Col concistoro ordinario pubblico di oggi pomeriggio sale a 215 il numero dei componenti del Collegio cardinalizio, di cui 128 quelli, non ancora 80enni, aventi diritto di voto in un eventuale conclave. Risulta così, al momento, superato il tetto massimo di porporati elettori, fissato a 120 dalla Romani Pontifici eligendo di Paolo VI (1° ottobre 1975). Ma col compimento dell’80° anno di età di quattro cardinali entro il 2019, Monsengwo Pasinya, Grocholewski, Menichelli, Toppo, esso scenderà a 124 già il 15 ottobre.
Ma non è tanto questo a interessare dato che un futuro conclave sembra essere attualmente ben lontano. Quanto la scelta degli ecclesiastici effettuata da Francesco, che creerà cardinali con l’imposizione della berretta, la consegna dell’anello e l’assegnazione del Titolo o Diaconia.
Tredici in tutto, di cui tre gli ultra ottantenni: Michael Luis Fitzgerald, Sigitas Tamkevičius ed Eugenio Del Corso. Nel loro caso la porpora è un riconoscimento al servizio in cui si sono distinti a favore della comunità ecclesiale.
La metà dei neo-cardinali ha un profilo «missionario», come affermato da uno dei promossi, Miguel Ángel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. Il 67enne vescovo sivigliano, che è un Missionario Comboniano, ha vissuto a lungo in Egitto e Sudan ed è un grande esperto dell’Islam. Spagnolo, missionario, a stretto contatto coi musulmani e anche lui religioso (salesiano) è l’arcivescovo di Rabat Cristóbal López Romero, che vede la propria berretta cardinalizia come un «incoraggiamento» per le comunità cattoliche «quasi invisibili» del Nord Africa. Il Marocco, in cui l’Islam è religione di Stato, ha una piccola comunità cattolica composta principalmente da migranti dall’Africa sub-sahariana, che Papa Francesco ha incontrato lo scorso marzo.
La metà dei neo-cardinali ha un profilo «missionario», come affermato da uno dei promossi, Miguel Ángel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso.
E dal più popoloso Paese a maggioranza musulmana, l’Indonesia, viene Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, che dal 28 giugno 2010 è arcivescovo di Giacarta.
Il cappuccino 59enne Fridolin Ambongo Besungu è invece arcivescovo di Kinshasa, per la cui creazione cardinalizia si è scomodato a essere oggi in San Pietro il presidente della Repubblica del Congo.
Ci sono poi il guatemalteco Álvaro Leonel Ramazzini, vescovo di Huehuetenamgo del Guatemala, che da decenni si è distinto come protettore dei poveri, dei migranti e degli indigeni nonché quale sostenitore della teologia dell’ecologia e ambientalista, e il cubano Juan de la Caridad García Rodríguez, arcivescovo di San Cristóbal de la Habana.
Un’altra figura di spicco è il gesuita ceco Michael Czerny, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, istituito da Bergoglio nel 2016. Profondamente dedicato a «una chiesa inserita nel mondo moderno» secondo la linea del Vaticano II, Czerny è stato ordinato vescovo ieri sera dallo stesso Papa e ha scelto come croce pettorale una realizzata dall’artista sicilano Domenico Pellegrino con il legno di una barca, che ha attraversato il Mediterraneo e ha trasportato migranti a Lampedusa. Gesuita dal passato di missionario e docente in Giappone è, invece, l’arcivescovo di Lussemburgo Jean-Claude Höllerich, che è presidente della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece).
«Il papa sceglie spesso paesi poveri – così in un’intervista spiegando la sua sorpresa per la nomina – e il Lussemburgo non appartiene a questa categoria».
