Il patto delle città libereI sindaci delle capitali di Visegrad hanno un piano per sconfiggere i sovranisti. Con il contributo della Ue

I primi cittadini di Budapest, Varsavia, Praga e Bratislava si sono incontrati nella capitale ungherese per chiedere a Bruxelles di stanziare fondi direttamente per i loro bilanci comunali, aggirando i governi nazionali, accusati di frode

ATTILA KISBENEDEK / AFP

Il populismo sovranista, con tutto quello che comporta, prima o poi, dovrà finire. Non subito, forse nemmeno presto, ma il suo ciclo, a un certo punto si esaurirà: prima o poi qualcosa, o qualcuno, o magari solo l’evidenza dei fatti, gratteranno via le bugie di argilla su cui si regge l’intero sistema, e ne faranno uscire l’essenza, violenta e vuota. Basta aspettare. E fino ad allora, osservare che qualcosa, poco e piano, si muove. Per esempio nelle quattro capitali degli stati del blocco di Visegrad, ossia Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, che sono, a oggi forse i quattro Paesi più a destra dell’intera Europa. I loro quattro sindaci sono tutti stati eletti da partiti e gruppi di opposizioni al governo centrale e hanno tutti un programma europeista, verde e basato sull’integrazione e sui diritti civili.

Per questo, lo scorso lunedì, i quattro sindaci delle quattro capitali si sono incontrati a Budapest per dare vita a un ‘patto delle città libere’. Attorno a un tavolo, collocato in un luogo non casuale (l’ex campus della Open university di George Soros) c’erano il sindaco di Varsavia (Rafał Kazimierz Trzaskowsk, eletto con una piattaforma civica pro UE), quello di Budapest (il verde Gergely Karácsony), quello di Praga (il ‘pirata’ Zdeněk Hřib), e quello di Bratislava (l’indipendente Matúš Vallo). Si sono messi insime per provare ad arginare dall’interno la spinta illiberale, anti UE, e populista dei loro governi centrali: «Se uno di noi verrà messo a tacere, ci saranno gli altri», hanno detto.

«Il populismo non può conquistare le città», ha confermato ai giornalisti il sindaco ambientalista e anti-Orban di Budapest. «Oggi le quattro capitali formano un’alleanza contro i regimi populisti nazionalisti che soffocano le democrazie della regione. Possiamo essere le teste di ponte a partire dalle quali è possibile aggiustare le democrazie in crisi. Le città sono un dito nell’occhio del populismo , per questo ci detestano tanto: perché siamo e resteranno aperti, progressisti, tolleranti e soprattutto europei». Che sia vero o no, che rimanga vero o no, i quattro sindaci delle quattro capitali hanno le idee chiare: vogliono liberare i loro paesi (e magari anche il resto d’Europa) dal populismo sovranista e «lavorare insieme per difendere un elettorato urbano pro-UE che si oppone ai governi nazionali conservatori«». Certo, occorre capire come fare, e come, alle parole, far seguire i fatti.

La loro ricetta, per ora, ruota tutta attorno all’idea delle città, come fossero uno stato nello stato. E ovvio, attorno a un aiuto concreto da Bruxelles, senza il quale le armi dei quattro sindaci e dei loro elettori gentrificati rischiano di essere spuntate. E “aiuto concreto”, in politica, significa soprattutto una cosa: “denaro”. Per questo i quattro hanno invitato Bruxelles a stanziare fondi direttamente per i loro bilanci comunali, aggirando i governi nazionali, accusati di erogazione corrotta e politicizzata dei fondi Ue.

I sindaci, nel loro patto, chiedono «soluzioni su misura per le città, in settori come l’ambiente, l’occupazione e l’economia». Una specie di sovranismo nel sovranismo, nel quale i sindaci delle capitali immaginano di fare da soli, senza i loro stati: «Vogliamo lottare per l’accesso diretto al denaro europeo perché siamo i motori diretti della crescita nei nostri paesi», ha detto il sindaco di Varsavia Rafal Trzaskowski. «Abbiamo governi difficili ma siamo fortemente impegnati nei valori europei, nella democrazia, nell’apertura e nella libertà. Abbiamo combattuto tutti per l’inclusività delle nostre città. In questi giorni difficili in cui alcuni dei nostri governi stanno diventando tiepidi verso l’integrazione europea, le città sono le isole che proteggono valori di integrazione, libertà, dignità umana, democrazia, uguaglianza, stato di diritto, giustizia sociale, tolleranza e diversità culturale nei nostri paesi dall’attacco potere centralizzato». L’agenzia di stampa ungherese MTI, finanziata dallo stato, non ha riferito sul vertice.

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