C’è un motivo se molti odiano Chiara Ferragni, non sopportano le trecce di Greta Thunberg e notano se Carola Rackete non porta il reggiseno. Perché fin da piccoli abbiamo ascoltato miti, letto favole, guardato cartoni e serie tv dove le donne che non stanno al loro posto fanno una brutta fine. Da Malefica della Bella addormentata nel bosco a Medea del mito greco. Da Daenerys Targaryen del Trono di Spade alla fata Morgana del ciclo di Re Artù, le donne che non si comportano da brava bambina, moglie o madre rimangono sole, vengono uccise o diventano pazze.
«Per molti essere donna significa non alzare la voce, non ribellarsi. Obbedire al padre, al marito, alla società. Per secoli la cultura ha mostrato disprezzo per le donne che non si adeguano a questo standard», spiega la filosofa divulgatrice Maura Gancitano che con il collega Andrea Colamedici ha scritto “Liberati della brava bambina” (HarperCollins): otto storie di eroine per capire come modelli di donne forti sono sempre stati ridotti al silenzio. «In Italia le donne vengono criticate qualunque cosa facciano. Se sei intellettuale, ti criticano perché sei una maestrina. Se ti occupi di moda ti criticano perché sei troppo superficiale, se sei brutta ti criticano perché sei brutta e se sei bella ti criticano perché sei troppo bella».
“Ti tirano le pietre”, diceva una canzone degli anni Sessanta. Davvero l’Italia non è un Paese per donne indipendenti?
Pensate a Chiara Ferragni. Da anni sta dimostrando che si può essere donna in un modo diverso rispetto al modello di moglie remissiva e sottomessa al marito a cui siamo stati abituati. È una imprenditrice di successo e sicura di sé. Ha avuto un figlio, si è sposata ma questo non ha cambiato di una virgola la sua quotidianità.
Perché sta antipatica?
Perché non si nasconde e mostra con orgoglio una vita di coppia che agli italiani sembra strana. Non sono abituati a una moglie più famosa del marito, non sottomessa. Dalle storie di Instagram sembra addirittura che sia più Fedez a stare con il figlio. Lui non cerca di sopraffarla, di rubarle spazio. Quando la vediamo il primo sentimento è il fastidio perché è visibile e non nasconde la sua felicità. Il fatto che una donna così giovane sia riconosciuta a livello mondiale con un lavoro che ancora oggi non viene considerato un lavoro è fuori dagli schemi dell’italiano medio.
Anche Greta non si adegua ai nostri schemi mentali?
Greta Thunberg è stata presa in giro perché non ride mai, perché ha lo sguardo sempre arrabbiato e ha la sindrome di Asperger, cioè si sottolinea il fatto che non è una bambina normale. Alcuni commentatori l’hanno criticata dicendo che dovrebbe stare a scuola a fare il suo dovere, come tutte le ragazzine della sua età, invece di girare il mondo per sensibilizzare sulle conseguenze del cambiamento climatico. Dà fastidio perché tutti pensiamo che le donne debbano essere controllabili e fare cose approvate dal senso comune. Se tu hai 16 anni devi andare per forza a scuola. Ma allora tutti i ragazzi che a 16 anni lasciano gli studi per giocare a calcio? Perché loro sono considerati degli eroi moderni, mentre Greta no? Ma c’è un altro aspetto più subdolo.
Quale?
Fin da subito molti commentatori hanno provato fastidio e disprezzo per la “rompicoglioni” Greta. E solo in un secondo momento hanno cercato le ragioni per screditarla. A istinto Greta dà fastidio perché è strana rispetto all’immagine che ci è stata inculcata di come dovrebbe essere una bambina. È un meccanismo neurocognitivo.
Siccome è svedese, alcuni l’hanno paragonata a Pippi Calzelunghe.
Non è un caso. Pippi Calzelunghe è un personaggio rivoluzionario, il contrario della tipica principessa Disney col vestito bellissimo che non si può sporcare. Pippi si arrampica sugli alberi, parla con gli adulti senza filtri, ha una forza sovrumana. Quel personaggio ha rotto lo stereotipo. Ha dato un altro punto di riferimento per le bambine svedesi e di tutto il mondo. Non dobbiamo sottovalutare la forza di un mito, un libro o un film sulle menti delle bambine.
E noi che punti di riferimenti abbiamo avuto?
Partiamo da mito dove ci sono molte figure femminili congelate in uno stereotipo: Elena di Sparta vista come una donna libertina, Medea come una madre assassina, Era la moglie petulante di Zeus. Ma in realtà se andiamo a vedere le storie originali ci accorgiamo che invece quelle donne possono essere dei riferimenti per le ragazze di domani.
Ma non si dice Elena di Troia?
Appunto. Elena viene chiamata di Troia, ma era regina di Sparta. Le è stata data la colpa di aver causato una guerra perché era troppo bella, e quindi stupida e libertina per definizione. È considerata proprietà del marito Menelao e non può essere responsabile di ciò che fa, ma allo stesso è colpevole di tutto ciò che le accade. Elena però non si lascia influenzare da ciò che è giusto fare, e con le sue scelte smette di considerarsi proprietà di qualcuno. Noi donne ci adeguiamo a degli standard: cerchiamo di condurre una vita perfetta o ne costruiamo una parallela, solo per farci approvare dall’esterno. Elena insegna che bisogna costruire una vita autentica anche se imperfetta, perché dobbiamo essere in armonia con ciò che siamo.
