L’intelligenza artificiale, i chip neurali e i supercomputer quantici daranno capacità geostrategiche fondamentali. Cosa significa? Be’, in ambito militare vuol dire armamenti iperintelligenti, capacità di analisi e di previsione degli scenari basati su dati immensi, superiori capacità scientifiche, comprese quelle di «intelligence» e «cyber protection». Senza contare la superiorità sul controllo dei mercati finanziari e nelle strategie industriali e commerciali.
Partiamo dai droni. La leggenda vuole che il nome «drone» sia stato coniato addirittura da Marilyn Monroe quando, negli anni Quaranta, era ancora «soltanto» Norma Jeane e lavorava alla Reginald Denny Industry, che produceva velivoli automatici. Il termine indicava, per l’appunto, quei velivoli automatici che seguivano una rotta pre-programmata, ossia che non erano pilotati a distanza. In Italia è stata l’attività – di assoluta eccellenza mondiale – della triestina Meteor, oggi Leonardo Divisione Sistemi, già Selex Ronchi dei Legionari. Mentre oggi il termine vale per tutto ciò che vola senza pilota a bordo, come «nomignolo» dei velivoli a pilotaggio remoto; a controllo remoto semi-autonomi; e autonomi con supervisione.
Quelli che si vedono comunemente in giro, perciò destinati all’uso civile, sono a pilotaggio remoto, invece le altre due categorie sono riservate all’uso militare. C’è uno sviluppo non secondario dei droni anche nell’ambito acquatico, sia di superficie che sottomarino, che porta evidenti vantaggi pratici: non rischiano, per esempio, di piovere sulla testa di qualcuno o di abbattere aerei di linea. Quindi sono mezzi ideali per le applicazioni robotiche vere e proprie, piattaforme mobili di sensori avanzati e intelligenza artificiale. D’altro canto anche le auto a guida autonoma sono in pratica dei droni robotizzati, con il conducente a bordo che può subentrare al sistema di guida automatica.
Tornando ai droni aerei, le stime del mercato europeo sono pazzesche, immaginando un giro d’affari di 10 miliardi di euro per i prossimi vent’anni, con 100mila posti di lavoro e 400mila droni operativi per uso professionale entro il 2050. A parte i numeri, i droni rappresentano di sicuro una tecnologia dal potenziale enorme che avrà un impatto fortissimo in moltissimi ambiti della nostra vita: nelle costruzioni e nella manutenzione delle infrastrutture civili, nell’agricoltura di precisione, nel controllo degli impianti industriali (specialmente chimici e utilities) e di estrazione mineraria, nella sicurezza civile e nella logistica, nella gestione dei disastri e nella protezione ambientale (monitorando discariche e varie forme di inquinamento), fino alla raccolta dati d’area e come ausilio per le forze dell’ordine.
Attualmente si parla della creazione di un apposito spazio aereo più o meno controllato in cui permettere le operazioni dei droni, il cosiddetto «U Airspace» compreso tra «Ground Level» e 150 metri d’altezza. Una normativa europea EASA per la certificazione dei droni dovrebbe entrare in vigore nel 2019-2020
I droni hanno avuto in pochi anni una tale diffusione e proliferazione che la loro materia è soggetta a una stretta regolamentazione da parte delle agenzie di certificazione delle operazioni aeree, sia per quanto riguarda i mezzi e gli equipaggiamenti di manutenzione, gestione e controllo, nonché per la certificazione di operatori e operazioni, con piani di sicurezza ad hoc e apposite aree di impiego.
Paradossalmente non è l’aspetto scientifico ma quello regolamentare che costituisce il rischio imprenditoriale più importante per analizzare le potenzialità future del settore, poiché una regolamentazione troppo stringente costituisce una barriera molto alta all’allargamento dell’offerta in un mercato ancora in fase di espansione e che per giunta può favorire la creazione di un oligopolio.
