Nonostante i giornali e le trasmissioni tv ieri siano state dominate dalla politica estera e dalla notizia del ritiro delle truppe Usa in Siria, l’indagine per l’impeachment di Trump è andata avanti.
La notizia bomba (almeno per dieci minuti)
La sgancia la AP News: la scorsa primavera, mentre Rudy Giuliani cercava di convincere i funzionari ucraini a indagare su uno dei principali rivali politici di Donald Trump, anche un gruppo di donatori repubblicani e uomini d’affari con legami con il presidente e il suo avvocato personale erano attivi in Ucraina. Cercavano di inserire alcuni loro protetti nel management della compagnia di gas nazionale ucraina allo scopo, poi, di ottenere contratti vantaggiosi per compagnie legate a Trump. In parole semplici: stavano facendo quello di cui Trump accusa Biden e per il quale ha chiesto al presidente ucraino di indagarlo.
A che punto è l’indagine
La presenza di un secondo whistleblower con conoscenza diretta della telefonata del 25 luglio tra Trump e il presidente ucraino Volodymr Zelensky è ormai certa. Pur di proteggere la sua identità, i membri delle tre commissioni che indagano sull’impeachment si sono detti disposti ad adottare misure straordinarie come farlo testimoniare da una località remota con volto nascosto e voce alterata.
George Kent, assistente del Segretario di stato nel Bureau europeo ed eurasiatico, non è comparso per una deposizione davanti alle tre commissioni in programma lunedì mattina. La scorsa settimana, il segretario di Stato Mike Pompeo si è lamentato dei tempi delle deposizioni pianificate, dicendo che i Democratici della Camera non stavano dando loro il tempo necessario per prepararsi.
Martedì è prevista l’udienza di Gordon Sondland, l’ambasciatore degli Stati Uniti presso l’Unione Europea che è diventato una figura centrale nella storia: in una serie di messaggi di testo tra lui, Bill Taylor, diplomatico americano in Ucraina, e Kurt Volker, ex inviato della Casa Bianca in Ucraina (si è dimesso il 27 settembre) si leggeva: «Penso sia folle trattenere l’aiuto militare per un aiuto a una campagna politica». Sondland nega però la presenza del quid pro quo, ovvero che Trump abbia volutamente congelato l’aiuto militare all’Ucraina e abbia usato questo fatto come materiale di scambio per ottenere l’apertura dell’indagine su Biden padre e figlio.
Venerdì sarà ascoltata Marie Yovanovitch, l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina. Yovanovitch su richiamata e di fatto licenziata da Trump a maggio, una mossa che ora pare sospetta. Secondo il Wall Street Journal l’ambasciatrice fu richiamata dopo mesi di poteste da parte di Rudy Giuliani, avvocato personale di Trump, perché «lo stava minando all’estero e stava ostacolando gli sforzi per convincere Kiev a indagare sull’ex vicepresidente Joe Biden».
I tre presidenti delle tre commissioni d’indagine hanno firmato una citazione a comparire al Segretario della Difesa e a Mark T. Esper e a Russell Vought, direttore dell’ufficio management e Budget.
Pelosi contro Trump, atto ennesimo
Andando avanti l’indagine per l’impeachment, va avanti e diventa ogni giorno più agguerrita la lotta a distanza fatta di dichiarazioni tra la Speaker of the House Nancy Pelosi e il Presidente Trump. Lunedì mattina Trump con un tweet aveva affermato che è Pelosi che, aprendo l’indagine contro di lui, si è macchiata di “alti crimini” e che quindi quella ad essere impeached dovrebbe essere lei. Nel pomeriggio Pelosi ha risposto prima twittando un articolo del Washington Post in cui si sottolinea come i padri fondatori e la prima generazione di politici Usa avessero ben chiaro il pericolo di avere influenze straniere nel processo democratico (“Pelosi ha ragione”, dice l’autore dell’articolo). Poi, nel pomeriggio, in una mail mandata ai donatori, Pelosi è tornata sugli attacchi di Trump utilizzandoli come mezzo per richiedere donazioni per il Partito Democratico: «A tarda notte, il presidente Trump ha usato Twitter per vomitare attacchi personali contro di me. Beh, ho una novità per lui: tutto ciò mi rende più determinata che mai nel continuare a combattere per rivelare la verità sui suoi abusi di potere. Ho bisogno del tuo aiuto. I democratici devono unirsi per opporsi al presidente Trump e proteggere la nostra maggioranza».
Opinioni
Tucker Carlson, figura di spicco di FoxNews, ha scritto un editorialeinsieme al co-fondatore e editore del Daily Caller Neil Patel nel quale i due criticano il Presidente: «Donald Trump non avrebbe dovuto essere al telefono con un capo di stato straniero e incoraggiarlo ad indagare sul suo avversario politico, Joe Biden. Alcuni repubblicani ci stanno provando, ma non c’è modo di farla sembrare una buona idea».
Colin Powell, repubblicano, ex generale ora in pensione che ha servito sotto tre presidenti, e ex Segretario di Stato di Bush figlio, ospite della CNN ha criticato i componenti del partito repubblicano per il loro silenzio su Trump: «Si stanno trattenendo perché sono terrorizzati da ciò che gli accadrà se parlano. Quando vedono cose che non sono giuste, devono invece parlare, perché la nostra politica estera è in rovina in questo momento».
Sul Los Angeles Times Kathryn Olmsted mette a confronto l’impeachment di Nixon nel 1974 con quello di Trump arrivando alla conclusione che oggi il compito che spetta ai democratici è più arduo: Nixon nascondeva i suoi crimini e ha cercato fino all’ultimo di mantenere l’immagine di statista intatta, crollata solo dopo l’uscita delle registrazioni. Che Trump sia di moralità dubbia è cosa nota. E a molti suoi elettori non importa. «Gli avversari di Nixon dovevano produrre prove che rivelassero il vero Nixon. I critici del presidente oggi hanno una sfida più grande: convincere abbastanza elettori che il vero signor Trump – che già conosciamo – è un criminale che vale la pena rimuovere dall’incarico».