“Io non accetto il ‘sistema’ che regola la musica italiana, non ne accetto le pastette, gli intrallazzi discografici, la pubblicità, gli scandali e scandaletti studiati a tavolino. Mi sono bastate quelle poche manifestazioni a cui presi parte anni fa, per capire in che razza di fossa dei serpenti rischiavo di finire. Quindi, ho chiuso”.
Chi l’ha conosciuto, frequentato, per lavoro, o in privato, e ancora oggi dice, petulante, che non si sa perché a un certo punto Lucio Battisti abbia smesso di apparire, di esserci, se non attraverso la sua musica, sappi che costui o è un tonto, o un insensibile, o un irrecuperabile ottuso. Infatti: se c’era un uomo che parlava senza fronzoli, giri di parole, ambiguità, era Lucio Battisti. Fin troppe, ne ha dette, specie contro i giornalisti della carta stampata, i quali, armati di penna e taccuino, a parere di Lucio scrivevano quel che cavolo pareva a loro e che, per vendere copie, cercavano lo scandalo ovunque, o inventandoselo. Battisti ammetteva di essere caduto nella loro trappola più volte, e però la sua chiusura totale con il mondo dei media avviene nel 1979, prima è parziale, Battisti si fida ancora delle dirette radio, ma parla pure ai giornali, poche e selezionate interviste in cui si svela per quello che è, un uomo il più possibile estraneo ai canoni di pensiero dominanti, dalla personalità prorompente, ma anche pensoso, divoratore di libri di scienza e di fumetti, fumettista egli stesso, non attento alle mode ma di esse anticipatore e nello stile musicale e di comportamento e di vestiario, e soprattutto, ma soprattutto: un antistar che vuole vivere per i fatti suoi.