’O pernacchioSconosciuto e ascoltatissimo: Tha Supreme, musicista recluso

Il suo vero nome è Davide Mattei, rapper italiano, nient’affatto banale. Di lui si sa ben poco: non si fa vedere mai, vive per la sua musica. Il suo album “23 6451”, da poche settimane in streaming, è già un successo

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Quella di Tha Supreme, cioè di Davide Mattei, potrebbe essere la storia della nuova Elena Ferrante o di un Liberato scappucciato. Da poco più di un anno, è scomparso. Ha rilasciato la sua ultima intervista a Vice, nel 2018, e poi ha abbracciato il mistero e il silenzio. Non parla più né ai giornali, né, dicono, alla sua casa discografica: ha un contatto, solo uno, con una persona di fiducia. Vive ancora a Fiumicino, vicino Roma, dov’è nato e cresciuto.

A 12 anni, racconta la leggenda, ha iniziato a scrivere musica. A 15, ci dicono quelli del suo ufficio stampa, ha lasciato la scuola per concentrarsi sulla sua carriera. A 16, la chiamata dall’alto: Salmo lo vuole come produttore per “Perdonami”. E da lì in poi, più o meno, la strada di Davide è stata in discesa. Da poche settimane è in vendita (e in streaming) il suo album, “23 6451”. È il più ascoltato e scaricato di sempre nelle prime 24 ore, tra gli italiani. Ha detronizzato anche Salmo. È un successo.

La critica, come succede, si è divisa tra chi è pronto a dargli il cavalierato e la guida dell’Italia – «è il futuro della musica, è il messia!» – e chi, invece, lo guarda con sospetto, come se essere giovani fosse ancora un problema – «durerà poco, è un fenomeno passeggero, sono solo canzonette». E invece c’è da dire che Tha Sup è riuscito a coniare un suo linguaggio, una sua musica, qualcosa che – francamente – mancava nel nostro panorama.

Le sue canzoni sono incomprensibili. E non perché il suo italiano sia sbagliato o sgrammaticato. I suoi brani hanno un loro ritmo, un loro vocabolario e una loro verità. In uno dei profili migliori che sono stati scritti su di lui (Tommaso Naccari, Rivista Studio), Tha Sup viene avvicinato al fenomeno giapponese dei hikikomori: c’è, ma non c’è; resta rinchiuso nel suo mondo, nella sua realtà, e non si fa vedere mai (soprattutto, come dicevamo prima, non si fa sentire mai).

Forse è esagerato, forse no. Fatto sta che Tha Supreme si nota di più quando non c’è, figlio anche lui, come lo era il primissimo Fabio Rovazzi, di Nanni Moretti. È tutta una trovata comunicativa, suggerirà qualcuno. E senza ombra di dubbio, sarà così. Ma colpisce. Perché in un mercato come il nostro, dove tutti urlano, fanno stories, insistono per esserci e per essere protagonisti, uno che si tiene in disparte, che lascia che siano le sue canzoni e i suoi video a parlare, fa una certa impressione. Sicuramente, ecco, arriva al bersaglio: tutti parlano di lui, e chi non riesce a sentirlo direttamente s’incazza, monta un casino, “lei non sa chi sono io!” eccetera eccetera. E spezza quel delicatissimo equilibrio della musica made in Italy: quando si promuove qualcosa, bisogna rilasciare interviste; quando si vuole una recensione, bisogna andare in questo o in quello studio. Lui no, e fa benissimo.

Tha Supreme potrebbe essere la nuova Elena Ferrante. Il nuovo caso, il nuovo mistero. O anche il nuovo Liberato. Tha Supreme vive il momento; coglie l’attimo. Che grande lezione in un paese in cui si fa continuamente a gara

Più che il degno rappresentante di questa generazione (a che lettera siamo arrivati, la Z?), Tha Supreme è l’incarnazione di chi ha capito come parlare e come farsi ascoltare oggi, nel 2019. I suoi video sono una citazione continua a una certa filmografia e a una certa televisione. Nello stile c’è il cartoonesco “Rick and Morty”; in lui che prende il volo in bicicletta si scorgono, ma chissà se di proposito, Steven Spielberg e ET.

Tha Sup c’è, ma non si vede. Si fa sentire, le sue canzoni sono ascoltatissime (su YT siamo a decine e decine di milioni di visualizzazioni), produce (oltre Salmo, anche per sua sorella, Mara Sattei, nome d’arte di Sara Mattei), ma non è onnipresente, ed è il proprio il suo silenzio, i suoi spicchi di selfie, la sua voce irriconoscibile a furia d’effetti e di missaggi, le sue parole che si perdono, che s’accavallano, che diventano una lingua nuova, una lingua che viene parlata da pochissimi, che l’hanno reso chi è oggi.

Potrebbe essere, lo dicevamo all’inizio, la nuova Elena Ferrante. Il nuovo caso, il nuovo mistero. O anche il nuovo Liberato: niente neomelodico, vi do il mio avatar. E invece, sorpresa, è solamente lui, ed è bravo in quello che fa, così bravo che ha già capito tutto, e che si gode il successo, si gode la sua musica, si gode il mondo in cui è stato catapultato. Enfant prodige? Genio? Futuro della musica, dell’italianità, dei giovanissimi dello Stivale? Chissenefrega. Tha Supreme vive il momento; coglie l’attimo. E che grande lezione è questa in un paese in cui si fa continuamente a gara.

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