Trono di Spade, la svolta di Daenerys: era Che Guevara, ora sembra Pol Pot

Nella penultima puntata di Game of Thrones l’eroina populista, la liberatrice di schiavi, la prima del suo nome, nata dalla tempesta, regina dei Sette Regni, la nostra "Evita" Daenerys sposa il lato oscuro della forza e dimostra cosa significa l’atomica in mani sbagliate

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ATTENZIONE: PERICOLO DI SPOILER

Il tratto che separa Che Guevara da Pol Pot è più sottile di quel che pensiamo e nella penultima puntata del Trono di Spade la fantasmagorica scena della conquista di Approdo del Re ce lo ricorda, rovesciando tutte le carte finora messe sul tavolo dagli sceneggiatori. L’eroina populista, la liberatrice di schiavi, la prima del suo nome, nata dalla tempesta, regina dei Sette Regni, eccetera – insomma la nostra Evita-Daenerys – sposa il lato oscuro della forza e dimostra cosa significa l’atomica in mani sbagliate. La sua giustificazione è la stessa di tutti i grandi tiranni, la spiega lei stessa in poche parole: la pietà per le generazioni future impone di sterminare quelle presenti. Amen.

Diciamolo subito. La vendetta degli ex-parìa è sempre spettacolare, ipnotica, e l’annientamento nel fuoco della capitale Lannister ha lo stesso gusto ambivalente della scena madre di Apocalypse Now. Amo l’odore del napalm la mattina. Un po’ si inorridisce, un po’ si applaude. Lo sguardo morale dei due Stark, Jon e Arya, che assistono all’eccidio da terra e ne registrano inorriditi i dettagli – lo sterminio di chi si è arreso, le donne e i bambini inceneriti o schiacciati, gli stupri, i civili falciati dalla cavalleria senza motivo – è un sentimento che deve ancora farsi strada. Insieme alla consapevolezza che, all’origine di tutto, c’è l’ennesimo tradimento della parola data: Daenerys aveva promesso clemenza se la città si fosse consegnata, ma poi ha deciso altrimenti. Per follia, dicono quasi tutti. Per calcolo di potere, secondo me: «al gioco del Trono si vince o si muore», è la lezione politica fondativa della storia, e lei ha deciso di non correre rischi (visto che non è nemmeno la legittima regina, e lo sa bene).

Tra le macerie della capitale dei Sette Regni, così, comincia a chiudersi il cerchio karmico del romanzo. La Regina dei Draghi completa l’opera di suo padre, quello che Approdo del Re la voleva incenerire nell’altofuoco. Jamie e Cersei Lannister sprofondano abbracciati sotto le macerie del loro amore proibito e della loro stupidità, improvvisamente evidente. Sandor Clegane ottiene la sua vendetta suicida. Varys soccombe all’unico gesto di imprudenza commesso nella sua vita di geniale capo dell’intelligence. E la lotta per il potere è sfrondata da ogni sottotraccia collaterale, ridotta alla sua cruda essenza: la forza contro la legittimità.

Secondo Machiavelli, l’autore più citato dalla critica politica al Trono di Spade, ci sono quattro modi per dare inizio a una nuova dinastia di principi: con armi proprie e per capacità guerresca, per fortuna, attraverso il delitto, con il favore dei cittadini. Eliminata l’ultima opzione – il consenso popolare Targaryen e Stark se lo sono giocati per sempre – fra una settimana sapremo finalmente, dopo questa infinita attesa, chi prevarrà e con quale mezzo.

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