Ci sono voluti quattro feriti per parlare di nuovo del problema grandi navi a Venezia. Ieri il transatlantico MSC ha speronato un battello con a bordo 130 turisti, riaprendo la questione se ha senso farle passare ancora dalla Giudecca. L’Unesco ha minacciato di revocare la protezione sulla Laguna se entro febbraio non si farà di tutto per tutelare la salvaguardia dei beni architettonici e la vivibilità del luogo. Se ne parla da anni, eppure la soluzione esiste già. Subito dopo il disastro della Costa Concordia all’isola del Giglio, fu approvato dal Governo Monti il decreto Clini-Passera nel 2012 che impediva alle navi da oltre quarantamila tonnellate di passare nel bacino del canale della Giudecca non appena fosse stata trovata un’alternativa. Su quel “non appena” si è arenata la burocrazia all’italiana. Tra analisi, comitati, rinvii, sentenze e il solito scarica barile, la norma del decreto è ancora lì, inattuata. Per questo abbiamo sentito l’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini che conosce bene la situazione perché dal 1975 al 1990 è stato direttore del servizio di igiene e medicina del lavoro di Porto Marghera: «È la solita sceneggiata all’italiana. La classica marmellata burocratica in cui nessuno si assume la responsabilità».
Clini, si discute ancora delle grandi navi a Venezia. Eppure lei aveva già risolto il problema nel 2012.
Risolto è una parola grossa ma quando ci fu l’incidente della Concordia all’Isola del Giglio, nel gennaio 2012,decidemmo di affrontare il tema della sicurezza della navigazione in prossimità o all’interno delle zone più vulnerabili dal punto di vista ambientale. Abbiamo lavorato con le compagnie delle navi da crociera e le amministrazioni locali e già il 2 marzo 2012 era pronto il decreto. Abbiamo detto: le navi oltre 40mila tonnellate non passano più nel bacino del canale della Giudecca. Avevamo due obiettivi: da un lato mettere in sicurezza la zona monumentale ed evitare però che fosse eliminato traffico crocieristico, una fonte importante di reddito per la città con migliaia di posti di lavoro in gioco.
E perché quel decreto non è stato attuato?
Perché bisogna scegliere la vie alternative di navigazione per fare in modo che le navi da crociera entrino nella laguna di Venezia senza passare per il bacino di San Marco o il Canale della Giudecca. E la decisione spetta all’autorità marittima, ovvero la Capitaneria di porto, che però a sua volta dipende dal ministero delle Infrastrutture, ma anche all’autorità portuale di Venezia e altre autorità competenti. Speravamo che tutti si mettessero d’accordo, e in fretta, per trovare la soluzione. Invece è cominciata la solita sceneggiata all’italiana con proposte controproposte, discussioni comitati, contro comitati. Ognuno aveva la sua alternativa e non si sono messi più d’accordo.
Dove dovrebbero passare la navi da crociera a Venezia?
La soluzione migliore è quella di Porto Marghera. Anche se dopo cinque anni, almeno nel novembre 2017 era stata adottata formalmente dal ministro Graziano Delrio e da quello che si chiama il comitatone di Venezia: cioè il grande comitato interministeriale al quale partecipano tutti i ministeri più il Comune di Venezia, la Regione e autorità locali.
Perché Porto Marghera?
È la soluzione più razionale perché usa il canale Vittorio Emanuele, che esiste già e ci passavano le petroliere quando Venezia era ancora un importante porto petrolifero. Ora l’area di Porto Marghera è stata abbandonata dalle industrie e il canale è libero per essere utilizzato. Certo, vanno fatte attività di scavo dei fanghi e di riposizionamento delle banchine, ma l’idea di far rivivere quell’area lasciata a se stessa, c’è solo la Fincantiere, sarebbe un volano per lo sviluppo economico della città. E risolverebbe un problema non da poco.
Questa vicenda è l’esempio tipico della marmellata burocratica all’italiana fatta di conflitti di competenze e mancanza di decisioni, le navi da crociera continuano a girare tranquillamente nel bacino di San Marco.
Detto così sembra razionale, ma se nel novembre 2017 erano tutti d’accordo perché non si è fatto nulla?
