Trump cerca alleati nella guerra per il 5G, ma l’Europa è divisa in due

Nonostante l'appello del presidente Usa, anche il Regno Unito sta per concedere a Huawei il permesso di fornire le infrastrutture per le connessioni di quinta generazione. Merkel ha tolto il veto, ma l’intelligence tedesca avverte che c’è un rischio di sicurezza nazionale

Nicholas Kamm / AFP

Donald Trump ha lanciato la sfida alla Cina per la supremazia della rete 5G mondiale ma per ora gli alleati scarseggiano. Dopo Germania e Norvegia, anche il premier inglese Boris Johnson sta per concedere a Huawei il permesso di fornire nel Regno Unito le infrastrutture «non strategiche» che svilupperanno la rete di quinta generazione. E dire che a luglio il presidente degli Stati Uniti in visita a Londra aveva promesso un accordo per evitare questo scenario. Più della paura per la sicurezza nazionale, Johnson teme di rimanere indietro nella corsa mondiale per dotarsi delle celle e antenne di ultima generazione che creeranno connessioni a Internet più veloci con minori tempi di attesa.

Non è servita a molto la lettera che Trump ha inviato lunedì ai delegati della World Radiocommunication Conference in Egitto, l’evento in cui si discuteranno le linee guida per limitare l’impatto negativo delle infrastrutture per le connessioni di quinta generazione. Il presidente Usa ha lanciato un appello ai Paesi che «condividono la nostra mentalità e i nostri principi» per combattere contro «coloro che vorrebbero utilizzare il 5G come strumento per espandere il controllo sui propri cittadini e per seminare discordia tra Nazioni». Per questo a maggio, Trump ha inserito Huawei nella lista nera delle società che non possono fornire infrastrutture per il 5G alle aziende statunitensi perché rappresenta un rischio per la sicurezza nazionale. Da mesi il presidente degli Stati Uniti chiede agli alleati di fare lo stesso per evitare che acceda ai dati delle infrastrutture strategiche dei Paesi Nato.

Finora l’unico Paese a seguire subito il consiglio di Washington è stato l’Italia

Finora l’unico Paese a seguire subito il consiglio di Washington è stato l’Italia, Nel primo consiglio dei ministri, il governo giallorosso ha inserito la tecnologia sperimentale 5G tra le materie su cui potrà esercitare il Golden Power, un potere di veto all’ingresso di investitori stranieri potenzialmente predatori. Il decreto legge approvato alla Camera ha bisogno solo del voto del Senato per entrare in vigore. Agli americani però preoccupa cosa succede a Berlino. La decisione di Angela Merkel di non escludere a priori Huawei dalla lotta per le forniture delle apparecchiature 5G viene vista anche come una risposta ai dazi Usa sulle macchine tedesche.

A far cambiare idea alla cancelliera tedesca non è riuscito neanche il capo dell’intelligence tedesca Bruno Khal che ieri in un’audizione al Bundestag ha avvertito: «L’infrastruttura 5g è troppo importante per basarsi su una compagnia di cui non ci possiamo completamente fidare». L’allarme sembra essere però stato recepito dai dal ministro dell’interno Horst Seehofer e dal collega degli Esteri Heiko Maas che secondo il quotidiano tedesco Handesblatt starebbero pensando a una legge per istituire un meccanismo per una valutazione politica dell’affidabilità dei fornitori di 5G. Questo escluderebbe a priori Huawei e altri fornitori cinesi che sono obbligati per legge a cooperare con le agenzie di intelligence cinesi. Un modo per aggirare la scelta di Merkel che in patria è stata accusata di svendere la Germania alla Cina.

«Non abbiamo spiato e non spieremo mai» ha garantito il fondatore di Huawei Zhengfei Ren, in un’intervista concessa lunedì a Euronews. La rassicurazione non convince tutte le capitali europee che però sono attratte dai prezzi competitivi offerti dall’azienda cinese che secondo le ultime proiezioni nel 2023 dovrebbe coprire oltre un quarto delle infrastrutture 5G nel mondo. A guardarsi intorno non sono poi così tante le aziende che forniscono il servizio. Secondo il Financial Times, Trump potrebbe supportare le altre due aziende europee leader del settore, la finlandese Nokia e la svedese Ericcson per togliere fette di mercato a Huawei. Tra le due sembra essere messa meglio Ericcson che afferma di aver firmato più contratti di Huawei: 70 contro 60, mentre Nokia è ancora molto indietro con soli 48 accordi conclusi.

Gli Stati ancora in dubbio se escludere o meno Huawei dalle gare per le infrastrutture potrebbero trovare una soluzione grazie all’Unione europea. In teoria entro il 31 dicembre 2019 il gruppo di cooperazione dell’Ue dovrebbe concordare una serie di misure per far fronte ai rischi per la cibersicurezza nella rete 5G. Un’idea di cosa si deciderà a livello europeo lo dà la relazione pubblicata l’8 ottobre dalla Commissione europea dopo aver consultato gli Stati membri e l’Agenzia dell’Unione europea per la cibersicurezza. Secondo il report ci sarà «una maggiore esposizione ai rischi legati alla dipendenza degli operatori di reti mobili dai fornitori, che aumenterà anche il numero dei percorsi di attacco sfruttabili dagli autori delle minacce». Tradotto bisognerà fare molta attenzione a chi fornirà il servizio.

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