Arina Elizarova è originaria di Mosca e da qualche mese si è trasferita a Milano. La sua passione è la fotografia, ma il suo amore per l’arte è una continua sperimentazione. E insegue un’utopia: riuscire a creare un’armonia perfetta che includa diverse forme d’arte, qualcosa di nuovo che avvicini il pubblico a un mondo spesso considerato per pochi. Elizarova, nello specifico, fotografa ballerini, cattura le loro emozioni e le imprime nei suoi scatti, raccontando storie del balletto.
Alla mostra Art against violence di Vitaru a Venezia ha presentato un suo scatto, The last jump – L’ultimo salto. Può raccontarci la sua storia?
«Lavorare con i ballerini vuol dire dedicarcisi per ore, fare mille foto che poi dovrò scartare. Una loro caratteristica è quella di non essere mai soddisfatti degli scatti che facciamo. C’è molto lavoro dietro a ogni shooting, devo conoscere i soggetti ed entrarci in sintonia, trovare il modo di tirar fuori le loro emozioni. Quel giorno avevamo provato per ore e ore, eravamo entrambe sfinite. Le ho detto “Basta, abbiamo i nostri scatti, vanno bene”, ma lei non era soddisfatta e mi ha detto “Per favore, lasciami fare l’ultimo salto”. E da quell’ultima immagine è nato The last jump».
Come è iniziato il suo percorso artistico?
«I miei studi sulla fotografia sono iniziati relativamente tardi, dopo una laurea in Relazioni pubbliche a Mosca. Fin da piccola mi sono cimentata in scatti amatoriali, utilizzando una vecchia macchinetta analogica.
Quando mi sono iscritta alla facoltà di Fotografia e cinema ho deciso che il mio progetto sarebbe stato quello di amalgamare il più possibile diverse forme d’arte, perciò ho iniziato con la tecnica della stilizzazione. Mi ispiravo ad alcuni dipinti di ritratti, ricreavo le ambientazioni e i costumi, e rendevo poi i dipinti in fotografie utilizzando soggetti veri».