Fin da subito molti commentatori hanno provato fastidio e disprezzo per la “rompicoglioni” Greta. E solo in un secondo momento hanno cercato le ragioni per screditarla
Perché siamo così maschilisti?
Perché siamo stati educati così. Dalla famiglia alla scuola. Ci sono libri alle elementari dove si dice: “Il papà lavora, la mamma stira”. È un problema soprattutto italiano. All’estero cose considerate normali da noi come il catcalling, ovvero il fischiare le donne per strada, non si fanno. Tutte le donne volitive, testarde o che fanno lavori considerati maschili, sono criticate. Mentre le stesse caratteristiche sono considerate positive per gli uomini. Se poi il loro corpo e la loro immagine non si adegua agli standard è ancora peggio.Molti hanno criticato la voce di Alexandria Ocasio-Cortez, la considerano troppo “squillante”.
Non solo la voce. Dicono che sia manovrata da qualcun altro perché una ragazza così bella non può essere anche preparata. Quando si presenta alle sedute del Congresso, spesso la stampa si concentra sul suo rossetto acceso o sugli orecchini appariscenti che indossa. Osserviamo il corpo della donna in modo morboso e non facciamo così per l’uomo. Basti pensare a quello che è stato detto dei capezzoli Carola Rackete o le facce di Hillary Clinton.Per la Clinton c’erano anche altri problemi.
Certo, è un personaggio controverso. Ma viene criticata a prescindere solo perché è donna, come tutte quelle che fanno politica. Ci sono centinaia di meme sulla faccia infuriata di Hillary Clinton con gli occhi strabuzzati. La stessa faccia infuriata di un uomo non fa lo stesso effetto. Perché il pensiero comune è che se una donna è arrabbiata vuol dire che è cattiva, mentre se un uomo è arrabbiato vuol dire che prende a cuore la situazione. Poi Clinton non ha mai dimostrato di essere così diversa dagli uomini nel desiderare il potere.Non succede solo a donne vere. Anche Daenerys Targaryen, una delle protagoniste del trono di Spade è stata attaccata dai fan nell’ultima stagione perché diventa troppo ossessionata dal potere.
Nel libro parliamo anche di lei. È l’archetipo della donna carismatica che supera i propri limiti. Afferma se stessa e non ha paura di essere simile agli uomini, di avere i loro stessi desideri e di seguire le loro norme di vita. Nei libri e nella serie prima dice di voler essere diversa e distruggere il sistema. Poi però non sa proporre un’alternativa e finisce per desiderare il potere come tutti gli uomini. Quindi cambiare le cose non significa semplicemente mettere le quote rosa, ma cambiare il modo in cui intendiamo i rapporti sociali e lavorativi. Non dobbiamo pensare solo al soffitto di cristallo da rompere. Il problema però sono spesso anche le donne.Cioè?
Spesso donne di diverse generazioni entrano in competizione tra loro. Alcune più anziane pensano che se una ragazza più giovane fa qualcosa fuori dagli schemi tradizionali che loro non hanno mai fatto, allora sta facendo un torto. Per questo alcune colleghe più anziane si comportano come Malefica con Aurora della Bella addormentata nel bosco. E da “streghe cattive” ostacolano le colleghe più giovani, non dando a loro spazio.Negli ultimi anni c’è stato molto spazio per i personaggi femminili nella cultura pop. “Storie della buonanotte per bambine ribelli” è stato al primo posto tra i libri più venduti in Italia per molti mesi.
E per fortuna. La società è formata da donne molto più complesse di quelle che sono state rappresentate in questi secoli. I corpi sono molto più complessi di quelli che abbiamo visto in tv o al cinema. Ci sono stati dei cambiamenti negli ultimi tempi. A partire dalla Disney che ha iniziato a produrre film con ragazze fuori dagli stereotipi. Penso a “Ribelle” o “Frozen“. Per fortuna non ci sono più quelle principesse che non fanno niente e aspettano solo l’arrivo del principe azzurro. Anche nelle serie tv ci sono personaggi femminili più sfaccettati, come in Fleabag, per dirne una. E non è una moda. Ci siamo stufati di donne piatte che aspettano solo di sposarsi. In Italia però si va ancora a rilento.Perché?
La mentalità. Per cambiare le cose ci vuole tempo. Ora siamo in una fase di passaggio. C’è una fetta importante di popolazione che ha una cultura più inclusiva e meno legata agli stereotipi. Però c’è una larga parte di popolazione che rimane ancora più abbarbicato a quegli stereotipi, ha paura di perdere i riferimeni con cui è cresciuta. Qualcuno ha paura che se non si insegna a suo figlio quali sono i colori maschili e femminili, poi crescerà confuso.A proposito di ragazzi, nel libro parlate del “complesso di Filippo”. Di cosa si tratta?
Filippo è il personaggio maschile della Bella addormentata nel bosco. Nel recente film Disney Maleficient, che racconta la storia dal punto di vista della strega “cattiva”, vediamo due figure maschili. Re Stefano che è disposto a ferire la donna che ama pur di ottenere un posto di riguardo nella sua società. Dall’altro c’è il principe Filippo che non vuole tutto questo, ma non agisce per cambiare le cose. Ecco, molti uomini di oggi hanno la sindrome di Filippo: non vogliono aderire al modello di maschio alfa che non deve chiedere mai, che non ascolta le emozioni. Però non esiste un altro modello di riferimento e per questo sono in una fase di transizione dal patriarcato all’ignoto. Si sentono molto vulnerabili e rischiano di essere feriti dalle donne che non li capiscono.