Giudice, giuria e boia, con il rischio di finire anche giustiziato. Ora che Salvini ha fatto la sua mossa, la palla torna in mano all’opposizione. Le idee sono poche e confuse, come nel peggiore degli schemi sportivi. Chiacchere da bar, quelle nei più infimi Bar Sport, dove tattiche e giocatori si decidono con la logica dello sconfitto. Il Pd e il Movimento 5 Stelle sono al bancone senza sapere cosa ordinare, ma soprattutto senza sapere chi far pagare. La soluzione è semplice e lineare, come spiega a Linkiesta ‘O ministro Paolo Cirino Pomicino, ex esponente di primo piano della Democrazia Cristiana: «C’è una maggioranza alternativa? Questo è il momento che emerga. Il mio giudizio pessimo sul M5S mi permette comunque di confermare la necessità di un’alleanza in grado di arginare una deriva autoritaria».
La posta in gioco è alta ed esula dal semplice scettro e corona. Gli appuntamenti finanziari rischiano di far scivolare l’Italia verso aree di influenze inedite, l’instabilità politica verte sugli obiettivi comuni di un’Europa unita e solidale. «Non è tanto chi governa e chi non governa, ma la salvaguardia dei piedistalli che appartengono alla nostra storia: quello di essere europeisti e atlantici nella propria impostazione. Se immaginiamo di scivolare verso un’area di influenza russa, ci dobbiamo rendere conto che l’obiettivo di essi è l’indebolimento della zona euro. La nostra instabilità, per capirci, è la loro forza».
Paolo Cirino Pomicino, lo scacchiere politico disegna e cancella possibili scenari di governi futuri. Cosa può realmente succedere?
Movimento 5 stelle e Pd, il quale ha già governato in precedenza, oggi sono nelle condizioni di far nascere un’alternativa di governo. Se decidessero di non farla emergere adesso, tantomeno possibilità ci saranno un domani. In tal caso avremmo due partiti che non avranno alleati, con il sistema politico attuale.
Avremmo invece dall’altro lato, dei partiti che in forza di una coalizione vincerebbero tranquillamente le elezioni. Questa è l’anomalia del blocco politico attuale.
Ma c’è di più. L’altra anomalia che potrebbe creare un precedente nella nostra storia repubblicana, vuole un centrodestra con un partito al 38% e altri due al 6%: quest’ultimi sono per così dire ancillari, e per questo si potrebbe dire che c’è un governo di un partito solo. Partito che, per giunta, non brilla per democrazia interna, non brilla per concezione di istituzionalismo, senza scomodare termini come il fascismo.
Il centrismo della Dc ha toccato picchi di consenso al 40-42 per cento. Il dramma vero, però, è che la Dc non era un partito personalizzato: aveva al suo interno sensibilità diverse e contrarie che in qualche maniera impedivano la creazione di derive autoritarie. Di per sé la personalizzazione di una forza politica è un’espressione autoritaria
C’è il rischio di una deriva incostituzionale?
Non c’è dubbio che è un partito fortemente personalizzato, come per altro in molte altre realtà politiche di oggi. Con una formula simile, tuttavia, c’è un’oggettiva spinta verso una forma di autoritarismo che mal si addice alla Repubblica italiana.Anche la Democrazia Cristiana, però, ha raggiunto numeri simili…
Potrei essere accusato di additare un partito al 36 per cento, quando il centrismo della Dc ha toccato picchi di consenso al 40-42 per cento. Il dramma vero, però, è che la Dc non era un partito personalizzato: aveva al suo interno sensibilità diverse e contrarie che in qualche maniera impedivano la creazione di derive autoritarie. Di per sé la personalizzazione di una forza politica è un’espressione autoritaria.Dovrebbe prevalere una filosofia morotea, quindi?
Una frantumazione ulteriore, di un partito come quello del Pd nato male sin dagli albori – in quanto attualmente non si può considerare né una forza socialista, né un partito democristiano -, è un qualcosa di ibrido che minerebbe alle fondamenta. Avviare un processo per unificare le varie posizione diverse poteva essere la chiave di volta per Zingaretti. Il suo errore è stato quello di riformare la segreteria non coinvolgendo anche la minoranza. Questa è una delle caratteristiche conclamata dei partiti sulla piazza: le opposizioni devono essere marginalizzate o, come spesso accade, espulse (vedi il caso del Movimento 5 stelle). Questo terreno di coltura deve funzionare da base per direzionare il Pd verso un’unificazione dei vari pensieri, oppure, verso una scissione in piccoli “cespugli” politici che potrebbe dare un’offerta elettorale diversa e magari alleata con i dem stessi.Il Movimento 5 Stelle non è una forza politica, ma un comitato elettorale legato dalla capacità di Grillo. Che se prima faceva ridere, adesso fa un po’ piangere
Alla base però serve comunque una condivisione delle idee…
La verità è che abbiamo cespugli di centro e cespugli di sinistra. Un partito non inquadrabile, come per esempio il Pd, non si era mai visto. Nelle democrazie parlamentari è la coalizione tra forze diverse, anche con idee trasversali, a garantire la salute di una società.Potrebbero veramente stare insieme due forze come Pd e Movimento?
