47,9%
È il valore del “cuneo fiscale” italiano, espressione con cui si indica, in modo generico, la somma delle imposte (sia dirette che indirette, sia i contributi previdenziali) che gravano sul costo complessivo del lavoro. Per la precisione, è l’indicatore percentuale che mette in rapporto questa stessa somma con il totale del costo del lavoro. Tradotto in italiano: è la differenza tra quanto costa un dipendente a un’azienda e quanto entra, alla fine, in tasca al dipendente stesso.
Secondo i dati OCSE questa differenza, cioè il cuneo fiscale medio per una persona singola e senza figli, arriva al 47,9% per l’Italia, ed è il terzo punteggio più alto. Prima di noi ci sono solo Belgio (52,67%) e Germania (49,5%). Ciò che rende la nostra situazione più preoccupante è il fatto che il cuneo fiscale di Francia, Belgio e Germania, negli ultimi anni, è diminuito. Mentre il nostro è aumentato. Per cui se il costo del lavoro medio italiano (dati Istat) è di 32.154 euro, al lavoratore ne arrivano 17.447.
Ma attenzione: al variare degli stipendi, varia anche il cuneo fiscale. Per le fasce più alte (quelli che guadagnano il 167% del lavoratore medio) il cuneo fiscale arriva a toccare il 54%, mentre scende al 40,92% per quelle più basse (che prendono il 67% di uno stipendio medio). Se si tratta di una coppia con figli (in cui guadagna solo un membro) il cuneo scende al 39,10. È più alto se il lavoratore ha un contratto a tempo indeterminato, 46,6%, più basso se è a tempo determinato, 41,7%. E chi è cittadino italiano (e ha in media paghe più alte) avrà un cuneo fiscale del 46%, mentre chi è straniero arriva al 41,9%. Al Nord è al 46,8%, al Centro 46,2% e al Sud 43,6%, mentre in generale gli uomini pagano il 46,8% di tasse e contributi, mentre le donne si arrestano al 44%.