Fake worldQuando la scienza non basta: così l’industria del tabacco fece sembrare inattendibili le ricerche sul legame tra fumo e cancro

Nel libro “L’era della disinformazione”, gli autori Cailin O’Connor e James Weatherall spiegano come nascono e si diffondono le false credenze nella società: non solo fake news, ma convinzioni che contagiano anche gli specialisti. Una storia esemplare: la contropropaganda dei produttori di sigarette

Sergei SUPINSKY / AFP

Nel dicembre del 1952, il Reader’s Digest pubblicò un articolo intitolato “Cancer by the Carton”, che presentava le evidenze crescenti di un legame tra il fumo di sigaretta e il cancro ai polmoni. L’articolo non usava mezzi termini: le morti causate dal cancro ai polmoni erano aumentate di un fattore 10 dal 1920 al 1948 e il rischio di contrarre il cancro nei fumatori di età superiore ai quarantacinque anni aumentava in modo direttamente proporzionale al numero di sigarette fumate. L’articolo citava un ricercatore che ipotizzava che il cancro del polmone sarebbe diventato a breve la forma di tumore più diffusa tra gli esseri umani, precisamente a causa dell’ «enorme aumento» del tasso di tabagismo pro-capite negli Stati Uniti e altrove. La cosa forse più importante – quanto meno dal punto di vista dell’industria del tabacco – era che, secondo l’articolo, l’incremento dei casi di cancro del polmone era «prevenibile» e ciò significava che si dovesse informare il pubblico dei pericoli del fumo.

L’articolo rappresentò una sorta di giorno del giudizio per le relazioni con il pubblico dell’industria del tabacco. A quel tempo, il Reader’s Digest aveva una diffusione di alcune decine di milioni di copie ed era una delle pubblicazioni più lette al mondo. Il titolo incisivo, lo stile chiaro e sobrio e la valutazione inequivocabile dell’evidenza scientifica ebbero un impatto maggiore di quanto avrebbe potuto avere qualunque campagna di salute pubblica. L’articolo non lasciava spazio a dubbi: i fumatori si stavano lentamente suicidando.

Nel volgere di breve tempo furono disponibili ulteriori evidenze. Durante l’estate del 1953, un gruppo di medici dello Sloan Kettering Memorial Hospital completò una ricerca durante la quale dei topi vennero cosparsi di catrame di sigaretta. I topi svilupparono carcinomi maligni. Il loro studio fornì un legame diretto, profondo e causale tra un sottoprodotto noto del fumo e un tumore fatale, mentre gli studi precedenti avevano messo in evidenza solo una relazione statistica. La ricerca provocò una frenesia mediatica e comparvero articoli sulla stampa nazionale e internazionale (la rivista Time riportò la storia con il titolo “Beyond Any Doubt”). Quello stesso dicembre, furono presentati altri quattro studi a sostegno del caso in una conferenza scientifica a New York; un medico dichiarò al New York Times che: «La popolazione maschile degli Stati Uniti sarà decimata dal cancro ai polmoni nei prossimi cinquant’anni se il tabagismo crescerà allo stesso ritmo del passato».

Gli attacchi della stampa ebbero conseguenze immediate. Il New York Times pubblicò un articolo in cui sosteneva che si era verificata una massiccia liquidazione delle scorte di tabacco riconducibile ai recenti resoconti giornalistici. L’industria del tabacco registrò un calo degli acquisti di sigarette per tre trimestri consecutivi, cominciato poco dopo la pubblicazione dell’articolo del Reader’s Digest (il calo delle vendite si era verificato dopo diciannove trimestri consecutivi di vendite record). Come scriveva lo statistico Harold Dorn dei National Institutes of Health nel 1954, «Due anni fa, il cancro del polmone era una malattia poco conosciuta e discussa al di fuori delle riviste mediche. Oggi è un argomento di discussione abituale in tutto il mondo».

L’obiettivo era creare un senso di incertezza: creare, finanziare e promuovere ricerche che confondessero le acque, che facessero sembrare meno definitive le prove esistenti e che fornissero ai decisori politici e ai tabagisti motivi sufficienti per ignorare il consenso scientifico

L’industria del tabacco era terrorizzata. Riconoscendo una minaccia alla loro esistenza, i principali produttori degli Stati Uniti si coalizzarono per lanciare una campagna di comunicazione che contrastasse la crescente sensazione – corretta – che il loro prodotto stesse uccidendo i consumatori. Nelle due settimane successive alla svendita delle scorte, i dirigenti delle aziende del settore tennero una serie di incontri al Plaza Hotel di New York con John Hill, cofondatore della celebre agenzia di relazioni pubbliche Hill & Knowlton, per elaborare una strategia mediatica che fosse in grado di contrastare una solida successione di fatti concreti e di risultati scientifici.

