GreenkiestaAmbiente, parla il ministro Costa: “Aria pulita e zero discariche illegali: ecco cosa stiamo facendo per un’Italia verde”

Nel paese dove 80mila persone muoiono ogni anno a causa dell’inquinamento atmosferico, il ministro dell’ambiente Costa difende il suo operato: “Dal Clean Air Dialogue ai rifiuti, ci sono 400 milioni a disposizione”. Anche se la Lega dà filo da torcere

Alberto PIZZOLI / AFP

La scommessa è uscire dalle due procedure d’infrazione aperte contro l’Italia dall’Unione europea per la qualità dell’aria. E, soprattutto, modificare al ribasso la sconvolgente stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità secondo cui nel nostro Paese muoiono 80mila persone ogni anno a causa dell’inquinamento atmosferico. Da qui nasce il Clean Air Dialogue. «Più che un protocollo, un vero e proprio piano d’azione», spiega a Linkiesta il ministro dell’Ambiente Sergio Costa che si è battuto per un anno per arrivare all’appuntamento di oggi a Torino che porterà, appunto, alla firma dell’impegno di governo e regioni alla presenza di Karmenu Vella, commissario europeo con delega proprio all’ambiente.

Ministro, partiamo però da un punto: spesso i protocolli specie in tema ambientale non portano mai a nulla. Rischiano di essere accordi teorici senza risvolti pratici.
Comprensibile, c’è questa diffidenza. Non è questo il caso.

Perché?
Parta da questo presupposto: in merito alla qualità dell’aria, l’Italia è in infrazione europea per due procedure. La prima, del 2014, è per il particolato, il Pm10; l’altra è per i livelli di biossido di azoto nel 2015. E tenga conto anche della stima dell’Oim secondo cui in Italia muoiono 80mila persone a causa dell’aria non di qualità. Un numero che ti prende lo stomaco. Io ho fatto il conto della lavandaia: sono 262 morti al giorno. Ecco: io divento ministro dell’Ambiente esattamente un anno fa e sul tavolo mi sono trovato questo fascicolo. Immediatamente sono andato in Europa per negoziare un’exit strategy.

Da qui è nato questo protocollo?
Esatto. Ho iniziato a negoziare un piano d’azione. E siamo partiti da uno strumento che l’Unione europea ha messo a disposizione per i Paesi europei per la qualità dell’aria, anche perché su 28 Paesi 19 sono sottoposti a procedura d’infrazione per questo motivo. Tale strumento si chiama Clean Air Dialogue, quello che appunto celebriamo oggi a Torino.

Di cosa si tratta?
Dentro il Clean Air Dialogue, abbiamo individuato il piano d’azione negoziando non solo con l’Ue ma anche con le Regioni e sei ministeri, dal Mise ai Trasporti fino alle Politiche agricole. Non a caso oggi a Torino ci saranno il premier, sei ministri e il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini. Ogni contraente si impegna a fare cose che siano misurabili.

Io, insieme al Mef, mi sono preso l’incarico di individuare i sussidi ambientali dannosi che oggi sono quotati per quasi 17 miliardi di euro, per intraprendere un percorso di uscita da quei sussidi per incentivare pratiche green


Sergio Costa

Ecco, entriamo più nello specifico.
Io, insieme al Mef, mi sono preso l’incarico di individuare i sussidi ambientali dannosi che oggi sono quotati per quasi 17 miliardi di euro, per intraprendere un percorso di uscita da quei sussidi per incentivare pratiche green. Il ministro Centinaio, invece, si è impegnato per attività che limitino le emissioni in atmosfera dell’ammoniaca. Il ministro della Salute, invece, incentiverà la walkability e lavorerà a un sistema di informazione e monitoraggio sullo stato della salute stessa; il Mise, ancora, si occuperà di incentivare il sistema di sostituzione dei sistemi di riscaldamento con sistemi eco-compatibili; i Trasporti, invece, incentiveranno la mobilità sostenibile.

E i fondi?
Le misure saranno coperte da un fondo che il Mef mette a disposizione: fino a 400 milioni di euro all’anno. Più tutto quanto già è stato stanziato all’interno della Manovra.

L’Unione europea, però, avrà qualche garanzia che l’Italia riuscirà a ottemperare quest’impegno?
Beh, deve considerare che noi siamo già davanti alla Corte di giustizia europea per le due infrazioni. Siamo vicini a una multa. Con questo piano l’obiettivo è portare risultati davanti alla Corte che testimoniano il nostro impegno. Cosa che potrebbe portare la Corte stessa anche a concederci più tempo. Se tra sei mesi gli indicatori, come noi riteniamo, mostreranno segni di evidente miglioramento, la Corte non avrà motivi di condannarci.

