Alessandro Di Battista, in India, dopo le europee, alla fine non ci è andato. Anzi, è rimasto in Italia, diviso tra il suo hobby per la falegnameria e la tastiera, a dire la sua sui social a quel popolo dei Cinque Stelle, che però sembra non ascoltarlo più. Batosta dopo batosta, è rimasto solo e ignorato dal cerchio magico grillino. Soprattutto dopo che i suoi amici pentastellati, Luigi Di Maio, Roberto Fico e Alfonso Bonafede, hanno preferito allearsi con i nemici “piddini” di sempre anziché andare a elezioni con lui.
Ma Dibba non ci sta. Scalpita, batte sui tasti. E alla vigilia del voto su Rousseau sul “patto civico per l’Umbria” (oggi dalle 10 alle 19) – che poi altro non è che la richiesta del via libera all’alleanza Pd-Cinque Stelle per le regionali – prova disperatamente a convincere la base, quella che era sua ma che sull’alleanza giallorossa ha già detto di sì, che quel matrimonio umbro «non s’ha da fare».
E lo fa con un lungo post su Facebook titolato “QUEL CHE PENSO”. Tutto in maiuscolo, alla Dibba maniera. Cosa pensa Di Battista, dunque? «Ho sempre reputato il PD il partito del sistema per eccellenza, quindi il più pericoloso», dice. «Il PD è un partito “globalista”, liberista, colluso con la grande imprenditoria marcia di questo Paese, responsabile (paradossalmente più della destra che ho sempre ugualmente contrastato) delle misure di macelleria sociale che hanno colpito i lavoratori italiani». E poi un elenco di accuse sulla svendita dei gioielli di Stato, il “regalo” delle autostrade ai Benetton, i bombardamenti in Libia, l’aumento dei flussi migratori, lo stop alla legge sul conflitto di interessi. Un elenco come a dire: “Guardate con chi vi siete messi e vi state mettendo pure in Umbria”.
Poi il “ve lo avevo detto io”. Dibba, a quanto pare, aveva previsto tutto. « Davvero tutto questo vi sorprende? Io capisco l’indignazione, ma lo stupore proprio no. Leggo in rete lamentele sulla scelta di ministri e sottosegretari. C’è chi ha avuto i brividi per Gentiloni commissario in Europa, chi per Franceschini alla cultura, chi per l’entrata nel governo delle varie Malpezzi, Ascani, Morani o dei vari Fiano o Scalfarotto. Perdonatemi ma chi pensavate che il PD avrebbe mai messo, Mandela, Kennedy, Allende? Leggo anche (ma sono sempre le solite fonti di palazzo Chigi che non si sa mai se siano vere) che il Premier sia rimasto allibito per la scelta di Renzi e che abbia pronunciato questa frase: “Me lo doveva dire prima, Renzi vuole solo potere e nomine”. Buongiorno Presidente!!!».
E ancora: «Tutto questo, credetemi, l’ho detto a tutti nelle ultime settimane esattamente come mesi fa dissi (venendo persino accusato di voler destabilizzare il Governo, ma ho chiarito con chi di dovere ed è acqua passata) che Salvini avrebbe fatto cadere il governo prima della votazione sul taglio dei parlamentari. Non ho la sfera di cristallo, semplicemente li conosco e oltretutto, forse, da fuori, si vedono le cose in modo più limpido».
Da fuori, appunto, Dibba continua a urlare al suo popolo che non c’è più. Con un elenco in otto punti titolato “NON VI FIDATE!”. Anche questo tutto in maiuscolo. E poi via ai motivi per cui non bisogna fidarsi del Pd, dei giornali, dell’Europa, di Christine Lagarde, delle notizie che arrivano dal Medio Oriente e pure dei “nuovi ambientalisti”. È il tempio dei nemici grillini di sempre, che Dibba prova a smuovere. Quelli che prima si insultavano dalle piazze. E che ormai, con il Movimento normalizzato, sono diventati gli alleati di governo o gli interlocutori con cui sedersi ai tavoli.
Di Battista invita a fidarsi solo del popolo, della base, contro quei palazzi del potere dove però ora siedono i suoi amici Luigi, Roberto, Alfonso. In una contrapposizione tra dentro e fuori che ricorda tanto il Matteo Salvini dopo la crisi agostana
Nel Pd, dice «Renzi ci ha lasciato dentro decine di “pali”». E i giornali «per la prima volta apparecchiano interviste più morbide. Il loro obiettivo è la “normalizzazione” del Movimento». E ancora: le parole «smielate» di Franceschini che vuol fare il presidente della Repubblica; le «false» aperture del Pd sulla revoca delle concessioni; l’Europa che in cambio di un po’ di flessibilità chiederà «all’Italia le ultime chiavi di casa rimaste»; della Lagarde, «chiedete ai disgraziati greci e argentini»; della informazione sul Medio Oriente; e dei “nuovi ambientalisti” che sono «i più sporchi».
Urla Di Battista, da fuori, con lo stesso linguaggio complottista, populista, terzomondista di sempre. Invitando a «mischiarsi» invece con chi cerca un letto in ospedale, con «i pensionati che rovistano», con i «ricercatori che fuggono». «Fidatevi di loro». Il popolo, la base, contro quei palazzi del potere. Dove però ora siedono i suoi amici Luigi, Roberto, Alfonso. In una contrapposizione tra dentro e fuori che ricorda tanto il Matteo Salvini dopo la crisi agostana. La differenza è che nei sondaggi Salvini è ancora – purtroppo – oltre il 30%. Di Battista è ormai fuori dai giochi. «Io, da fuori, farò le mie battaglie. Lo dico fin da subito. Non voglio destabilizzare nulla e nessuno, voglio solo esprimere le mie idee e sono sempre le stesse», scrive. Lui non cambia. Qualcuno nei commenti giustamente gli dice: «Smetti di scrivere e di fare il falegname e impegnati!».
Ma la sua unica tribuna politica, al momento, rimane la pagina Facebook. Avrebbe dovuto fare il battitore libero, si diceva. Le sue palle, ora, tra i Cinque Stelle non le prende più nessuno.