Non si può parlare di Ius Soli, no, nemmeno questa volta. Perché? Perché piove. Sembra una barzelletta e invece è il bassissimo livello di galleggiamento di un governo che ogni volta che prova a sfiorare la politica (quella vera, mica quella buona per stamparci un claim pubblicitario da sputare su twitter) si incastra sull’equilibrismo (spesso vuoto, in equilibrio su niente) di un Luigi Di Maio più impegnato a non cadere che a camminare. «Abbiamo un’Italia sotto l’acqua, da nord a sud ci sono richieste di stato d’emergenza, c’è una multinazionale che sta mettendo a rischio 10500 lavoratori a Taranto. Io sono sconcertato. Io ho rispetto di tutto, siamo al governo per governare e non lanciare slogan per fare campagna elettorale»: ha detto così il ministro e capo politico del Movimento 5 Stelle, riuscendo a mettere insieme in una stessa frase problemi assolutamente diversi e giocando ancora, miseramente, nell’innescare una scala di disperazioni. Perché se è vero che mezza Italia (mica solo Venezia) si indebolisce sotto i colpi del maltempo è anche vero che circa 800.000 persone (non briciole, ottocentomila persone) si ritrovano in un assurdo limbo legislativo che impedisce loro di essere “cittadini” avendone tutti i doveri e non avendone i diritti. E che quasi un milione di persone stiano in un chiaroscuro di identità è un problema di cui discuterne sempre, al di là degli eventi atmosferici, delle crisi lavorative o di qualsiasi altro evento che possa tornare utile per fare un po’ di benaltrismo.
La debolezza di questo governo è tutta qui: è pensabile che il Partito Democratico sia alleato con chi intende il “governare” come semplice amministrazione dell’ordinario e come espressione di solidarietà (ben fotografata) in caso di crisi e di disastri? Come si può intendere la politica senza una condivisione su temi politici? Come si può costruire un ragionamento politico su un tema qualsiasi, uno di quei temi in cui inevitabilmente si deve prendere una posizione, con chi spera semplicemente di galleggiare fino a fine legislatura? Davvero a nessuno viene il dubbio che la potenza comunicativa di Salvini e della destra sia dovuta soprattutto al nanismo decisionale di una compagine di governo che si imballa ogni volta che si presenta una decisione che richiede qualcosa in più di una semplice firma?
Che l’uscita di Di Maio sia un assist perfetto per l’opposizione lo dimostra la comunicazione di Salvini, Santanché, Meloni e compagnia cantante
Che l’uscita di Di Maio sia un assist perfetto per l’opposizione lo dimostra la comunicazione di Salvini, Santanché, Meloni e compagnia cantante: la «vergogna» di occuparsi di ius soli mentre gli italiani «perdono il lavoro» (riferito alla crisi dell’ex Ilva) o mentre soffrono delle difficoltà climatiche viene urlata praticamente dappertutto. Di Maio è stato il Morisi perfetto di Salvini senza nemmeno essere pagato. Perfetto. Geniale.
E qualcuno potrebbe anche fare notare al capo politico del Movimento 5 Stelle che il trucco di parlare d’altro per svicolare dalla sostanza della risposta è lo stesso che Salvini adotta ormai da mesi: parlare d’altro per essere liberi di parlare di niente è il succo della propaganda populista di questi tempi.
Poi c’è una domanda, sostanziale, immaginiamo un giorno in cui ci sia il sole, in cui nessuno rischi di perdere il lavoro e addirittura, perché no, in cui tutti siano felici del proprio reddito di cittadinanza: cosa pensa il Movimento 5 Stelle dello Ius Soli? Cosa ne pensa dei Decreti Sicurezza? Davvero Di Maio è convinto di riuscire a trascinarsi così a lungo? Davvero crede che il Partito Democratico accetti di rimanere tiepido in tutti i prossimi mesi per non irretire l’alleato?
Governare significa scegliere. La preferenza dovrebbe essere per chi sceglie meglio. Non scegliere affidandosi alla cialtroneria di quelli che c’erano prima è un atto di viltà politica che può funzionare solo in alcuni eccezionali contesti. Ora non più. Tocca scegliere. Anche quando piove.