Secondo il dossier The future of jobs elaborato dal World Economic Forum, nel 2022 il lavoro delle macchine crescerà dal 29% al 58%. Il loro impiego non riguarderà soltanto i lavori routinari, ma anche quelli di fascia più alta. Una realtà che avrà impatti importanti sull’occupazione. Tuttavia, paesi come il Giappone, la Corea del Sud e la Germania, in cui il processo di automazione è molto più avanti, sono la dimostrazione pratica del fatto che è possibile costruire un sistema dove la tecnologia sia un bene per tutti e venga percepita non come un fattore di rischio ma come un’opportunità di beneficio. In Italia il mercato digitale quest’anno promette una crescita del 2,5%, per arrivare a un volume totale di 72,2 miliardi di euro. Un trend positivo che continuerà anche nei prossimi due anni con una previsione di incremento del 2,8% e un volume totale di 74,2 miliardi di euro per il 2020 e una crescita del 3,1%, con un volume totale di 76,5 miliardi per il 2021. Più nello specifico, l’anno scorso nel mercato domestico il mobile business è cresciuto del 9,4%, l’IoT del 19,2%, il cloud del 23,6%, la cybersecurity del 12,2%, i dispositivi indossabili del 15,3%, le piattaforme per il web del 13,7%, mentre hanno acquisito consistenza le applicazioni di intelligenza artificiale, big data e blockchain.
Nonostante ciò, l’Italia si è collocata al 26° posto su 28 per livello di competenze digitali nell’indice DESI (Indice di digitalizzazione dell’economia e della società). Il livello delle digital skill di base e avanzate degli italiani è, infatti, al di sotto della media UE. Solo il 44% delle persone tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base, contro il 57% nell’Ue. Scarsi risultati in termini di competenze digitali si riflettono anche in un minore utilizzo dei servizi online e in una bassa attività di vendita online per le Pmi.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha affermato che il governo “ha creato le premesse affinché la nostra sia una smart nation”
Su questo tema, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, chiudendo i lavori del Fed, il Forum dell’economia digitale svoltosi la scorsa settimana al Mi.Co. di Milano e intitolato Be The Change, ha affermato che il governo “ha creato le premesse affinché la nostra sia una smart nation, stanziando 1 miliardo di euro per il fondo nazionale innovazione che è stato affidato alla gestione di Cassa Depositi e Prestiti. In questo modo potremo tutelare gli interessi di tutti i cittadini contrastando la dispersione di talenti e di asset strategici, convogliandoli verso il comune obiettivo della crescita economica. Il Governo ha poi agito da pioniere per lo sviluppo di alcuni settori innovativi strategici per la ricerca e le imprese, come l’insediamento dei due comitati di esperti sull’intelligenza artificiale e sui registri distribuiti e blockchain.”
Ha infine ricordato che lo scorso martedì l’Italia ha acquisito per un anno la presidenza della European Blockchain Partnership per creare una piattaforma comunitaria basata su tecnologia blockchain per lo sviluppo di servizi pubblici digitali. Premesse per garantire una maggiore fiducia nel futuro dei giovani sfruttando al massimo le opportunità della trasformazione digitale. Per il futuro serviranno politiche pubbliche di visione che porteranno a ripensare il welfare, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e la formazione”.
Il tema della sostenibilità comprende la diversità di genere, la lotta alle povertà e alle disuguaglianze, il diritto alla salute, al cibo e all’acqua
Che servano politiche di visione è un dato di fatto sul quale è difficile non concordare visto che la trasformazione digitale è uno dei quattro driver che riformuleranno il nostro futuro insieme a Demografia, Clima ed Etica. Così come è un dato di fatto la necessità di colmare il gap culturale e formativo della nostra società. Tuttavia, credo – e su questo ho impostato il mio messaggio rivolto alla platea del Forum, che non ci sia cambiamento possibile fuori di noi che non passi attraverso un cambiamento interiore. Oggi la tecnologia ci porta lontano molto in fretta, affascinandoci con dimensioni nuove, lasciandoci prefigurare la possibilità di far accadere cose anche in maniera molto più semplice e redditizia che nel passato. Di contro, però, ci costringe a farci delle domande nuove oppure a riformularci in maniera nuova domande vecchie.
All’innovazione digitale corrisponde anche un nuovo tema legato alla sicurezza e alla protezione del dato. Dove c’è un’opportunità c’è anche un rischio. Oggi il mondo dell’impresa e quello della dimensione pubblica devono farsi delle domande in maniera nuova e trovare nuove risposte. Il mondo sta chiedendo grande attenzione, e lo sta facendo nella necessità di gestire al meglio il mix demografico a cui oggi il pianeta è soggetto; l’ambiente sta urlando violentemente una richiesta di rispetto; la tecnologia sta pervadendo le nostre vite a volte anche in maniera disordinata che ci coglie impreparati. Domani sicuramente guiderà la dimensione valoriale di sani comportamenti e di un’etica che vada al di là di bandiere o dogmi e che sia collegata a un vantaggio veramente comune.
A noi la responsabilità di far accadere cose nuove, impegnandoci a contrastare un’azione eccessiva di semplificazione che in genere siamo portati a fare di fronte alle complessità. Ridurre la sostenibilità all’ambiente e l’ambiente alla plastica è un errore clamoroso. Il tema della sostenibilità comprende la diversità di genere, la lotta alle povertà e alle disuguaglianze, il diritto alla salute, al cibo e all’acqua. Il cambiamento deve dunque partire da noi che siamo la tecnologia più potente del mondo. È tempo di assumersi delle responsabilità. Serve una rivoluzione gentile che collochi le cose al posto giusto. Il denaro come mezzo. L’essere umano come fine.