Il Movimento 5 Stelle non è una forza politica, ma un comitato elettorale legato dalla capacità di Grillo. Che se prima faceva ridere, adesso fa un po’ piangere. Non mi sembra che la struttura sia quella politica: senza congressi democratici e, soprattutto, senza una grammatica interna con fattezze istituzionali che di conseguenza riflette anche quando si trova nelle sedi democratiche. Il Movimento tenuto insieme da Di Maio, è il classico partito fatto da un personaggio, il quale non riesce a organizzare neanche le comunali in quanto non in grado di formare una lista.Lo considero come un no…
Ci troviamo davanti a tre macro problemi: la deriva autoritaria di alcuni partiti, la frammentazione di altri in piccoli cespugli e la mancanza di una legge elettorale che favorisca una minoranza alla guida del Paese. Come è accaduto per molti anni nella Seconda Repubblica, dove la maggioranza non era mai quella del Paese. Il rischio è quello di far scivolare in una sola persona i poteri di uno Stato. Per un esempio: sembra normale far passare un decreto sicurezza dove la chiusura dei porti e all’esclusiva volontà di un ministro dell’Interno?Negli ultimi vent’anni abbiamo avuto Presidenti della Repubblica che sono stati giocatori di attacco. Sergio Mattarella sta facendo l’arbitro, ma anche l’arbitro qualche volta fischia
Sono più i meriti di Salvini o gli errori dei pentastellati se adesso ci troviamo in questa posizione?
Il Movimento in questi mesi ha adempiuto al ruolo di maggiordomo alla corte di Salvini. Con l’aggravante di un epilogo cinico e impietosa da parte del leader della Lega. La legislatura andata in scena si potrebbe considerare una sorta di paratie stagne, cioè: ogni membro del governo innescava una legge senza interferenza dell’altro. Salvini di conseguenza è tuttora premiato per la sua assoggettabilità politica. La quale, senza dubbio, sarà ripresa con maggiore forza in un futuro governo con Salvini premier. Il Movimento, per riassumere, non ha fatto altro che il piedistallo dove far crescere la popolarità di Salvini.A margine di questa crisi di mezz’estate, Mattarella deve vestire gli abiti da arbitro o da giocatore?
Negli ultimi vent’anni abbiamo avuto Presidenti della Repubblica che sono stati giocatori di attacco. Sergio Mattarella sta facendo l’arbitro, ma anche l’arbitro qualche volta fischia. Mattarella è l’uomo giusto al momento giusto, ma la sua influenza non può intaccare troppo su un momento simile. Il quale, ripeto, dovrebbe avere un’esecuzione semplicissima: c’è una maggioranza alternativa? Questo è il momento che emerga. Il mio giudizio pessimo sul M5S mi permette comunque di confermare la necessità di un’alleanza in grado di arginare una deriva autoritaria.Perché, in fin dei conti, qualcuno dovrà pur sciogliere il nodo finanziario…
Per quanto riguarda l’Iva, la si può far slittare a dopo le elezioni. Mentre per la manovra c’è bisogno di un governo solido e al potere con una maggioranza, capace di produrre una legge coraggiosa e dinamica per il Paese. Per questo dovrebbe essere guidata dal Partito Democratico, che ha maggiore esperienza.E maggiori rapporti europei?
Non c’è dubbio che con Salvini si innescherebbe un ulteriore scontro con i vertici di Bruxelles. La linea intrapresa è quella di una curiosa vicinanza alla Russia di Putin: la posta in gioco non è tanto chi governa e chi non governa, ma la salvaguardia dei piedistalli che appartengono alla nostra storia: quello di essere europeisti e atlantici nella propria impostazione. Tutto questo è messo in dubbio. Se immaginiamo di scivolare verso un’area di influenza russa, ci dobbiamo rendere conto che l’obiettivo di essi è l’indebolimento della zona euro. La nostra instabilità, per capirci, è la loro forza.