Mercato della carneEpidemie e mercati: la peste suina cinese rischia di distruggere il settore dei salumi in Italia

Quest’anno un quarto dei maiali del mondo è stato ucciso dalla malattia. Pechino è corsa ai ripari aumentando l’import dall’Europa (e non solo). Ma senza interventi straordinari, le conseguenze, in termini di prezzi e di impatto sulla filiera, saranno disastrose

In Italia mangiamo poco più di 10 chili di salumi a testa all’anno: ma il dato rischia di precipitare, a causa di un virulentissima epidemia di suini che ha colpito la Cina e che sta avendo una grande ricaduta sulla produzione nostrana. La malattia non si trasmette all’uomo, quindi non è in dubbio la salubrità dei salumi, ma la gravità dell’evento è notevole per i numeri e i costi.

Questa è – nel comparto – la crisi più grande dal dopoguerra: mai si era vista una decrescita che ha portato a una diminuzione del 25% della produzione mondiale e un conseguente aumento significativo dei prezzi delle materie prime per l’industria.

E dopo aver salutato positivamente a inizio anno l’apertura italiana al mercato cinese, così tanto ricercata e tanto voluta dall’associazione di categoria, Assica, la situazione è sempre più preoccupante: il poter d’acquisto cinese è più alto e per far fronte alla crisi sanitaria la Cina si sta portando via la maggior parte della materia prima prodotta in Italia, che è di grande qualità.

Tutti i rappresentanti della filiera hanno cercato di dar voce a questa che potrebbe diventare una reale emergenza per uno dei settori forti dell’agroalimentare italiano e si sono riuniti per cercare insieme soluzioni strutturali, con Teresa Bellanova, ministro delle Politiche agricole.

La situazione è grave, e gli analisti sono concordi nel dire che non sarà di breve periodo. Justin Sherrard di Rabobank lancia l’allarme: «La produzione di carne suina negli ultimi 10 anni ha avuto livelli piuttosto stabili, questo crollo è stato durissimo e purtroppo la malattia si potrebbe diffondere in altri stati oltre alla Cina, aumentando questa morìa. Ma la peste non è l’unica variabile: le tariffe doganali imposte dagli Stati Uniti per le importazioni sono parte del problema, la Brexit qui in Europa e anche la sfida del Brasile che vuole accedere al mercato europea esportando pollame e carne bovina».

I prezzi delle carni di suino, che in Italia sono fissati dalla Commisione unica nazionale, hanno subìto un rincaro di oltre il 40%

Il commercio internazionale sarà sempre più difficile da predire, e saremo sempre più aperti ai cambiamenti. A un mese dal 2020 ci avviciniamo a un decennio in cui dobbiamo impegnarci a livello climatico e per lo sviluppo sostenibile: ed è un lavoro che dobbiamo fare adesso. Ci sono le proteine alternative che stanno facendo molto parlare: sono un’aggiunta o un’alternativa alla carne e ai salumi? Un quarto dei suini del mondo sono scomparsi quest’anno e al momento non ci sono vaccini, questa è la certezza. Per il 2020 prevediamo una stabilizzazione di questa tendenza. Ma fino al 2025 non avremo una stabilità del mercato ma la produzione non tornerà più ai livelli precedenti il 2018. E in un Paese che conta 900 aziende, con 30mila addetti ai lavori e un fatturato complessivo di oltre 8.381 milioni di euro per i soli salumi, di cui il 19% derivano dalle esportazioni, la corsa ai ripari è da progettare quanto prima.

Come naturale conseguenza i prezzi delle carni di suino, che in Italia sono fissati dalla Commisione unica nazionale, hanno subìto un rincaro di oltre il 40%: «Se le condizioni di mercato non miglioreranno sensibilmente nei prossimi mesi – sottolinea Nicola Levoni, presidente di Assica – già a partire da marzo almeno il 30% delle nostre imprese si troveranno in una situazione di difficoltà economica e finanziaria».

