La Casa Bianca e le giustificazioni a posteriori sugli aiuti all’Ucraina bloccati
Il Washington Post riporta l’esistenza di una serie di email – addirittura centinaia – datate inizio di agosto tra il chief of staff Mick Mulvaney e i funzionari del bilancio della Casa Bianca: queste mail rivelano, come scrive il WaPo «ampi sforzi per generare una giustificazione post fatto» alla decisione del presidente Trump di sospendere gli aiuti militari all’Ucraina, decisione che risale a metà luglio, se non prima. Secondo tre fonti anonime citate dal giornale, in questi documenti le due parti coinvolte cercherebbero sia una spiegazione a posteriori che giustifichi il fatto di trattenere quasi 400 milioni di dollari in assistenza alla sicurezza, sia il fatto se il ritardo fosse legale oppure no. Secondo alcune fonti, questi scambi di email, anche se non è chiaro se siano di vero peso legale nell’ambito dell’indagine per impeachment, sarebbero comunque imbarazzanti per Trump. Altre fonti con familiarità con il modo in cui l’Ufficio di Management e Budget ha trattato gli aiuti all’Ucraina, hanno riconosciuto l’esistenza di discussioni interne durante il mese di agosto, ma le hanno caratterizzato come conversazioni calme, ordinarie e focalizzate sulla questione legale di come conformarsi al budget congressuale.
«Negli scambi di email di inizio agosto», scrive il Washington Post «Mulvaney chiede a Russell Vought, direttore facente funzione dell’ufficio Management e Budget, un aggiornamento sulla logica legale per trattenere gli aiuti e per quanto tempo questi aiuti possono essere ritardati. Trump aveva preso la decisione il mese precedente senza una valutazione della ragione o della giustificazione legale, secondo due funzionari della Casa Bianca. Le email mostrano Vought e i funzionari del OMB sostenere che trattenere gli aiuti è legale, mentre i funzionari del Consiglio di Sicurezza Nazionale e del Dipartimento di Stato protestano». Quello che insospettisce però è la tempistica: la richiesta di informazioni di Mulvaney arriva pochi giorni dopo che l’ufficio del Consiglio della Casa Bianca è stato informato che un funzionario anonimo della CIA ha presentato un esposto riguardo alla telefonata tra Trump e Zelensky del 25 luglio durante la quale ha chiesto Trump chiede all’Ucraina di indagare sull’ex vice presidente Joe Biden e su suo il figlio Hunter Biden, nonché su una teoria infondata secondo la quale è stata l’Ucraina a interferire nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016.
Che cosa sa Lev Parnas e che cosa è disposto a raccontare
Secondo quanto riportato da Daily Beast e da ABC, Lev Parnas, uno dei due soci di Rudy Giuliani, arrestati il mese scorso in un’inchiesta sui finanziamenti illeciti ad alcuni parlamentari americani, avrebbe consegnato alla commissione intelligente foto, video, audio di interesse per l’impeachment. Nei documenti ci sarebbero anche conversazioni tra Giuliani e Trump. L’avvocato di Parnas ha anche detto ai giornalisti che il suo cliente è pronto a testimoniare di fronte al Congresso riguardo a un incontro tra l’’ex procuratore generale ucraino Victor Shokin e David Nunes, membro repubblicano della commissione intelligence. Nunes nel 2018 si sarebbe recato in Ucraina in cerca di materiale compromettente su Joe Biden.
L’intervista di Adam Schiff a Jake Tapper
In una lunga intervista al programma di CNN State of the Union di Jake Tapper, il leader della commissione intelligence Adam Schiff ha messo alcuni punti sulla situazione in cui si trova l’indagine per la messa in stato di accusa di Trump. Parlando di John Bolton, ex consigliere per la sicurezza nazionale che si è rifiutato di comparire davanti alla commissione a testimoniare, Schiff ha detto che dovrebbe avere il coraggio di testimoniare come hanno fatto altri e che “se sceglie di non testimoniare, Bolton dovrà spiegare al Paese perché ha aspettato di raccontare la sua storia nel prossimo libro in piuttosto che al pubblico quando contava”.
Parlando di audizioni, Schiff ha lasciato aperta la possibilità di chiamare altri testimoni, ma ha detto che «I democratici non aspetteranno mesi e mesi mentre l’amministrazione tira la corda nel tentativo di provare a bloccare l’indagine».