L’intricato enigma che riguarda il Socrate narrato da Platone sta tutto nel saldarsi della sua filosofia con la sua esistenza, in modo pressoché inseparabile. Nella tetralogia di cui fanno parte l’Apologia e il Critone, Platone descrive gli ultimi giorni di Socrate: dal processo ai momenti che precedono la morte del celebre filosofo. Rielaborando i discorsi e gli eventi intorno alla fine del maestro, egli forgia questa affascinante e indimenticabile rappresentazione. Al tempo stesso fonda la sua filosofia, segnando la storia del pensiero occidentale in modo indelebile. Davide Susanetti, docente di Lingua e Letteratura Greca all’Università di Padova, ha recentemente fornito una nuova traduzione di l’Apologia di Socrate e il Critone, in un unico volume uscito per Feltrinelli.
Cosa significa interpretare e far parlare i testi degli antichi greci? Come dovremmo porci all’ascolto delle parole che questa cultura ci ha lasciato?Penso essenzialmente a un ascolto che interrompa e sospenda il corso dei pensieri in cui siamo immersi nel quotidiano, gesti che appartengono a una routine a cui non possiamo o non vogliamo sottrarci. Quel tipo di reazioni che, seppur non manifestiamo fino in fondo, ci attraversano rispetto a un presente problematico, violento e rozzo sia da un punto di vista etico che politico. La sospensione è un elemento fondamentale perché, interrompendo, accade di scorgere altri orizzonti e nuove possibilità. È essenzialmente questo il modo in cui mi avvicino ai testi: non con un interesse museografico, né credendo ingenuamente nella datità di una certa filologia – non che questa non sia necessaria, ma molto di quello che poteva dare una certa filologia l’ha già dato. Adesso credo che, effettivamente, sia necessario riprendere quella dimensione vitale del rapporto con l’antico che ha caratterizzato altre età e anche altri passaggi della storia culturale italiana. Si tratta di un modo di rapportarsi con l’antico in cui questo risulta un presagio dell’anima.