E in caso contrario?
Anche in quel caso se avremo raggiunto risultati misurabili, la multa potrà essere più lieve o durare meno tempo rispetto ad altre da cui siamo stati colpiti, prenda ad esempio la questione dei rifiuti che dura dal 2014.

Altro tema che vede l’Italia esposta con l’Europa è quello dei rifiuti. In questo caso dal 2014 paghiamo multe salatissime per le discariche illegali. Gli ultimi dati parlano di oltre 250 milioni di euro di sanzione.
Come sa, per affrontare ad hoc questo tema è stato nominato il generale Giuseppe Vadalà come commissario straordinario. È stato già certificato che le discariche da bonificare sono diminuite in modo consistente. Tanto che abbiamo già richiesto di ridurre la sanzione europea di un terzo, cosa che ci è stata concessa dalla Commissione europea. Non solo: il commissario ha garantito alla Commissione che sarebbe uscito anche dagli altri due terzi della sanzione perché avrebbe bonificato anche tutto il resto, dimostrando cosa era stato già fatto per il secondo terzo e qual è il piano per l’ultimo terzo.

È immaginabile una scadenza, una data di uscita dalla sanzione?
Tenga conto che negli ultimi due anni sono state bonificate 28 discariche e corrispondo a un terzo dei siti illegali che ci restano. Quindi nel giro di quattro anni l’obiettivo è uscire dalla sanzione europea.

A fine mese presenterò un mio disegno di legge, che ho ribattezzato «Terra mia», che è una misura repressiva e preventiva. Repressiva perché va oltre la legge sugli eco-delitti, quella del 2016. Preme sul daspo ambientale, declina meglio la tipologia di incendio di rifiuto. In altre parole, colpisce nel merito gli eco-criminali


Sergio Costa

Connesso al tema dei rifiuti, c’è quello dei roghi tossici che tocca, ancora una volta, la sfera dell’inquinamento atmosferico.
Sulla questione dei roghi, i temi che si intrecciano sono diversi. Il primo è quello del controllo del territorio: l’incendio è un elemento di fragilità del sistema che espone il cittadino a respirare gli esiti dell’incendio stesso, a cominciare dalla diossina. Il modello che abbiamo costruito in Campania per combattere la Terra dei Fuochi sta funzionando. Il che non vuol dire che abbiamo roghi zero, ma abbiamo trend di miglioramento che ovviamente va monitorato di volta in volta. Abbiamo un sistema di controllo fondato sulla sinergia tra Asl, Arpa ed esercito. Sembrerà strano, ma finora ognuno esercitava la sua competenza senza sapere gli altri cosa facessero.

Potrebbe bastare replicare questo modello anche altrove?
Sì, ma non solo. A fine mese presenterò un mio disegno di legge, che ho ribattezzato «Terra mia», che è una misura repressiva e preventiva. Repressiva perché va oltre la legge sugli eco-delitti, quella del 2016. Preme sul daspo ambientale, declina meglio la tipologia di incendio di rifiuto. In altre parole, colpisce nel merito gli eco-criminali.

E preventiva perché?
Le faccio l’esempio del fattore di pressione ambientale. Quando qualcuno vorrà aprire un’azienda dovrà misurarsi con l’indice di pressione ambientale di quel dato territorio: se tale indice è già oltre la soglia di salvaguardia, in quel territorio non si potrà aprire quell’azienda.

Non ci nascondiamo dietro un dito, però: il tema ambientale è terreno di scontro all’interno della maggioranza. I malumori leghisti sono evidenti…
Ma guardi: quelle sono solo tossine elettorali. Le faccio un esempio: proprio la scorsa settimana sono stati presentati due emendamenti allo Sblocca-cantieri sull’end of waste, uno della Lega e uno dei Cinque stelle. Questo per dire che le due compagini di governo sull’end of waste hanno trovato la quadra.

Non si può dire lo stesso sulle trivellazioni…
Guardi, io le dico quello che ho fatto io: ho emesso una direttiva alla Commissione Via-Vas del ministero per fare in modo, al di là della moratoria, non che in assoluto non si debba trivellare, ma che si dica quanto dura un’estrazione, in che modo la detta azienda intende poi ripristinare l’area al termine della concessione e i rifiuti delle acque di strato che fine fanno. Credo che il cittadino abbia diritto a sapere queste cose. Solo quanto l’azienda ha dato tutte queste garanzie e le ha date in maniera robusta, si può ragionare sull’autorizzazione.

Tutto chiaro. Il difficile è convincere Salvini: la scorsa settimana ha avuto delle riserve nei suoi confronti.
Guardi, io non voglio avere ragione per forza. Anche perché a Napoli la ragione è dei fessi… Io voglio aprire il dialogo e ragionare. La mia non è una battaglia ideologica. Io sono un ministro della Repubblica. Non esiste un ministro di un colore politico.

Vale anche per gli altri ministri?
Io vado per la mia strada.

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