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Sono le raffinerie di petrolio attive in Italia. Quelle rimaste, si può dire, operative delle 16 di sette anni fa: dal 2009 a oggi, a causa della capacità produttiva installata in eccesso, è risultato necessario chiudere e dismettere impianti su tutta la penisola. Gli oltre cento milioni di tonnellate annue del 2012 (troppe) hanno dovuto adeguarsi al mercato e scendere a quota 80 milioni.
Resta attiva la Sarpom di Trecate (provincia di Novara), della ExxonMobil / Esso Italiana, in funzione dal 1952, in mezzo al triagolo industriale Milano-Torino-Genova e si occupa del riforrnimento di carburanti dell’area padana. La sua capacità produttiva autorizzata, come risulta dal sito, è di nove milioni di tonnellate annue.
Poco distante c’è quella di Sannazzaro de’ Burgondi, in provincia di Pavia, dell’Eni. In funzione dal 1963 e oggi in grado di produrre 10 milioni di tonnellate annue. Occupa un’area di circa 320 ettari. È salita alla ribalta delle cronache per l’esplosione (senza feriti, per fortuna) che ha interessato il suo impianto. L’allarme è rientrato presto.
Sempre al nord si trova l’impianto di Busalla, in provincia di Genova, di proprietà della Iplom. Nasce nel 1943, ha una capacità produttiva massima di quasi due milioni di tonnellate all’anno, è specializzata in bitume, gasolio e olio combustibile.
Scendendo in Toscana, c’è la raffineria Eni di Livorno, chiamata anche Stanic (fusione di Stagno, nome del comune, e Anic, la società di Eni specializzata nella raffinazione), fondata nel 1973 con una produzione di 84mila barili al giorno, cioè 4,2 milioni di tonnellate per anno. Per l’impianto è prevista una riconversione in senso ecologico, con la trasformazione da raffineria a centrale di trasformazione di plastiche dure in biometanolo.
Sul versante adriatico si trova lo storico ma non grande impianto di Ravenna, gestito da Alma Petroli, in grado di produrre mezzo milione di tonnellate annue, e quella di Falconara Marittima, in provincia di Ancona, nato nel 1933 controllato al 99% da Api. L’impianto ha una capacità di lavorazione di quasi quattro milioni di tonnellate all’anno (85mila barili al giorno) e una capacità di stoccaggio di 1,5 milioni di tonnellate.
Taranto è, invece, il polo pugliese di Eni, presente nella città dal 1964. La raffineria, operativa dal 1967, ha una capacità di lavorazione di 6,5 milioni di tonnellate all’anno (40 milioni di barili). Come si ricorda qui, in base alle direttive Seveso la raffineria pugliese è classificata come stabilimento a rischio incidente rilevante.
Isole: in Sicilia il polo industriale siracusano (che si estende lungo i comuni di Augusta, Priolo Gargallo e Melilli), comprende due raffinerie, gestite dall’algerina Sonatrach (dopo l’acquisto avvenuto nel 2018), con una capacità di 10 milioni di tonnellate per anno, e dai russi di Lukoil, con 16 milioni di tonnellate annue.
A Milazzo (Messina) la raffineria costruita negli anni ’60 e di proprietà al 50% di Eni e di Kuwait Petroleum Italia, ha una capacità tecnica di 10 tonnellate annue, mentre il centro di Sarroch (Cagliari), di proprietà della Saras, raggiunge le 15 tonnellate.
(Le altre raffinerie, come quella di Porto Marghera (Venezia), prima di tutte e Gela (Caltanissetta) negli anni più recenti hanno cominciato un processo di conversione in bioraffinerie, in grado di trasformare materie prime di origine biologica in biocarburanti di alta qualità. Con maggior rispetto per l’ambiente).