Come documentano Oreskes e Conway in Merchants of Doubt, l’idea fondamentale su cui si basava la nuova strategia rivoluzionaria – che loro chiamano “Tobacco Strategy” – riteneva che il modo migliore per sconfiggere la scienza fosse più scienza.

Ovviamente, fumare è una causa del cancro ai polmoni e anche del cancro del cavo orale, della gola, di patologie cardiache, di enfisema e di decine di malattie gravi. Sarebbe impossibile, utilizzando un metodo scientifico riconosciuto, generare un complesso di evidenze persuasive in grado di dimostrare che il fumo sia sicuro. Ma non era quello l’obiettivo. L’obiettivo era piuttosto quello di creare un senso di incertezza: creare, finanziare e promuovere ricerche che confondessero le acque, che facessero sembrare meno definitive le prove esistenti e che fornissero ai decisori politici e ai tabagisti motivi sufficienti per ignorare il consenso scientifico. Come dichiarò quindici anni più tardi in una nota non firmata un dirigente di un’azienda produttrice di tabacco: «Ciò che dobbiamo produrre è il dubbio perché esso è il mezzo migliore per competere con i fatti che si sono insediati nella mente dei consumatori».

Al centro della nuova strategia si collocava il Tobacco Industry Research Committee (TIRC), appositamente istituito per sostenere e promuovere la ricerca sugli effetti del tabacco sulla salute. Si trattava di fatto di una macchina propagandistica. Una delle sue prime iniziative fu quella di produrre, nel gennaio del 1954, un documento intitolato: “A Frank Statement to Cigarette Smokers”. Firmato da presidenti e amministratori delegati di quattordici aziende produttrici di tabacco, il “Frank Statement” apparve come pagina pubblicitaria su quattrocento quotidiani negli Stati Uniti. Il documento rispondeva alle accuse secondo cui il tabacco era pericoloso e commentava esplicitamente la relazione Sloan Kettering che aveva documentato lo sviluppo del tumore nei topi dovuto al catrame del tabacco. I dirigenti asserivano che questo studio ampiamente citato non «era considerato un punto fermo della ricerca sul cancro» e che «non esisteva prova del fatto che il tabagismo fosse una delle cause» del cancro del polmone.

I dirigenti sostenevano inoltre di «accettare l’interesse per la salute pubblica come responsabilità fondamentale, superiore a qualunque considerazione» della loro attività. Il neocostituito comitato avrebbe fornito «aiuto e assistenza alla ricerca su tutte le fasi dell’uso del tabacco e sul suo impatto sulla salute».

Il TIRC finanziava di fatto la ricerca sugli effetti del tabacco sulla salute, ma le sue attività erano decisamente ingannevoli. Il suo scopo precipuo era quello di promuovere la ricerca scientifica che contraddiceva il crescente consenso sulla micidialità del fumo. Il TIRC cercò e pubblicò gli studi di scienziati il cui lavoro poteva tornargli utile, per esempio quelli che analizzavano le relazioni tra cancro dei polmoni e altri fattori ambientali, come l’amianto. Il comitato pubblicò pamphlet come “Smoking and Health”, che nel 1957 fu distribuito a centinaia di migliaia di medici e dentisti e che citava un campione fazioso di ricerche disponibili sul fumo. Esso faceva spesso riferimento alle proprie ricerche come prova di una continua disputa sugli effetti del tabacco sulla salute e utilizzava la presunta controversia per chiedere lo stesso tempo e attenzione da parte dei media per le posizioni del settore.

Nonostante il consenso raggiunto dalla comunità scientifica sulla relazione tra cancro e sigarette – consenso che vi era anche tra gli scienziati che lavoravano per l’industria del tabacco fin dal 1953 – l’opinione pubblica restava divisa. Dopo significative diminuzioni nel 1953 e nel 1954, le vendite delle sigarette ritornarono a crescere stabilmente per oltre vent’anni, ben oltre il momento in cui la scienza aveva pronunciato una parola conclusiva sui rischi del tabagismo.

In altre parole, la “Tobacco Strategy” aveva funzionato.

da: L’era della disinformazione. Come si diffondono le false credenze, di Cailin O’Connor e James Weatherall, FrancoAngeli editore (2019)