Il vero complottoAltro che gretini: ecco le cinque bugie più clamorose dei negazionisti del cambiamento climatico

Dalla Groenlandia un tempo verde al mancato consenso unanime nella comunità scientifica fino alle emissioni di CO2 che non sarebbero così rilevanti. Ecco tutti i falsi miti dei negazionisti del climate change smontati uno per uno. Compreso il discorso del premio nobel Carlo Rubbia

NOAH BERGER / AFP

Due cose sono sicure al mondo: il cambiamento climatico e la disinformazione di chi lo nega. E sulla seconda la scienza non ha dubbi. Per i negazionisti del climate change Greta Thunberg è una bambina manovrata come un burattino dai poteri forti e chi sciopera con lei per denunciare i rischi dell’intervento dell’uomo sull’ambiente è un “gretino”. Con uno stoicismo e un senso della realtà degno dei terrapiattisti minimizzano gli effetti più visibili negli ultimi anni. Lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento dei mari, le condizioni meteorologiche estreme, l’aumento della temperatura media mondiale? Fenomeni naturali passeggeri che si sono ripetuti già nel passato senza gravi danni. Un milione di specie di animali e piante rischia l’estinzione? Una esagerazione che la sinistra userebbe per far pagare più tasse ai cittadini di tutto il mondo, supponendo poteri di persuasione forse più ampi della realtà. Il più famoso negazionista è Donald Trump che ha definito il climate change una fake news e ha fatto uscire gli Stati Uniti dall’accordo di Parigi Cop21 sul clima. Gli ultimi in ordine di arrivo sono i titolisti di Libero e il Tempo che il sei maggio nelle rispettive prime pagine hanno commentato la settimana di basse temperature e neve in tutta Italia con: «Riscaldamento climatico? Ma se fa freddo» oppure «Anche il tempo si è rotto di Greta», confondendo clima con meteo e non capendo forse che la neve a maggio è frutto degli sbalzi climatici dovuti proprio al riscaldamento del pianeta. Lo stesso Trump ha preso in giro chi denunciava l’aumento delle temperature con un tweet in cui commentava i meno 51 gradi in alcuni Stati del Midwest. Se nemmeno l’uomo più potente del mondo riesce a capire la differenza tra meteo e clima che speranze hanno gli scienziati di convincere tutti gli altri? Proviamo con una metafora universitaria: il meteo è il singolo voto preso dallo studente, il clima è la media dei voti nel tempo. Quindi un weekend di freddo e gelo non fa media. Senza contare che il 2018 è stato l’anno con gli inverni meno freddi di sempre.

Negli ultimi mesi, complice l’ascesa del fenomeno Fridays for future guidato da Greta rimbalzano sempre più in Rete le teorie che dovrebbero smentire il complotto degli ambientalisti. Il video feticcio citato dalla stragrande maggioranza dei negazionisti di casa nostra è il discorso del premio Nobel per la Fisica e senatore a vita Carlo Rubbia, pronunciato durante una seduta del senato nel 2014. Il video a oggi ha 883mila visualizzazioni. Se lo ha detto un premio Nobel, si dirà, le teorie che negano gli effetti del cambiamento climatico avranno un fondamento. Primo, il premio Nobel Rubbia lo ha vinto per i suoi studi sulla Fisica e non sulla climatologia. Secondo, il senatore a vita ammette nel discorso che la «situazione è assolutamente drammatica: le emissioni di CO2 stanno aumentando in maniera esponenziale». Sono però tanti i falsi miti già confutati nel passato che il suo sembra il manifesto perfetto del negazionista climatico da bar. A smontare questi falsi miti parola per parola sono stati i creatori di ClimAlteranti un blog che da anni fa formazione e discussione sul tema.

Per esempio Rubbia sostiene che negli ultimi duemila anni la temperatura della Terra è cambiata profondamente (giusto). Ovvero dall’era degli antichi romani in cui la temperatura era un grado e mezzo più alta di quella di oggi al Medioevo in cui «si è verificata una piccola glaciazione intorno all’anno 1000 e poi c’è stato un aumento di temperatura simile a quello dell’antica Roma», ma non è vero. A oggi la temperatura in Europa è superiore di almeno 2° C quella degli antichi romani e la tesi del grande caldo nel medioevo è stata smentita dalle ultime ricostruzioni paleoclimatiche a nostra disposizione. La realtà è che negli ultimi duemila anni la Terra si stava avviando verso una nuova glaciazione ma i gas serra prodotti dalla prima rivoluzione industriale in poi, hanno invertito la tendenza. Quindi l’uomo è già intervenuto pesantemente sul suo ecosistema.

La neve a maggio sarebbe la prova che il cambiamento climatico non esiste? Se si prendono i dati dal 2000 al 2018 non solo la temperatura media è aumentata ma ci sono stati i 18 anni più caldi dal 1860. E addirittura il 2018 è stato l’anno più caldo per l’Italia dal 1800, quando sono iniziate le rilevazioni

Uno dei passi del discorso di Rubbia più citati in Rete dai negazionisti è quello sulla temperatura: «Vorrei ricordare che dal 2000 al 2014 la temperatura della Terra non è aumentata: essa è diminuita di 0,2 gradi e noi non abbiamo osservato negli ultimi 15 anni alcun cambiamento climatico di una certa dimensione. Non siamo di fronte ad un’esplosione della temperatura», sostiene Rubbia. Il video è del 2014 e si basa su una non corretta lettura dei dati perché parte dal 1998 e si ferma al 2013. Ma proprio il 1998 è stato un caldo anomalo e la temperatura è diminuita in media nell’anno successivo. Ma se si prendono i dati dal 2000 al 2018 non solo la temperatura media è aumentata ma ci sono stati i 18 anni più caldi dal 1860. E addirittura il 2018 è stato l’anno più caldo per l’Italia dal 1800, quando sono iniziate le rilevazioni.

