Baratro culturaleMa esiste qualcuno che legge davvero i bestseller (e non li compra soltanto)?

Sempre più sciatti, pieni di errori, vacui e perfino ridicoli. I titoloni che vendono sono sempre più vicini, dal punto di vista qualitativo all’immondizia. È da pensare che, a parte qualche editor malcapitato, nessuno davvero riesca a leggerli fino in fondo

JOHANNES EISELE / AFP

Narrativa di genere, anche pluripremiata.

Io dubito fortemente che davvero qualcuno legga quella roba (anche se si vende a centinaia di migliaia di copie).

Infatti la trovi, dopo un decennio, accatastata dai robivecchi, palesemente mai sfogliata.

Anche nelle case editrici, temo, non la legge nessuno (a parte forse il malcapitato che deve rabberciarne in qualche modo punteggiatura e sintassi). Tanto in ogni caso a farla vendere è la réclame.

“Alice si cagò addosso, alle nove in punto di una mattina di gennaio”. Tali (non invento nulla) la svolta essenziale e il sottile e finissimo fulcro psicologico di un romanzo di genere alonato addirittura di un certo prestigio midcult (e, va pur detto, dalla bella copertina).

“Il signor conte si levò per tempo, alle ore otto e mezzo precise… La signora contessa indossò un abito lilla con una ricca fioritura di merletti alla gola… Teresina si moriva di fame… Lucrezia spasimava d’amore… Oh, santo Dio! e che volete che me n’importi?”. Così ironizzava Pirandello (e, consonanza illuminante, Valéry, che rifiutava categoricamente di scrivere una frase come “La Marquise sortit à cinq heures”). Quei nobiliari scorci, benché artefatti, erano se non altro più fini della diarrea fulminante, e non meno insignificanti.

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Un altro di questi romanzi di genere con pretese letterarie (simili se vogliamo ai caroselli dei profumi o dei supermercati girati da Fellini o da Woody Allen) ruota (con tanto di preziosismi e contorcimenti sintattici e psicologici pseudoproustiani) intorno alle vicende di un feticista ossessionato dal razziare mutande.

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