ColumnSettembre, un mese di canzoni che hanno provato a ucciderci

Brunori, Paradiso, Marrone, Ferro, Gazzelle, i singoli dei cantautori italiani ci hanno messo davanti all’incontrovertibilità del vivere nel rimpianto, perché tanto non torna mai nessuno. Un mese di testi dalle ascese velocissime, ma che per fortuna è finito

Non abbiate paura, italiani, questo settembre di lacrime, sangue, unioni imprevedibili, ascese velocissime e canzoni che hanno provato ad ucciderci è finito. Meno male. Lo abbiamo aspettato come s’aspetta ogni settembre, convinti che sarebbe tornato l’amore, che avremmo avuto più energie, che l’abbronzatura avrebbe retto, che saremmo andati ancora al mare, che i tramonti non si sarebbero ritirati prima dell’ora di cena, che avremmo ricevuto delle scuse, che ci avrebbero richiamati quelli che da maggio in poi ci avevano liquidati e rimandati alla riapertura delle scuole. E poi è arrivato, con il suo amaranto, le sue speranze senza fregola, la mitezza, il freschetto, il rosato, e prima ancora che potesse disilluderci e ferirci e rivelarsi per l’ennesima volta il capodanno delle aspettative tradite, che è parecchio più doloroso di quello delle buone intenzioni (Bridget Jones ci ha insegnato che la vera emancipazione sta nel mandare all’aria i piani di gennaio), il cantautorato italiano ci ha messi davanti all’incontrovertibilità del vivere nel rimpianto, perché tanto non torna mai nessuno, non richiamano né gli ex né quelli che a maggio avrebbero moltissimo voluto farci un contratto ma siccome era quasi giugno hanno detto che sarebbe stato meglio riparlarne a settembre, l’abbronzatura va via a macchie e per settimane sembriamo malati di vitiligine, e allora tanto vale indurirsi, diventare inflessibili, dire basta, fine, via tutti, pure quelli che ti dicono che sei bella.

Emma Marrone ha aperto il Sanremo del nostro scontento, questo settembre 2019, con una canzone sull’auto amore (non auto sesso, state buoni) che è anche un incitamento all’odio per chi s’azzarda a dirti che sei carina e a chi si permette di provare a rimanerti accanto – “Se vuoi restare va bene basta che poi tu sparisca”. E noi zitte e mute, quel giorno c’era anche la finale di Miss Italia, e l’abbiamo guardata vergognandoci più del solito e pensando a quanto sarà faticoso dover rinunciare pure all’uomo che ci dice che siamo belle – certo, mai quanto è stato faticoso rinunciare a quello che ci pagava la cena. Addio, gentilezza. Che cosa ipocrita, no?

Dopodiché è arrivato Brunori Sas con “Al di là dell’amore”, uno dei suoi pezzi più belli e più intensi, persino più schietto e più chirurgico di quella radiografia della guittezza millennial che era “La Verità”. Inizia così: “Questi parlano come mangiano e infatti mangiano molto male, sono convinti che basti un tutorial per costruire un’astronave”, che sempre una radiografia è, ma più che del millennial di tutti quanti, e addio alle residuali speranze sul genere umano che comunque a settembre ci ostiniamo sempre mantenere. Però Brunori canta pure che ce la possiamo fare, dai, se ci mettiamo a camminare, smettiamo di gridare, raccontiamo il mondo con parole nuove, e difendiamo chi amiamo al di là dell’amore. Al di là dell’amore, chissà cosa ci sarà, se il poliamore o l’amicizia, se quattro matrimoni in uno e mai nessun funerale o l’eremitaggio a vita o l’accoppiamento con gli animali marini. Al di là dell’amore, ma come, accidenti, noi eravamo qui a sperare che si potesse rimanere al di qua, e invece niente, addio pure a questo, impariamo ad andare incontro all’altro e salvarlo e medicarlo e sopportarlo animati da un sentimento diverso, magari migliore, magari ancora da inventare – e però che fatica.

A Matteo Renzi è piaciuta tanto la nuova canzone di Tommaso Paradiso, la prima dopo la scissione dai The Giornalisti

Il 20 settembre arriva Tiziano Ferro e noi ce ne accorgiamo perché veniamo svegliati da messaggi d’odio di uno o più ex, o di amiche ubriache alle sette e mezza del mattino – «ma hai sentito la nuova di Tiziano»? – , o di amici neo sposini che però ascoltandola si sono pentiti di aver detto sì per sempre, e insomma un paio di generazioni a cui è stato cantato che quel dolorino che si sente ogni tanto dietro la schiena non è postura sbagliata ma l’amore della propria vita lasciato andare per futili motivi e tuttavia guai ad andarselo a riprendere. Noi lì ad aspettare – vedrai che richiama, che torna, l’ho lasciato in pace tutta l’estate – e Tiziano a dirci no, non tornerà, perché ti odia, perché tu non hai mai avuto lui e lui non ha mai avuto te, e se non ti cancella non è perché ti ama ma soltanto perché ha “bisogno di rimanerti in testa il tempo di sfatare il sogno” e però non preoccuparti, ti riprenderai, tu vivrai perché “nasce dal colore di una rosa appassita un’altra vita”. E noi che volevamo ricominciare da un bouquet.

Ma settembre, mettiamocelo in testa una buona volta per tutte, “è un mese di merda per ricominciare”, lo dice Gazzelle nella sua ultima canzone, che è uscita ieri e ci ha frantumato il residuo di cuore che ci rimaneva. Diciamo addio al settembre dei sospiri, anche se non abbiamo sospirato neanche un po’, ma soltanto tirato su di naso, starnutito (il clima che cambia, uh), sbuffato, soffiato. Desiderare è meglio di avere, Gazzelle ha ragione, e il motivo per cui settembre è sempre così bello e però pure così terribile è che ogni anno ci fotte, c’illude che avremo, e invece no, non avremo mai più indietro quello che abbiamo perduto, le scissioni non si ricompongono ed è inutile farne un dramma, non bisogna avere paura.

Desiderare è meglio di avere, Gazzelle ha ragione, e il motivo per cui settembre è sempre così bello e però pure così terribile è che ogni anno ci fotte

A Matteo Renzi è piaciuta tanto la nuova canzone di Tommaso Paradiso, la prima dopo la scissione dai The Giornalisti. Ha scritto che è veramente bella. Non è vero, naturalmente. È una canzone orrenda, e non c’è discrezionalità del gusto che tenga: è proprio orrenda. Ma ha avuto ragione a scriverlo, lui sa che ce la stiamo facendo sotto e quindi abbiamo bisogno di uno sprone di un ex adolescente molto ricco e sensibile che scrive una canzone che si chiama “Non avere paura” e fa così: “Non avere paura, quando a un tratto si fa buio, e la luna non è accesa, e vorresti una parola ma hai solo un rossetto, mi prenderò cura io di te”.
Non ci diranno più che siamo belle, forse, e non torneranno mai più ad aprirci la portiera e offrirci la cena (a meno che non siano nati sotto Eboli), e però forse, magari anche grazie a questa orribile canzone che comincia con il rumore che fa un uomo quando indossa una mutanda contenitiva, si prenderanno cura di noi, almeno per tutto ottobre, almeno fintanto che non ci saremo riprese da questo settembre di crudezze, divorzi, abbandoni, scissioni, addii su Instagram, matrimoni degli altri, battesimi dei figli degli altri, governi di scopa. È settembre, primavera verrà.

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