Generalizzando, chi è adulto oggi è cresciuto in un’epoca di possesso: la casa, l’auto o la moto, l’orologio, i libri, l’arte nelle sue varie forme, eccetera. Mentre i giovani di questi anni sono ormai abituati alla sharing economy, ossia all’economia della condivisione, che molto probabilmente si svilupperà sempre di più. Per esempio, ecco che nelle case abbiamo accantonato i dvd per guardare i film su Netflix e buttato nel camino i libri – ovviamente scherziamo – per leggerli con Kindle. Con un’opzione inimmaginabile fino a pochi anni fa: abbiamo più cose a disposizione possedendone di meno; questo, per l’appunto, attraverso la diffusione di una economia basata sulla condivisione e sui servizi in abbonamento. Dallo streaming ad Airbnb, Uber, eccetera.
Quale sarà il rapporto degli uomini di domani con l’uso e il possesso degli oggetti? Se lo chiedono in tanti, anche menti illuminate, come quelle di chi insegna alla Singularity University o come Kevin Kelly, scrittore, editorialista, fotografo e, tra le mille esperienze della sua vita trasversale, cofondatore della rivista Wired di cui è stato anche direttore. Che valuta la questione non solo sui concetti, molto concreti, di praticità e convenienza, ma considera soprattutto il comfort e la familiarità – valori difficili da digitalizzare o sottoscrivere – utilizzando l’esempio dei vestiti, che effettivamente potremmo presto condividere.
Presto, infatti, una scansione corporale potrà misurarci al millimetro facendoci sapere quali vestiti sono perfetti e disponibili per noi anche a distanza, ci verranno consegnati per indossarli magari soltanto in una occasione e poi restituirli; e una volta puliti potranno essere inviati al prossimo utente. Magari, di primo acchito, è un’idea che ci piace poco, ma pensate alla straordinaria comodità di viaggiare lasciando a casa la valigia piena di vestiti e oggetti personali perché troviamo ciò che ci serve direttamente arrivati a destinazione; e lasciare tutto lì alla partenza. Fantastico.
È interessante immaginare dove andrà il mondo di domani, tra usi e costumi che cambieranno in funzione delle generazioni future
Però c’è l’aspetto emozionale e il nostro attaccamento agli oggetti in quanto testimoni della memoria. Le scarpe che ci hanno accompagnato in mille posti? Le camicie e la t-shirt lavata un milione di volte? È abbigliamento che ci rappresenta, che fa parte di noi, della nostra storia personale.
Esempi simili si possono fare con tante altre cose, dagli utensili della cucina ai giocattoli, eccetera, eccetera. Con i medesimi dubbi, tra convenienza e sentimentalismo. Per non parlare dello status, che accompagna le società umane più o meno dalla notte dei tempi e che ancora oggi possiamo identificare con la casa esclusiva o l’auto d’epoca italiana rarissima o l’orologio meccanico svizzero del tutto introvabile o ancora gli abiti e gli accessori di lusso che tanto amano le nostre signore. E spesso il piacere di possedere va ben oltre la praticità e la convenienza, anzi alle volte è del tutto antitetico.
Fatte queste distinzioni, è interessante immaginare dove andrà il mondo di domani, tra usi e costumi che cambieranno in funzione delle generazioni future. E come fanno notare in Singularity, è sorprendente pensare alla crescita esplosiva di Airbnb in un periodo di tempo relativamente breve, considerando quanto l’idea di «casa nostra» sia sempre stata valutata come uno spazio privato da custodire gelosamente e invece, nel giro di un tempo brevissimo, è stata trasformata e condivisa per scopi economici.
Così, abituati non più al possesso ma alla comodità della condivisione, gli uomini di domani – tra vent’anni o cento – penseranno a noi con curiosità, sapendo che facevamo follie per beni che invece loro condividono e lasciano ad altri senza battere ciglio.