi decisionali come ha notato il vicepresidente delle Cdu Norbert Röttgen. Ma almeno quello di Macron è un tentativo di uscire di uscire dall’immobilismo dei vestali dello status quo europeo. Il punto è che Parigi è stanca di aspettare la Germania, l’Italia e gli altri Stati Ue che si oppongono a maggiore integrazione. Non a caso Macron nel manifesto ha scritto: «è meglio un’Europa fossilizzata o un’Europa che progredisce, talvolta a ritmi diversi, rimanendo aperta a tutti?», lanciando dopo le europee un grande dibattito europeo che coinvolga i cittadini senza paura di modificare i trattati. Ma il rischio è che il nocciolo duro di un’Europa a due velocità possa andare di traverso al presidente.

Perché Macron ha dalla sua parte il Paese più importante, la Germania, guidato però da una cancelliera in fase calante con la data di scadenza sotto il tailleur. E ci sono almeno tre nemici che gli impediranno di attuare il suo programma. La nuova lega anseatica formata dai Paesi del Centro e Nord Europa capeggiati dall’Olanda chiedono più rigore economico e meno sofismi, il gruppo di Visegrad degli Stati dell’Est non accetterà così facilmente di prendersi la loro quota di migranti anche a costo di andare allo scontro frontale. Senza contare i partiti populisti che in tutto il Continente cercheranno dopo le elezioni di maggio di spostare l’agenda politica del Ppe un po’ più a destra. Non sarà facile per Macron. Monsieur Le President è da solo contro tutti, ma almeno ha un’arma e non ha paura di proporla ai cittadini.

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