GiravolteTutti pazzi per Orban: ora per Juncker è addirittura un “eroe”

Salvini incontrerà Orban il 2 maggio per rilanciare l'alleanza sovranista. Ma il presidente della Commissione europea lo ha anticipato lodando il premier ungherese e mettendo una pietra sopra ai litigi del passato. Il Ppe ha bisogno dei suoi voti per vincere le europee

MARCO BERTORELLO / AFP

Fermi tutti: Orbán non è più un pericoloso dittatore xenofobo ma l’uomo più conteso dell’Unione europea. Si avvicinano le elezioni del 26 maggio per rinnovare l’Europarlamento e tra sovranisti e popolari è partita la lotta per accaparrarsi fino all’ultimo seggio dell’Ungheria. Sono 21 in tutto e fanno comodo a entrambi. Il Ppe li vuole per diventare automaticamente il primo eurogruppo a Strasburgo. Gli euroscettici invece hanno bisogno di più deputati possibile per spostare a destra i popolari e partecipare al tavolo dove si deciderà il prossimo presidente della Commissione europea. FIdesz è dato al 52% dei sondaggi e il suo leader Orbán riuscito a rimanere dentro il Ppe senza togliersi l’etichetta di euroscettico. Matteo Salvini lo incontrerà il 2 maggio e gli offrirà la piattaforma politica per farlo diventare il campione europeo anti immigrazione. Mentre il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker dopo averlo definito “dittatore” e minacciato di espellerlo dal Ppe propone di mettere una pietra sopra sul passato. Anche in Europa la politica è sangue e merda. E Orbán sa giocarci meglio di tutti, rimanendo in bilico e sfruttando fino all’ultimo la sua rendita politica. Ma la sensazione è che dopo le elezioni almeno due su tre non manterranno la parola data.

Da settimane Salvini prepara l’incontro del 2 maggio a Budapest con Orbán «con il quale stiamo lavorando per nuova Europa che difenda i suoi confini». L’ultimo incontro ufficiale tra i due è stato ad agosto del 2018, quando Orbán definì Salvini un “eroe”. Da quel momento nessun incontro, selfie o photo opportunity. Il “Viktator” ha disertato (i leghisti dicono non è stato invitato) la reunion dei sovranisti organizzata dal ministro dell’Interno a Milano a inizio aprile.

Jean-Claude Juncker dopo averlo definito Orban “dittatore” e minacciato di espellerlo dal Ppe propone di mettere una pietra sopra sul passato.

Non un bel segnale per Salvini che ha un unico piano: spostare a destra il Ppe per aumentare il deficit al 3% rispetto al Pil ed evitare di fare una manovra di bilancio lacrime e sangue. Perché i 25 miliardi di clausole di salvaguardia sarebbero in grado di far finire la carriera politica di chiunque, anche la sua. Per farlo da mesi sta cercando con scarsi risultati di raccogliere tutti i sovranisti in un unico gruppo: finora hanno aderito Alternative Fur Deutschland, il Rassemblement National di Marine Le Pen e alcuni nani sovranisti tra cui il partito nazionalista fiammingo e quello danese. Ma servirà una vera impresa perché per confermare l’elezione del presidente della Commissione europea e dei suoi commissari basta la maggioranza assoluta che in questo momento avrebbero comodamente i popolari, i socialisti e democratici e i liberali.

Salvini non demorde e a Budapest cercherà di convincere Orbán​ a partecipare alla manifestazione del 18 maggio davanti al Duomo di Milano con tutti i sovranisti. Al leader della Lega serve uno scalpo mediatico da mostrare al suo elettorato. Per riuscirci ha alzato i toni negli ultimi giorni, allineandosi alla retorica anti islamista di Orbán difensore della “cristianità” dell’Ungheria: «O l’Europa si salva o diventa un califfato islamico senza speranza e senza futuro dove campano i Soros di turno» ha detto il leader della Lega. Neanche il migliore spin doctor avrebbe potuto consigliare una frase migliore per adulare il premier ungherese.

A Budapest si parlerà di immigrazione ma il sospetto è che i due leader si concentreranno più su come proteggere le frontiere esterne dai migranti che come redistribuire quelli che già ci sono in Europa. Eppure è un tema che dovrebbe interessare il ministro dell’Interno che non riesce a chiudere accordi con paesi terzi e fa meno rimpatri del predecessore Minniti. Senza contare che dal 2015 l’Ungheria non ha accolto neanche un migrante proveniente da Grecia e Italia.

Una giravolta? In guerra, in amore e durante le elezioni europee tutto è concesso per non perdere un solo seggio e proclamarsi primo partito al Parlamento europeo.

L’interesse di Salvini è palese, mentre ha stupito tanti la clamorosa marcia indietro di Jean-Claude Juncker che ha usato parole dolcissime verso Orban a metà tra un segnale di distensione e l’allisciamento politico, in un’intervista concessa a tre giornali dell’Est: il quotidiano liberal-conservatore polacco Rzeczpospolita, il giornale ceco Hospodarske Noviny e l’ungherese HVG. ​In occasione dell’anniversario dei 15 anni dall’allargamento a Est, il presidente della commissione europea ha definito Orban un eroe: «Sì, per anni ho definito privatamente Orbàn un dittatore, ma lui ha sempre riso di questa cosa. Ho il massimo riguardo per Viktor». Ora, anche ammettendo un certo garbo istituzionale queste dichiarazioni sembrano bislacche rispetto a quanto è successo negli ultimi mesi. Fidesz è stato sospeso dal Ppe proprio per una serie di cartelloni elettorali in cui si accusava Juncker di complottare con il milionario ungherese George Soros per far entrare in Europa più migranti. Ancora più sconcertante la frase di Juncker sulle violazioni continue dei principi dello stato di diritto compiute da Polonia e Ungheria: «Di tanto in tanto, alcuni paesi si concedono un certo grado di insubordinazione, a seconda di chi è al potere e della fase del ciclo politico in cui si trovano. Ma sono fiducioso che tra qualche anno, questi problemi non ci preoccuperanno più». Come a dire, mettiamoci una pietra sopra. In fondo chi non ha mai fatto una legge per limitare l’autonomia dei giudici? O dei media? E chi di tanto in tanto non ha giocato con i diritti civili?

Una giravolta? In guerra, in amore e durante le elezioni europee tutto è concesso per non perdere un solo seggio e proclamarsi primo partito al Parlamento europeo. Soprattutto dopo la sconfitta del partito popolare spagnolo alle elezioni di domenica che ha perso 71 seggi (da 137 a 66). E il colpo a livello europeo si è sentito subito. Secondo gli ultimi sondaggi il Ppe ha perso nove seggi (da 180 a 171) in un mese e si assottiglia il suo vantaggio sui socialisti, distanti solo 30 eurodeputati. Ma nell’intervista di Juncker non c’è solo il calcolo politico del breve termine. L’obiettivo è “normalizzare” Orbán nel lungo periodo sperando che le istanze populiste si plachino. Non tutti la pensano allo stesso modo nel partito popolare europeo e soprattutto Manfred Weber, il candidato alla successione di Juncker non è mai stato tenero con Orbán. Lo scorso mese ha chiesto un gesto chiaro di distensione: «dica che è pronto ad un compromesso anche per gli anni a venire, altrimenti l’opzione dell’esclusione del suo partito resta sul tavolo». Un monito per placare i popolari del nord Europa che hanno proposto l’espulsione di Fidesz. Per ora non si passa.