Perché dopo cinque anni di discussioni, di progetti e contro progetti, valutazioni e verifiche fatti da tutti su tutto nel pieno rispetto del regime consociativo in cui affoga da sempre l’Italia, è entrato in carica il governo gialloverde e ha annunciato l’analisi costi benefici del progetto. Dico annunciata, perché ancora non si è visto nulla. Così tutto è stato bloccato con buona pace dell’interesse dei veneziani. Questa vicenda è l’esempio tipico della marmellata burocratica all’italiana fatta di conflitti di competenze e mancanza di decisioni, le navi da crociera continuano a girare tranquillamente nel bacino di San Marco.Si sarà fatto un’idea del perché si è formata questa marmellata.
Ci sono tanti interessi in gioco. Se ci sono dei rinvii e si allungano i tempi le compagnie delle navi da crociera riescono a fare affacciare dal balcone della cabina ancora più passeggeri e far guardare loro da vicino piazza san Marco. Più rinvii più passeggeri. E questo ha valore economico non indifferente. Anche se devo dire le compagnie di crociera non hanno mai negato la disponibilità a partecipare alla realizzazione di progetti alternativi. Poi c’è un interesse più nobile e legittimo che ha bloccato la decisione. I progettisti e gli esperti del settore hanno da decenni valutazioni differenti sul futuro di Venezia e della sua laguna di Venezia.Quali sono i progetti in campo oltre all’ipotesi di Porto Marghera.
Il porto attuale dove arrivano ora i passeggeri da crociera di fatto è una stazione marittima completamente nuova con infrastrutture dispendiose già costruite. Alcuni sostengono che se fosse abbandonata per puntare su Porto Marghera sarebbe uno spreco per la città. L’ipotesi era quella di scavare un canale nuovo che consentisse di uscire dal bacino di San Marco il canale della Giudecca ma di conservare l’attuale stazione marittima. Poi c’è la tesi del “No navi a Venezia”, che non manca mai. Addirittura c’è chi propone di spostare il traffico crocieristico a Trieste ma non è fattibile, le compagnie di crociera sarebbero le prime a dire di no. Ma queste ipotesi sono emerse tutte già otto mesi dopo del decreto, sono sempre le stesse da sette anni. A quel punto è cominciata la solita marmellata di cui parlavamo: ovvero demolire la posizione degli altri.Il governo del cambiamento non ha cambiato questa situazione.
Per essere molto chiari i no navi, i no tav, no tap, no so che cos’altro, fanno parte della stessa famiglia della stessa cultura di governo e di Paese.Ma prima del governo gialloverde ci sono stati sei anni di rimandi.
Il lavoro del mio successore Gian Luca Galletti è stato pessimo. Invece di forzare i tempi e cercare di chiudere, di stare addosso alle autorità competenti per trovare la soluzione ha fatto un lavoro di galleggiamento. Chi ad un certo punto ha preso in mano la partita e ha cercato di trovare la soluzione è stato Delrio che faceva parte dello stesso governo.Come si esce da questa marmellata?
Una volta individuate le opzioni bisogna dare nelle mani di una persona la responsabilità di decidere. Perché tutti hanno un pezzo di competenza e giocano a fare veti o a non assumersi la responsabilità. Tutti si sciacquano la bocca col Porto di Venezia dicendo che è un patrimonio mondiale, che deve essere protetto e deve avere livelli di salvaguardia superiori alla media. Bla bla bla. Tutti parlano ma le decisioni non vengono prese. Ma questo non vale solo per le grandi navi a Venezia.Chi dovrebbe decidere?
Il sindaco di Venezia. La responsabilità deve essere presa da chi è stato scelto dai cittadini come governatore della città. Bisogna stabilire una volta in questo Paese linee precise responsabilità, ovviamente nel rispetto delle leggi. Poi si fidi ci sarà un altro problema.Quale?
Nel decreto Clini-Passera ho introdotto delle procedure semplificate per la bonifica dell’area di Porto Marghera, un’area immensa. Con il ministro Galletti queste procedure sono state ulteriormente complicate. Ecco, non vorrei che una volta scelto il percorso più logico. ovvero il canale Vittorio Emanuele che arriva a Porto Marghera cominciassero a emergere le problematiche relative alle procedure per lo scavo dei canali e la classificazione dei fanghi. Normali procedure il cui Ricominciamo da capo e magari ricominciamo con un’altra marmellata.