È previsto per il 18 settembre a Roma l’incontro Macron-Conte. Il presidente francese sarà il primo leader europeo a fare visita al capo del nuovo governo, un gesto che conferma il sostegno al G7 di Biarritz, quando Macron aveva già fatto capire dietro le quinte che la svolta italiana era nelle aspettative di Parigi. Sul tavolo, importanti dossier in sospeso negli ultimi mesi, dalla Tav a Fincantieri, con un occhio di riguardo anche a Fiat-Renault, data la possibile ripresa del negoziato fra i colossi dell’auto. Ma è soprattutto il clima di rinnovata fiducia e amicizia che va sottolineato e che ha già fatto sbocciare un risultato concreto per l’Italia, la nomina di Paolo Gentiloni a commissario europeo. Non è una novità che Francia e Italia abbiano interessi politici ed economici comuni e storiche relazioni culturali. Così come non è una novità che screzi, dispetti e pregiudizi facciano parte – ieri, come l’altro ieri – della storia di un rapporto complesso, come a volte succede fra vecchi coniugi. Il problema è tenere la barra sull’interesse comune e smorzare i motivi di dissenso, anziché fare il contrario, come purtroppo è recentemente avvenuto, anche perché chi ha tutto da perdere è proprio l’Italia. Ed è questo lo spirito dell’incontro, che sotterra gli incidenti dei mesi scorsi, quando l’attuale ministro degli esteri, Luigi Di Maio, solidarizzava a Parigi con i gilet gialli assieme al compare populista Di Battista, o quando la Tav, per l’opposizione del M5S e i ricatti nel governo Conte 1, sembrava in pericolo.
Salvini ha probabilmente ragione quando sostiene che il Contebis è stato voluto anche da Macron (e dalla Merkel) e perché no anche da Trump, con quel suo “Forza Giuseppi” e la non trascurabile decisione di fare cadere le teste dei più duri consiglieri sovranisti
Matteo Salvini ha probabilmente ragione quando sostiene che il Contebis è stato voluto anche da Macron (e dalla Merkel) e perché no anche da Trump, con quel suo “Forza Giuseppi” e la non trascurabile decisione di fare cadere le teste dei più duri consiglieri sovranisti, tanto amici di Salvini e di Marine Le Pen. E fa della facile ironia parlando di coerenza politica rispetto all’improvviso cambio di alleanze e rispetto allo sfoggio di amicizia fra Di Maio e il suo omologo Le Drian. Ma Salvini non ha capito che la diplomazia, la politica estera, gli interessi strategici, commerciali e militari si misurano nel tempo e in un quadro di alleanze e non con il metro dell’opinione pubblica interna, solleticando pregiudizi e luoghi comuni come al bar, del genere scozzesi tirchi, tedeschi ordinati e francesi, ovviamente, sciovinisti e arroganti. Semplicemente, non ha capito che – al di là di divergenze che tutt’ora esistono e che probabilmente apriranno altri contenziosi (primo fra tutti, il dossier libico) – Francia e Italia hanno il comune interesse a rivedere il patto di stabilità, a convincere la Germania a una politica degli investimenti pubblici più espansiva, a rivedere il trattato di Dublino sull’immigrazione, a rilanciare un modello europeo di giustizia sociale e riformista dopo lo scampato pericolo delle elezioni europee che hanno visto la sconfitta dei populisti. Se è vero che in questo momento l’economia francese gode di buona salute, è anche vero che il debito dello Stato continua a crescere e anche Parigi ha urgenza di rivedere il Patto di Stabilità. Il vantaggio della Francia, su cui non si riflette mai abbastanza, è la stabilità politica, sorretta dal sistema istituzionale che vede nell’Eliseo il centro delle decisioni.
Un’Italia isolata, ridotta a paria politico e a problema finanziario europeo, danneggia pesantemente gli italiani e non serve agli europei. Così come è altrettanto ovvio che i sorrisi e le strette di mano di Macron non rappresentano una benevola conversione dei francesi
È ovvio che un’Italia isolata, ridotta a paria politico e a problema finanziario europeo, danneggia pesantemente gli italiani e non serve agli europei. Così come è altrettanto ovvio che i sorrisi e le strette di mano di Macron non rappresentano un‘ improvvisa e benevola conversione dei francesi, ma corrispondono anche all’interesse di Parigi. L’Europa di oggi vede in primo luogo la quasi certa e rovinosa uscita della Gran Bretagna, il declino politico di Angela Merkel, in contemporanea con la recessione dell’economia tedesca e, fino a ieri, l’isolamento populista e l’indebolimento economico dell’Italia. Macron ha abilmente approfittato di un vacuum, assumendo con successo il ruolo di playmaker nelle nomine al vertice dell’Unione dopo le elezioni, ricucendo un rapporto con gli Stati Uniti (anche perché lo stesso Trump sembra avere capito che un’Europa divisa e sovranista finirebbe nelle braccia di Putin) e costruendo un ruolo guida della Francia -, dopo Brexit, unico Paese al Consiglio di Sicurezza, unica potenza nucleare europea – in Europa. Macron ha riaperto il dossier iraniano e ha platealmente rilanciato il rapporto con la Russia di Putin, in buona sostanza chiudendo gli occhi sulle questioni di democrazia interna. È una strategia a tutto campo che, culturalmente, appartiene a una tradizione gaullista della Francia (“l’Europa dall’Atlantico agli Urali”) di cui Macron si sta facendo interprete. Macron e la Francia se lo possono permettere. L’Italia – altra cosa che Salvini non ha capito – può continuare ad avere ottime relazioni, anche economiche, con Mosca, senza tuttavia dare adito a oscure operazioni, peraltro maldestre e subito scoperte. Ma forse, nel rapporto di Macron con Conte, c’è anche altro. La metamorfosi politica del M5S si sovrappone a una dimensione sociologica del grillismo non molto lontana dalla genesi e dalla crescita di En Marche, il movimento che a portato Macron all’Eliseo, sbocciato sulla crisi dei partiti, sul crollo degli steccati a destra e a sinistra, sulla formazione del consenso online, sulla valorizzazione dei giovani e dei neofiti. La differenza non da poco è che il M5S si è alleato con la destra xenofoba e sovranista, mentre in Francia il verbo sovranista e antisistema di Marine Le Pen è respinto e condannato. Per Macron è persino un vantaggio, una sorta di riserva di voti, dato che nessuno, in Francia, farà alleanze con Marine Le Pen. Per il M5S l’abbraccio con Salvini è stato mortale: voti dimezzati e identità devastata.