Uno pensa che dopo aver imparato a camminare – intorno al compimento del primo anno di età – il più è fatto. E invece si scopre che non basta saper muovere un passo dietro l’altro, soprattutto a confonto con quanto succede in Giappone. Il Shuudan Koudou è l’arte giapponese di camminare in gruppo, una disciplina a metà tra lo sport e la performance artistica in cui, come se si fosse in un plotone, si cammina in avanti, all’indietro, a destra a sinistra acquattati su e giù. Uno spettacolo che, per essere raccontato, le parole non bastano. Ma le immagini possono aiutare:
Lo sport, tra le varie stranezze del Paese, ha cominciato a prendere piede (pun intended) intorno agli anni ’60 alla Nippo Sports Science University di Tokyo, ormai considerata la Mecca di questa attività.
Inutile commentare che l’amore del Giappone per l’uniformità si rivela, tra le mille altre cose ormai note, anche in questo sport. Quello che conta è, del resto, il fatto che tutto ciò che avviene avvenga all’unisono, insieme e senza sbavature. Più del gesto tecnico (meglio: oltre al) conta il fatto che la stessa cosa venga eseguita anche da altre persone nello stesso momento. Sincronia meccanica? Esagerazione? Di sicuro sono cose che hanno preparato per giorni e giorni, mesi anzi. Frutto di un allenamento continuo, intenso e faticoso. Questo, insomma, è il senso stesso dello sport. E perciò anche il Shuudan Koudu dovrebbe finire alle Olimpiadi.