Il WCEF2019, il forum mondiale sull’economia circolare di Helsinki al quale ho partecipato, non ha solo presentato a governi, industrie, imprese e cittadini le più avanzate soluzioni per l’economia circolare, ha chiesto all’Ue uno sforzo decisivo nel ritenere insostenibile in maniera definitiva il nostro sistema economico. Ai governi di collaborare per creare politiche illuminate per quelle aziende che sono in grado di trasformarsi in un modello circolare. Sulla scia, come dire, del nuovo programma governativo varato dalla Finlandia che ha appunto elevato l’economia circolare nel nucleo stesso della propria politica economica e della competitività. Gli oltre 2200 partecipanti, tra principali leader mondiali del settore, responsabili politici, ricercatori e innovatori, si sono ritrovati concordi nel sostenere l’urgenza di uno sforzo comune per fa crescere l’economia circolare traghettandola nell’era successiva di modello ad impatto globale. In questa prospettiva è risultato molto chiaro il focus contenuto nel messaggio di Laura Tuck, vicepresidente per lo sviluppo sostenibile della Banca mondiale: “la scienza ci sta urlando che il nostro attuale modello di crescita è insostenibile. Dobbiamo cambiare le nostre politiche che offrono incentivi per l’uso eccessivo delle risorse. Dobbiamo invece valorizzare il nostro capitale naturale come l’aria, la terra e l’acqua. Il prezzo per chi esaurisce il nostro capitale naturale deve essere adeguatamente contabilizzato. “
Un secondo elemento su cui focalizzarsi è arrivato da Elliot Harris, Segretario generale dell’ONU e Chief Economist, il quale ha evidenziato che “le economie locali, per la maggior parte dei Paesi, sono troppo piccole per essere autosufficienti nella circolarità. Per avere la piena circolarità c’è bisogno di una cooperazione transfrontaliera. Affinché ciò accada, ci deve essere il consenso globale e la capacità di comprendere che vogliamo creare economia circolare tra tutti gli attori, non separarli gli uni dagli altri”.
Pensandole in ottica Ue, molto può dipendere dal fatto che dal 1° luglio 2019 sarà la Finlandia ad assumere la presidenza del Consiglio. E la Finlandia è il Paese che ha stabilito il programma governativo più ambizioso al mondo, in fatto di climate change, di lotta alle disuguaglianze e per il passaggio a un’economia circolare
Invece negli ultimi anni abbiamo dovuto amaramente registrare uno spostamento verso un approccio isolazionista e con nuove barriere commerciali. Certamente una maledizione in termini di apertura e di cooperazione, peculiarità necessarie se si vogliono promuovere soluzioni e nuovi modelli economici e produttivi. Di fatto, pensandole in ottica Ue, molto può dipendere dal fatto che dal 1° luglio 2019 sarà la Finlandia ad assumere la presidenza del Consiglio. E la Finlandia è il Paese che ha stabilito il programma governativo più ambizioso al mondo, in fatto di climate change, di lotta alle disuguaglianze e per il passaggio a un’economia circolare.
Tuttavia, a mio parere il concetto di circolarità ha raggiunto la giusta maturità per accedere alla “figura” successiva, quella sferica. Il modello circolare comporta che nella considerazione di tutte le fasi, dalla progettazione, alla produzione, al consumo, fino alla destinazione a fine vita, si sappia cogliere ogni opportunità di limitare l’apporto di materia ed energia in ingresso e di minimizzare scarti e perdite, ponendo attenzione alla prevenzione delle esternalità ambientali negative e alla realizzazione di nuovo valore sociale e territoriale. Dunque, si basa sulle tre azioni di Ridurre, Riutilizzare e Riciclare, obiettivi che per essere raggiunti necessitano di un processo di eco-design che abbia la capacità di progettare la produzione di un bene o un di servizio in modo da garantirne la maggiore durata possibile, la semplice manutenzione/riparazione, l’opportunità di rilavorarlo, ammodernarlo o aggiornarlo, la possibilità di riciclarlo facilmente al termine della sua vita utile. Restando in questa dimensione piatta, bidimensionale, continueremmo a rimandare il momento del salto di paradigma che l’economia è chiamata a fare cioè di produrre non ricchezza, bensì prosperità. Per assurgere a questo scopo dovrà evolvere in quello che io definisco Economia Sferica che riporti l’individuo al centro di ogni sistema.
Affinché ciò accada dobbiamo arrivare alla consapevolezza degli effetti che le nostre azioni hanno sui sette livelli da cui dipendono e con cui interagiscono le esistenze di ciascuno di noi. Concetto che in Economia 0.0 ho definito nel modello delle 7P e nel relativo Index: Person, People (l’Umanità), Partnership (le Relazioni), Profit (il Giusto Profitto), Prosperity (da non confondere con la ricchezza), Planet e Peace.