Anche per tutelarsi sul lungo periodo, come ci dice Vincenzo Brando, general manager di Antica Macelleria Falorni, tra i primi ad aver sollevato il problema: «Nel momento in cui i cinesi avranno risolto il problema con la peste suina e saranno in grado di autoapprovigionarsi a livelli pre-peste chiuderanno i rubinetti dell’import delle carni suine italiane ed in parte di quelle europee. Quando ciò succederà, tantissime aziende italiane saranno ormai fallite a causa dei prezzi stratosferici. Poiché le aziende italiane saranno state decimate (nel breve tempo) gli allevatori e macellatori a chi venderanno tutti i suini in allevamento? Da qui la distruzione della filiera».

Un milione e mezzo di euro saranno impiegati nella comunicazione istituzionale a sostegno dei prodotti della salumeria, insieme alla GdO, per sostenere i consumi e costruire un’alleanza con i consumatori


Teresa Bellanova, ministro delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo della Repubblica Italiana

Urgente dunque il tavolo con l’intera filiera, chiesto da tutti i rappresentanti – aziende, sindacati, consumatori e GdO – e che la Bellanova ha già programmato, sottolineando il suo appoggio per trovare soluzioni condivise e il più possibile collegiali al problema: «Con la manovra abbiamo bloccato l’aumento dell’Iva. Sulla plastic tax (che colpisce i produttori di salumi perché la plastica è indispensabile per preservare alcuni di questi prodotti, ndr) ho già detto: io sono il ministro dell’Agricoltura e dell’alimentazione e, pur essendo parte del governo e appoggiando la riforma, faccio le battaglie per le necessità del settore».

E poi: «Su questo argomento dobbiamo continuare a lavorare e il parlamento deve migliorare la riforma. Costruire insieme una filiera più forte in un momento di difficoltà è un nostro dovere: questa crisi di produzione determina uno squilibrio del tutto nuovo e non sarà risolta in breve tempo. Ma dobbiamo essere abili a trasformare questa criticità in opportunità. Lo possiamo fare con trasparenza: questa parola deve diventare la cifra distintiva del settore. Apriamo una pagina nuova e cerchiamo una nuova credibilità, per proteggere e promuovere la nostra qualità».

«Il fondo suinicolo nazionale dovrà servire per investimenti innovativi che valorizzino meglio la carne e costruiscano un rapporto di fiducia tra allevatori e macellatori. Un milione e mezzo di euro saranno impiegati nella comunicazione istituzionale a sostegno dei prodotti della salumeria, insieme alla GdO, per sostenere i consumi e costruire un’alleanza con i consumatori. Ci dobbiamo impegnare a combattere le fake news e l’informazione distorta e a trasferire ai consumatori le molte cose fatte per il benessere animale e per la sostenibilità, che non deve essere un’etichetta vuota ma un impegno concreto. Bisogna riflettere a fondo sul concetto del sottocosto: se paghi meno del prezzo di produzione scarichi su qualcun altro il tuo risparmio e lo fai pagare complessivamente ad un sistema che contribuisce a fare grande il nostro Paese. La filiera è forte e sicura valorizzando le capacità di ognuno dei protagonisti: per lavorare ad un patto di filiera convocheremo un tavolo a Roma, dove mi aspetto concretezza da parte di tutti, perché possiamo fare un grande lavoro che eviti la chiusura di aziende e l’arrivo di investitori stranieri che facciano incetta di marchi storici, e al contempo riuscire a garantire sul mercato prodotti sani e di grande qualità».

Invito subito accolto da Assica, nelle parole del Presidente Levoni: «Torneremo a Roma ma non ci andremo a sedere uno alla volta, ma tutti insieme e in un incontro condiviso per implementare tutti i punti che la Ministra ha sottolineato. Agricoltura, sostenibilità, esportazioni, interporfessione sono tutti punti all’ordine del giorno che vogliamo implementare e portare avanti nei prossimi mesi, ma dobbiamo farlo tutti insieme, riunendo la filiera al completo. Oggi all’incontro abbiamo rotto il ghiaccio con la GdO: c’erano tutte le insegne, anche se solo Coop con il suo amministratore delegato Maura Latini è stata audace a salire sul palco, ma nell’incontro istituzionale a Roma dobbiamo allargare l’audience».

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