Detto ciò, l’Europa ha goduto finora di una situazione molto favorevole per l’uso di droni per scopi professionali; cosa che, per esempio, non è avvenuta negli USA, nonostante l’enfasi data alle sperimentazioni di Amazon, Google e altre società di logistica. In realtà, infatti, molte di tali sperimentazioni sono state fatte in Europa proprio perché la legislazione è più permissiva di quella americana. Inoltre la situazione regolamentare è alla ricerca di un coordinamento intracomunitario e a questo scopo l’EASA (l’Agenzia europea per la sicurezza aerea) sta prendendo le redini della questione. Attualmente si parla anche della creazione di un apposito spazio aereo più o meno controllato in cui permettere le operazioni dei droni, il cosiddetto «U Airspace» compreso tra «Ground Level» e 150 metri d’altezza. Una normativa europea EASA per la certificazione dei droni dovrebbe entrare in vigore nel 2019-2020 e in pratica estenderà l’autorità EASA sui droni compresi nella categoria di aeromobili inferiori a 150 kg – quelli sopra i 150 kg sono già obbligatoriamente certificati EASA, alla stregua degli aerei civili.
Una ulteriore problematica che può portare a restrizioni è quella relativa alla privacy e alle giurisdizioni locali per la pubblica sicurezza, con il terrorismo internazionale che in tal senso non aiuta alla deregolamentazione. Queste sono le maggiori incognite poiché sono legate alla variabile dell’accettabilità sociale di tale tecnologia piuttosto che alla scientificità dei dati e del relativo sviluppo ingegneristico.
Potete stare certi che queste tecnologie – dall’intelligenza artificiale ai supercomputer quantici – saranno al centro della prossima Guerra Fredda tra USA e Cina, e il terreno di scontro non sarà più solo militare, perché le capacità geostrategiche daranno vantaggi anche nei mercati finanziari e nelle strategie industriali e commerciali
Curiosamente, l’indicatore dello stato di maturità del mercato lo danno le società assicuratrici, visto che i regolamenti per il rilascio delle autorizzazioni per l’uso professionale dei droni impongono norme precise sugli obblighi assicurativi e quindi il settore assicurativo offrirà un ottimo osservatorio. Se allora nell’immediato vi sono troppe normative e troppi stakeholder per un mercato ancora così in evoluzione, quello dei droni è un settore interessante soprattutto nel lungo periodo, e nel sotto-segmento delle tecnologie sia hardware che software (robotica, sensoristica, algoritmi di dati e intelligenza artificiale). Con la predilezione dell’agricoltura robotizzata di precisione. E se proprio bisogna scommettere, come già fanno nella Silicon Valley, vale la pena farlo sui software di simulazione per l’addestramento dei sistemi di guida con intelligenza artificiale.
E qui finalmente arriviamo all’aspetto iniziale: quello militare. Nello specifico, le «sicurezze nazionali» hanno sempre influito sui sistemi satellitari, in primis sul GPS americano, con parecchie restrizioni in ambito civile, sul GLONASS russo oltre all’europeo Galileo. Senza dimenticare che anche gli indiani hanno sviluppato IRNSS, un sistema regionale di navigazione satellitare, e i cinesi, in collaborazione con i russi, stanno implementando il loro sistema di navigazione Beidou (entro il 2020 diventerà il sistema globale di navigazione satellitare per l’esercito cinese). Come sempre le leve militari hanno poi ricadute nell’ambito civile, e negli ultimi anni hanno concesso sempre più accuratezza nei rilevamenti; oggi il progresso dei sensori di posizione autonoma, quali accelerometri e giroscopi, rende possibile precisioni di posizionamento per i droni impensabili solo pochi anni fa, e non dimentichiamo che questo segmento tecnologico sta subendo una rivoluzione anche grazie allo sviluppo dell’auto a guida autonoma che molto deve alla geolocalizzazione satellitare.
Resta il fatto che la navigazione satellitare e Internet sono le principali infrastrutture globali per assicurare e sostenere le operazioni commerciali, diplomatiche e militari, soprattutto in chiave globale. Ed essere in grado di «guardare», localizzare e comunicare – anche segretamente – in tutto il pianeta è fondamentale per sostenere la penetrazione e le operazioni delle forze nazionali – commerciali, diplomatiche e militari – anche molto lontano dalla propria patria; in questo senso si pensi agli USA ma anche a Russia e Cina. E i droni in tutto ciò possono avere un ruolo decisivo.
Morale, potete stare certi che queste tecnologie – dall’intelligenza artificiale ai supercomputer quantici – saranno al centro della prossima Guerra Fredda tra USA e Cina, oltre che la solita vecchia Russia, e il terreno di scontro non sarà più solo militare, perché le capacità geostrategiche citate daranno vantaggi anche nei mercati finanziari e nelle strategie industriali e commerciali. Quindi preparatevi a vederne delle belle!