Anche il sito statunitense Skeptical science ha stilato una lista aggiornata delle bufale che girano più in Rete. Ma quali sono quelle più diffuse? Ecco le cinque di cui avete sicuramente sentito parlare.

Primo: non c’è un consenso unanime sul fatto che gli esseri umani siano responsabili del cambiamento climatico. Analizzando tutta la letteratura scientifica sottoposta a peer review e le opinioni degli esperti si nota come una percentuale tra il 97 e il 98% degli esperti scientifici siano d’accordo sul fatto che sono gli esseri umani a causare il riscaldamento globale e che addirittura siano la causa dominante negli ultimi cento anni. Si potrebbe obiettare che il 2% è formato da climatologi molto più esperti della media. Ma secondo uno studio del 2016 sul tema del consenso unanime della comunità scientifica gli studiosi hanno notato che maggiore è la competenza sul clima tra gli intervistati, maggiore è il consenso sul riscaldamento globale causato dall’uomo.

Secondo: gli uomini sono sempre sopravvissuti al clima differente che è cambiato nel corso dei secoli molte volte. Sì, il clima è cambiato molte volte sulla Terra ma i grandi cambiamenti sono sempre stati ere glaciali e mai “ere calde” e sono avvenute molto prima dello sviluppo della civiltà umana come la conosciamo oggi. Gli homo sapiens apparsi 200mila anni fa sulla Terra sono sopravvissuti a due ere glaciali, per dire. Ma la civiltà moderna si è sviluppata sempre all’interno della nostra era geologica, iniziata circa 12mila anni fa quando l’agricoltura si è sviluppata grazie al ritiro del ghiaccio dopo l’ultima era glaciale. Se guardiamo alle temperature globali non sono variate di oltre più o meno 1 ° C da allora. Mentre gli scienziati prevedono per le future generazioni un aumento di almeno un 1,5 ° C nei prossimi cento anni. Un periodo troppo breve per adattarsi, mentre le generazioni che vivevano nella preistoria hanno avuto migliaia di anni per adattarsi, generazione dopo generazione.

Terzo: L’aumento di CO2 è naturale. Non è causato dall’uomo. Chiariamo una cosa: l’uomo è il principale responsabile del cambiamento climatico. Da quando gli esseri umani hanno incominciato a bruciare combustibili fossili a un ritmo forsennato la concentrazione di C nell’atmosfera è aumentata del 30% dopo essere stata relativamente stabile per 650mila anni. Poi non dipende dall’uomo il singolo fenomeno metereologico. Tradotto: la singola inondazione, lo scioglimento dei ghiacciai o l’uragano, ma l’umanità è responsabile del clima che porta poi a questi fenomeni. Anche perché l’aumento della temperatura è direttamente correlato alla concentrazione aggiuntiva dei gas serra prodotti dall’uomo con la combustione dei fossili. Per capirci i livelli di CO2 nell’atmosfera aumentano di 15 gigatonnellate all’anno. Gli esseri umani emettono nell’atmosfera 26 gigatonnellate. Fate voi i conti.

Quarto: Non c’è stato il riscaldamento globale durante la prima rivoluzione industriale. E al tempo non c’erano i controlli che ci sono ora. Vero, dalla seconda metà del Settecento quando la nostra società è cambiata non c’erano tutele ambientali e limiti di emissioni. Ma le emissioni prodotte fino alla seconda guerra mondiale sono state una frazione minuscola rispetto a quelle che produciamo oggi. Guardiamo ai numeri: nel Settecento le emissioni globali di di CO2 sono state circa tra i 3 e i 7 milioni di tonnellate all’anno, arrivando nella prima metà dell’Ottocento a 54 milioni di tonnellate. Nulla in confronto agli oltre ottomila milioni di tonnellate all’anno prodotte nel 2018.

Quinto: la Groenlandia un tempo era verde. Questo è un evergreen, in tutti i sensi. Si basa sul nome dato dal Vichingi che colonizzarono una parte dell’isola a nord del Canada nel Mar Glaciale Artico intorno all’anno mille. Lì fondarono alcuni insediamenti e chiamarono l’isola chiamandola “terra verde”. Davvero la Groenlandia un tempo è stata tutta verde? Non proprio, solo una piccola parte dovuta al breve periodo del Caldo medievale ma la calotta glaciale dell’isola ha tra i 400mila e gli 800mila quindi sarebbe scorretto dire che è era tutto un prato verde fiorito. Più probabile che Erik il Rosso abbia nominato solo uno spicchio dell’isola non ghiacciato. Anche ammettendo che durante l’anomalia climatica del Medioevo alcune zone del Nord Atlantico fossero calde come oggi, altre aree del Pianeta erano invece molto più fredde della media, non c’era il riscaldamento globale di questi anni.

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