Il rock è morto e sepolto, altro che never dies, ma ogni tanto esce un disco che riattiva l’emozione del tempo perduto. Sarà anche un’operazione nostalgica, rivolta agli ok boomer, chissenefrega, ma non è questo il caso: Come Back World è un album che fa venire i lucciconi.
Joseph Arthur, 48 anni, è uno dei grandi misteri del panorama musicale degli ultimi vent’anni. Autore di una ventina di album, nessuno dei quali di successo commerciale, Arthur è sempre rimasto ai margini del circuito che conta, nonostante sia stato scoperto da Peter Gabriel, sia venerato come un grande vecchio dai Rem, dai Coldplay, da Ben Harper e sia stato grande amico di Lou Reed, cui nel 2014 ha dedicato un fantastico disco di cover, Lou, capace di spogliare, rivestire e far rivivere completamente trasformate, al modo indie, capolavori come Walk on the Wild Side, Satellite of Love, NYC Man, Pale Blue Eyes, Coney Island Baby.
Arthur, poi, ha scritto una canzone formidabile, In the Sun, che da sola gli vale un posto nell’empireo del rock: ascoltate la sua versione originale, ma anche le sei tracce registrate nel 2006 in occasione di un’iniziativa benefica a favore delle vittime dell’uragano Katrina con Michael Stipe e con i Coldplay.
Come Back World parte con il brano che dà il titolo all’album e fin dal primo ascolto si fatica a staccarsene. È una canzone post depressione, come tutto il disco che contiene altre canzoni epiche, al punto che è difficile scegliere la più bella, quella da consigliare per avere subito un’idea dello spirito dell’album: una è certamente la title-track ma lo socno anche Seek and Find, Pale Fire e Make It True, così come la ballata Mayor of the Lower East Side e i pezzi più pop come Street Fire, Tomorrow Today, Biggest Mistake.
Vabbé, non si possono citare tutte, sono dieci: ascoltatelo.