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20 Agosto 2019

La grandeurIl buon vicinato conviene a tutti, ecco perché Macron cerca l’accordo con Putin

Massimo Nava

Il presidente francese approfitta del vuoto di leadership europea causato dalla Brexit e dal declino di Angela Merkel per affermare un ruolo guida della politica estera della Ue. L'incontro con Vladimir Putin è un messaggio per non isolare la Russia dal tavolo dei grandi

GERARD JULIEN / AFP / POOL

Nell’austero e impenetrabile forte Brégançon, dove i presidenti francesi passano le vacanze come i sovrani del passato, si sono incontrate due ambizioni. Non è detto che questo evento sia un nuovo inizio delle relazioni fra Europa e Russia, attualmente peggiori che in epoca sovietica, ma di sicuro Emmanuel Macron e Vladimir Putin hanno cominciato a disegnare un futuro possibile, una correzione di rotta, una “crepa” nel muro di silenzi e incomprensioni alzatosi dopo l’annessione della Crimea e le sanzioni commerciali. L’ambizione del presidente francese, che appare sempre più attento ai fondamentali del gaullismo, è di approfittare di un vuoto di leadership europea (a causa della Brexit e del declino di Angela Merkel) per affermare un ruolo guida della politica estera della Ue. Un gioco che gli riesce benissimo, come si è visto nel capitolo delle nomine nei posti chiave a Bruxelles.

Con la Brexit, la Francia resta il solo Paese europeo con un seggio al Consiglio di Sicurezza e la sola potenza nucleare. Sono cose che contano per affermare una volontà di iniziativa a tutto campo, come si è visto fin dall’inizio del mandato con l’invito speciale del presidente Trump a Parigi e sul dossier libico. Il fatto di ricevere Putin alla vigilia del G7 di Biarritz che Macron presiede è un messaggio più che simbolico: significa sottolineare che nonostante l’esclusione dal 2014 la Russia può e deve essere ancora partner dei Grandi. Ma, al di là del peso specifico della Francia, Macron vuole uscire da un’impasse che non conviene a nessuno e che rischia di allontanare sempre più la Russia dalla sfera europea, anziché riaffermare un ideale europeo da Lisbona a Vladivostok, dall’Atlantico agli Urali (secondo la visione di De Gaulle). Immagini evocate ieri da Macron. Il presidente ha anche citato Dostoevskij, per sottolineare un umanesimo e un orizzonte culturale comuni.

Il buon vicinato conviene a tutti, l’ostilità non conviene a nessuno, anche perché alimenta ingerenze e ritorsioni

All’ambizione si somma la necessità di ritrovare margini di dialogo sui dossier più scottanti: nucleare iraniano, conflitto in Ucraina, guerra in Siria. Dossier ben più importanti e delicati della distanza, questa si ancora enorme, sulla concezione della democrazia, dei diritti umani, delle regole di un’economia liberale, cui si sovrappongono i sospetti, più che giustificati, di ingerenza e sostegno a partiti e leader sovranisti, da Marine Le Pen a Matteo Salvini. Su questi punti non ci possono essere e non ci saranno sconti. L’ambizione di Putin è di uscire dall’isolamento imposto dalle sanzioni e di ricostruire un dialogo nella consapevolezza che nessun passo avanti sia possibile nelle principali aree di crisi senza il ruolo decisivo della Russia. In buona sostanza, dal fort Brégançon esce un richiamo al realismo, secondo lezione gaullista. Inutile in sostanza coltivare l’illusione di una democratizzazione rapida della Russia o peggio perseverare negli errori degli ultimi anni, quando si immaginò un allargamento indefinito della Nato ad Est, fino a provocare le crisi in Georgia e in Ucraina. Meglio ritrovare la strada pragmatica dei rapporti di forza convenzionali e del dialogo responsabile su alcune priorità: sicurezza, lotta al terrorismo islamista, cambiamenti climatici.

Il buon vicinato conviene a tutti, l’ostilità non conviene a nessuno, anche perché alimenta ingerenze e ritorsioni. Putin continuerà a pensare che, come ha dichiarato in una recente intervista, che l’idea liberale sia ormai obsoleta. La Francia e il mondo occidentale continueranno a protestare e a indignarsi per i pestaggi di manifestanti a Mosca e il potere assoluto di una ristretta cerchia di oligarchi sui gangli vitali dell’economia. Ma occorre uscire da una guerra di posizioni sterile e da quella che l’ex ministro degli esteri francese Hubert Vedrine ha definito un‘ “assurdità strategica” rispetto all’urgenza dei problemi: ossia lo stallo dei rapporti come al tempo della guerra fredda, prima che Reagan e Gorbaciov si assumessero la responsabilità e trovassero il coraggio di provare a discutere.

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