Economia sfericaL’Italia ha dimenticato i giovani. Ecco perché serve tornare a investire nell’istruzione

La competizione sta uccidendo le relazioni tra gli esseri umani. Solo un approccio competitivo può aiutare a costruire una nuova etica laica nella società, partendo dai banchi di scuola

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Un nuovo trend che sta emergendo nel mercato degli investimenti, è quello dedicato all’istruzione. Notando la particolare attenzione degli investitori verso questo settore, molti asset manager hanno iniziato a puntare su di esso e quindi ad affollare l’offerta di prodotti proprio all’istruzione dedicati. Perché? Per via del fatto che è un settore le cui prospettive raccontano molto e molto hanno da dare in termini di opportunità di guadagno. Globalmente vale 5 mila miliardi di dollari e si stima che dovrebbe raddoppiare entro il 2030 poiché fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti, è il quarto dei diciassette Goals per lo Sviluppo Sostenibile dell’Onu, oltre che il fattore trainante per il raggiungimento di altri obiettivi quali la lotta alla povertà, la riduzione delle diseguaglianze, il miglioramento delle condizioni di vita, di salute e benessere, la diffusione della tolleranza, dell’inclusività e della pace tra le società. Ma anche perché trainato dai cambiamenti demografici e sociali e dalla rivoluzione tecnologica. La popolazione studentesca è in costante aumento e aspira a un’istruzione superiore soprattutto nei paesi emergenti. In Paesi come la Cina il Brasile o l’India, la spesa per l’istruzione è una delle voci principali del bilancio delle famiglie e i governi si stanno impegnando a privatizzare il settore. Come ha rilevato l’Ocse, un’istruzione di qualità è in grado non solo di aumentare la produttività ma anche di dare ritorni pubblici e privati più importanti. A livelli più alti di formazione corrispondono tendenzialmente redditi più alti e di conseguenza livelli contributivi al sistema sociale più consistenti con ovvio ritorno positivo sui conti pubblici. Tuttavia, mentre le altre nazioni puntano sull’accrescimento del livello di istruzione dei singoli cittadini, il nostro Paese resta indietro.

La professione dell’insegnante è mal retribuita e il 59% dei docenti ha almeno 50 anni, a detrimento dei giovani che non riescono a farsi spazio

La professione dell’insegnante è mal retribuita e il 59% dei docenti ha almeno 50 anni, a detrimento dei giovani che non riescono a farsi spazio. Nei prossimi 10 anni ci sarà un milione di studenti in meno. Le rette sono tra le più alte e il numero dei laureati nella fascia d’età 19-64 anni non supera il 19%, mentre la media Ocse si attesta su un lontano 37%. Non solo: l’università non riesce sempre a garantire un’occupazione e, anche quando lo fa, non garantisce uno stipendio più alto. Siamo anche tra i paesi con il numero più alto di Neet, ragazzi che non studiano, non lavorano e non fanno percorsi di formazione. Mutuando il Talmud, Jung diceva che noi non vediamo le cose come sono ma vediamo le cose come siamo. La creatività e la capacità di astrarre sono le caratteristiche che rendono l’uomo diverso dalle altre specie che abitano questo pianeta, nonché unico per la sua capacità di plasmare il mondo in cui viviamo. Ciò può avvenire migliorandolo o peggiorandolo, oppure perfino distruggendolo. Sappiamo, per esempio che con le guerre plasmiamo distruggendo e non costruendo. Cosa ci induce a combattere? Il principio “mors tua, vita mea”. Un principio che oggi regna in tutti i settori, dallo sport alla politica, dalle relazioni sociali a quelle di business, in ufficio, al semaforo, in famiglia, nelle assemblee condominiali, allo stadio e sui social. Eppure, la storia ci dice che la nostra risorsa principale siamo noi, gli esseri umani. Noi siamo stati capaci nel corso dei millenni di usare la nostra creatività per realizzare il nostro progresso, aumentando e diversificando le risorse, migliorando le nostre condizioni di vita, anche nei paesi più poveri, dove oggi per esempio non si verificano più le grandi carestie che ancora pochi decenni orsono annientavano intere popolazioni. A parte quelle determinate da precise scelte politiche. Questo miglioramento è stato possibile grazie allo sviluppo.

Probabilmente nel nostro Paese si è persa la consapevolezza di quanto l’istruzione incida e determini lo sviluppo

Probabilmente nel nostro Paese si è persa la consapevolezza di quanto l’istruzione incida e determini lo sviluppo. E parlo di tutta l’istruzione, anche quella classica e umanistica che è l’artefice dell’allargamento dei propri orizzonti di pensiero e della capacità di comprensione della realtà. E mentre aspettiamo che la politica si adegui convertendosi a questa necessità esistenziale io penso alla responsabilità che in tal senso debbo prendermi come individuo. Personalmente sono profondamente grato a un’idea che, quando la sentii per la prima volta, fu dirompente per la mia vita: «Ogni uomo è un educatore». Questa idea ha rimesso nelle mie mani la responsabilità di quanto accade nel mondo, ribadendomi un approccio coopetitivo basato sul principio “vita tua, vita mea” che è molto più fruttuoso e stimolante per tutti e per l’insieme. Questa idea dovrebbe essere alla base di una azione che coinvolga la dimensione aziendale, che poi è quella che vivo direttamente tutti i giorni. Ritengo che le aziende contemporanee abbiano il compito essenziale di diventare il motore del cambiamento e dunque della diffusione di una nuova etica laica. Essendo i luoghi di aggregazione, condivisione, orientamento ed educazione più frequentati, potrebbero impegnarsi a diffondere un approccio coopetitivo al business, in cui il giusto mix tra competizione e cooperazione possa generare un vantaggio per il singolo ma al contempo anche per l’insieme. L’istanza che ci riguarda tutti è quindi proprio l’istruzione.