Unico cardinale, che può definirsi strettamente di Curia ed è per giunta il più giovane dei neo-porporati, è il 53enne portoghese José Tolentino Calaça de Mendonça, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Viene così sfatata la voce di corridoio che Bergoglio non volesse nominare «cardinale uno che deve badare ai libri». Voce messa in giro per la mancata elevazione alla porpora del precedente Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, il francese Jean-Louis Bruguès, col quale, quando era segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, sotto il pontificato di Benedetto XVI, l’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio aveva avuto dei dissapori.
Unico cardinale, che può definirsi strettamente di Curia ed è per giunta il più giovane dei neo-porporati, è il 53enne portoghese José Tolentino Calaça de Mendonça, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa.
A completare il cerchio delle nuove designazioni, con le quali Francesco dà prova di considerare prioritario il ponte tra le religioni e l’aiuto ai migranti, l’arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi. Una vita, la sua, spesa al servizio degli ultimi nelle periferie romane con la Comunità di Sant’Egidio e nel ruolo di negoziatore di pace per le aree più difficili del mondo come ad esempio il Mozambico.
Pronipote per parte di madre del card. Carlo Confalonieri (già segretario particolare di Pio XI) e laureato in Lettere e Filosofia, il 64enne Zuppi è stato nominato vescovo ausiliare di Roma da Benedetto XVI il 31 gennaio 2012 e promosso ad arcivescovo di Bologna da Francesco il 27 ottobre 2015.
A Bologna, Zuppi ha saputo coniugare le mansioni squisitamente pastorali e magisteriali di vescovo con l’interesse evangelico per le periferie esistenziali così care a Bergoglio e con un particolare interesse per i migranti. Cosa che l’ha fatto entrare spesso nel mirino dei salviniani duri e puri.
Particolarmente attento al mondo del lavoro, il presule si è fatto anche notare per le posizioni di accoglienza e dialogo con la collettività Lgbti, che proprio a Bologna ha, a livello associazionistico, una delle sue principali sedi storiche.
Sono ben note le parole che rivolse, il 16 giugno 2016, alla Fiom riunita a Bologna per il 115° anniversario del sindacato. «Il sindacato – ebbe a dire in quell’occasione – ha sempre avuto attenzione nel difendere quello che è di categoria, ma anche quello che non è immediatamente nella propria categoria, come la dignità dell’uomo, dei diritti della persona. La lotta contro l’omofobia e la lotta contro la violenza alle donne ci troveranno vicini. La lotta contro qualunque ingiustizia è nel profondo di chi ha a cuore il bene della propria categoria, ma anche il bene comune. Le conseguenze della crisi sono ancora pesanti c’è sofferenza e incertezza. E questo chiede di non rimandare, di saper affrontare cercando quello che è necessario, abbandonando certe modalità e cercandone di nuove per arrivare a uno sforzo di sintesi».
Zuppi ha inoltre prefato Un ponte da costruire: Una relazione tra Chiesa e persone Lgbti, edizione italiana di Building a bridge. How the Catholic Church and the Lgbt community can enter into a relationship of respect, compassion, and sensitivity, del gesuita e consultore del Dicastero vaticano per la Comunicazione James Martin, ricevuto in udienza privata da Francesco negli scorsi giorni.
Una nomina la sua che ha suscitato plauso da parte di personalità così diverse tra loro come l’ex senatrice Emma Fattorini, la scrittrice Michela Murgia e il direttore di Gaynews Franco Grillini.
Con un Sacro Collegio meno eurocentrico e sempre più universale da oggi cala considerevolmente il peso dei cardinali elettori creati da Giovanni Paolo II (14 ma entro il 15 ottobre scenderanno a 11 per il superamento dell’80° anno di età) e da Benedetto XVI (43). Portandoli a 67, superano infatti il 52% quelli di designazione bergogliana. Cosa che, come si vocifera nei corridoi vaticani, fa travasare di bile qualche “principe della Chiesa” di stretta fedeltà ratzingeriana, che è costretto a dover uscire dal perimetro della diocesi di Roma per indossare galero, cappa magna, chiroteche e calzari.