Incontro atteso da tutti coloro che aspettano da tempo il nuovo concorso per le immissioni in ruolo, la neo ministra della Scuola Lucia Azzolina (l’altra metà del ministero, quella dell’Università, è ora occupata da Gaetano Manfredi) ha incontrato ieri i sindacati per discutere la nuova linea del dicastero dopo le dimissioni di Lorenzo Fioramonti, che ha lasciato il posto sotto Natale perché non aveva ricevuto i 3 miliardi di fondi che aveva chiesto in occasione del varo della legge di bilancio. Azzolina si appresta così a portare avanti il lavoro, che notoriamente è tanto, decidendo di incontrare per prima cosa le rappresentanze sindacali.
Un incontro “politico”, dal quale le parti sociali sono uscite grosso modo ottimiste. Da parte della ministra, del resto, sono già emerse alcune promesse: in particolare il varo imminente di due concorsi per l’assunzione di docenti nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, uno straordinario da 24mila posti (con il quale si vorrebbe assumere già in vista dell’inizio della scuola a settembre 2020) e uno ordinario da 25mila. «Il lavoro è ripartito e stiamo mettendo a punto tutti i dossier», ha rassicurato Azzolina in un messaggio su Facebook dopo l’incontro con le sigle dei lavoratori, specificando come la scrittura dei bandi sia già «in fase avanzata». Si tratterebbe di una boccata d’aria fresca per un settore, quello della scuola, che è da anni alle prese con un precariato imperante, tendenza che va di pari passo con l’Italia puntualmente fanalino di coda per quote del Pil investite nel settore a livello internazionale.
Secondo Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, «il ministro si è impegnato sul lancio di specifici tavoli. Attraverso il concorso straordinario avremo 25mila assunti a settembre, ma ricordiamo come quest’anno toccheremo il record di 170mila supplenti. Per questo abbiamo chiesto al ministro di usare il meccanismo della chiamata veloce, estendendolo alle nuove graduatorie di istituto provinciali che saranno usate per stabilire le supplenze. In attesa che i concorsi abbiano seguito, cosa che non sarà veloce, almeno riusciremmo a reclutare gli stessi precari chiamati dalle graduatorie di istituto». Ben vengano i concorsi, dunque, ma non saranno sufficienti per risolvere il problema. «Deve essere una scelta politica, secondo noi quella che suggeriamo è l’unica soluzione per rispondere all’emergenza del precariato», puntualizza Pacifico.
La ministra si è dichiarata anche proiettata sull’assunzione di circa 10mila insegnanti di religione, oltre che sul varo di un concorso ordinario anche per la scuola primaria e dell’infanzia. Ma il personale scolastico necessario a far funzionare la macchina dell’istruzione va oltre alle sole figure degli insegnanti, e anche qui i problemi non sono da meno: «Sul personale Ata (quello amministrativo, tecnico e ausiliario, ndr) abbiamo sottolineato come se si parla sempre dei docenti, non si risolverà il problema dei precari amministrativi, che da anni sono chiamati nelle nostre scuole. Abbiamo quindi richiesto un impegno a sbloccare queste assunzioni», aggiunge il presidente Anief. Anche sui Dsga, i Direttori dei Servizi Generali ed Amministrativi, e sui docenti con diploma magistrale la situazione rimane irrisolta: «Quattromila maestre solo in Veneto rischiano il licenziamento ogni giorno», ricorda Pacifico. E dunque, se concorsi straordinari devono essere, che lo siano per tutti, anche sulla scuola primaria e dell’infanzia. «Noi chiediamo la stabilizzazione per chi ha 36 mesi di servizio, prevista per legge. Un precario che ha tre o più anni di servizio dovrebbe avere almeno il diritto di essere riconosciuto», spiega il presidente Anief.
Ad ora, quindi, l’unico dato certo dovrebbe riguardare le assunzioni di settembre. Ma, come sempre nell’ambito della scuola, si va avanti come San Tommaso: finché non ci sono i risultati, si rimane scettici. «Io nutro dei dubbi persino sull’arrivare a stanziare i fondi per pagare i commissari per i concorsi; è un problema che si è già presentato in passato», dice ancora Pacifico. Nuovo ministro, vecchi grattacapi, insomma.
Per il resto, Azzolina si è dichiarata contraria al principio di regionalizzazione della scuola e favorevole all’istituzione di una task force per aiutare le scuole a gestire i fondi europei dedicati ai progetti. Secondo quanto sostenuto dalla ministra, infatti, spesso quelli che ci sono vengono spesi male o proprio per nulla, ritornando al mittente. Ma la questione più spinosa rimane indubbiamente quella del reclutamento del personale, per la quale «urge un nuovo passaggio parlamentare», spiega Pacifico, altrimenti il problema del precariato non sarà risolto: «noi suggeriamo di fare una ricognizione di tutte le scuole, così da trasformare i posti in organico di fatto in organico di diritto».
Bisognerà aspettare almeno qualche settimana per vedere fino a che punto la ministra si rimboccherà le maniche. Certo è che la scarsità di risorse rimane il “problema dei problemi” in un settore che parla per un degrado generalizzato nel Paese. Una questione che le dimissioni di Fioramonti, malgrado poi sia stato lui stesso ad ammettere che non credeva sarebbero state accettate (aiuto!), hanno perlomeno contribuito a sollevare. «Se fossi stato in lui forse avrei aspettato di vedere se dopo legge di bilancio il premier, che si era esposto in tal senso, avrebbe mantenuto le promesse», commenta Pacifico. «In quel caso c’era spada di Damocle dell’aumento dell’Iva, ma ora ci aspettiamo che si passi ai fatti con la nota di aggiornamento al Def dei prossimi mesi. Dopo averci messo la faccia, devono metterci anche i soldi, non possono più trovare scuse». E i 3 miliardi che l’ex ministro aveva chiesto sarebbero rappresentativi come copertura? «Sarebbero il minimo», dice Pacifico. «Ben venga lo spacchettamento del ministero, ma ad oggi i dipendenti della scuola e di tutto il settore pubblico guadagnano il 10% in meno rispetto ai lavoratori del privato. Siamo fermi da 10 anni».
Il lavoro da fare, insomma, è tanto. Ma il momento è delicato e non può non destare preoccupazione il caos che le dimissioni del capo dei Cinque Stelle Di Maio, combinate con un crescente numero di dissidenti del Movimento, potrebbero giocare nel governo, magari persino bloccando o rimandando quanto predisposto finora. Al solito, si rimane appesi agli umori di governi poco solidi, spesso impreparati e a tratti contraddittori. Verrebbe da dire che gli farebbe bene tornare per un po’ sui banchi di scuola.