Non bastava il Tractatus Logicus-Philosophicus, del 1921, e nemmeno le postume Investigazioni filosofiche. L’opera forse più utile scritta dal filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein è un piccolo dizionario per scolari delle elementari. È la sua vera seconda opera: il titolo è Wörterbuch für Volksschulen, pensato con lo scopo di insegnare la scrittura corretta di alcune importanti parole di tedesco.
Quando nel 1926 il filosofo decise di abbandonare il lavoro di ricerca per cimentarsi nell’insegnamento in una piccola scuola di campagna, si trovò di fronte, per la prima volta, ad alcune realtà per lui mai immaginate. Ad esempio, per lui nato ricchissimo, fu del tutto inaspettato scoprire che i dizionari costassero tantissimo e molti ragazzini non potevano permetterseli. “Se riesco, scriverò io un piccolo dizionario per loro”. E lo fece.
In poche copie, nacque il suo Worterbuch, di 42 pagine. Comprendeva una serie di parole che facevano parte del lessico quotidiano dei suoi studenti, e relativo alla comunità in cui vivevano, al mondo da cui provenivano. È, anche questa, una dimostrazione del suo continuo interesse per la filosofia del linguaggio, in tutte le sue manifestazioni possibili. Ed è anche una fotografia del dialetto rurale austriaco, in tutte le sue specificità.
“Il mio obiettivo”, scriverà nella sua introduzione, “è di iniziare gli studenti all’ingresso nella loro comunità di utilizzatori del linguaggio”. Con tutte “le responsabilità” che questo comporta. Perché parlare è sempre un atto di sfida nei confronti della realtà.