CRONACHE DALL’IMPEACHMENTUcrainagate, nel libro di John Bolton c’è la prova che inchioda Donald Trump

Il New York Times svela il manoscritto dell’ex consigliere per la sicurezza nazionale: il presidente avrebbe trattenuto gli aiuti militari all’Ucraina in cambio di un’indagine sui democratici. Tre senatori repubblicani ora potrebbero votare per ascoltare i testimoni. Ne servono 4

SAUL LOEB / AFP

Le rivelazioni contenute nel libro di John Bolton

Secondo il New York Times che ha ottenuto una copia del manoscritto in anteprima, il libro di John Bolton, ex consigliere per la sicurezza nazionale, conterrebbe la prova chiave dell’Ucrainagate: Trump avrebbe trattenuto gli aiuti militari all’Ucraina in cambio dell’apertura di un’indagine sui democratici in generale e in particolare su Hunter e Joe Biden, la vicenda che è al centro dell’impeachment. È questa la notizia bomba che si è abbattuta lunedì sul processo in corso al Senato e che potrebbe cambiare le sorti della presidenza Trump. Tutta la difesa degli avvocati di Trump si basa infatti sull’assunto che il blocco agli aiuti militari non era stato fatto in cambio di un favore politico personale – quale è ovviamente l’indagine sul suo avversario politico -, ma perché Trump era sinceramente preoccupato della corruzione presente in Ucraina. Le parole di Bolton sono quindi la pistola fumante, l’elemento che proverebbe una volta per tutte il vero motivo per cui Trump diede l’ordine di bloccare 391 milioni di dollari già approvati dal Congresso e destinati all’Ucraina: perché voleva in cambio un favore politico che danneggiasse il suo avversario diretto alle elezioni del 2020. Del libro di Bolton si parlava da tempo, ma fino alle rivelazioni del New York Times non si sapeva né il titolo né la data di uscita. Oggi queste informazioni si hanno: pubblicato da Simon & Schuster, lungo più di 500 pagine, il libro è già presente su Amazon e ha come data di uscita il 17 marzo. Il titolo: The Room Where It Happened. Il titolo fa riferimento allo Studio Ovale, richiamato anche dal disegno ovale che c’è sulla copertina bianca.

I quattro punti fondamentale del libro di Bolton

1- Durante una riunione di agosto 2019, Bolton avrebbe introdotto l’argomento degli aiuti bloccati all’Ucraina dimostrando preoccupazione perché la scadenza per il loro rilascio si stava avvicinando. Trump in quella occasione avrebbe detto che non aveva nessuna intenzione di sbloccare gli aiuti, non fino a quando gli ufficiali ucraini avessero annunciato un’indagine su Joe Biden e sui sostenitori di Hillary Clinton in Ucraina.

2 – Bolton non è stato l’unico a fare pressioni su Trump per cercare di convincerlo a sbloccare gli aiuti. Anche Il segretario di Stato Mike Pompeo e il segretario alla Difesa Mark T. Esper si sarebbero uniti a lui nel cercare di convincerlo. Trump avrebbe sempre risposto lamentandosi del fatto che l’Ucraina gli era politicamente ostile, perché durante le elezioni aveva sostenuto Hillary Clinton e avrebbe ripetuto anche la teoria che fosse stata l’Ucraina e non la Russia ad hackerare il server della Democratic National Committee, teoria spinta dai Russi stessi e negata da tutte le agenzie di intelligence americane.

3 – Il segretario di Stato Mike Pompeo avrebbe detto a Bolton che sapeva che le accuse nei confronti dell’allora ambasciatrice in Ucraina Marie Yovanovich erano accuse false e che Rudy Giuliani probabilmente stava spingendo queste accuse e voleva far dimettere l’ambasciatrice perché con le sue azioni anti corruzione stava dando fastidio ad alcuni dei clienti di Giuliani stesso.

4 – In conversazioni private con il procuratore generale William Barr, Bolton avrebbe detto

di temere che Trump stesse concedendo favori personali ai leader di Turchia e Cina. Barr, sempre secondo Bolton, avrebbe risposto indicando un paio di indagini del Dipartimento di Giustizia su società turche e cinesi e avrebbe affermato di essere preoccupato che Trump stesse creando l’apparenza di avere influenza su quelle che dovrebbero essere indagini indipendenti. A sostegno, Barr avrebbe citato le conversazioni che Trump aveva avuto con il presidente della Turchia Tayyip Erdogan e con il presidente della Cina Xi Jinping.

Il mistero di come il New York Times sia entrato in possesso del manoscritto

Secondo quanto riportano i due giornalisti autori dell’articolo, Maggie Haberman e Michael Schmidt, Bolton aveva trasmesso una copia del manoscritto alla divisione di gestione dei documenti del Consiglio di sicurezza nazionale il 30 dicembre per consentirne la revisione ovvero confermare che nel libro non erano state incluse informazioni classificate, una procedura standard a cui gli ex funzionari governativi che scrivono libri si devono sottoporre. Lunedì Bolton stesso e l’editore del libro Simon & Schuster hanno negato di aver concordato in alcun modo con i giornalisti l’uscita in anteprima del libro. Anche il leader repubblicano Mitch McConnell ha detto che non sapeva nulla del libro prima dello scoop del New York Times. In molti hanno quindi fatto presente che c’è una sola fonte che può aver fatto avere una coppia del libro alla stampa: la Casa Bianca stessa. Non sarebbe la prima volta che l’informatore è qualcuno all’interno dell’amministrazione.

Che cosa succede adesso: Bolton testimonierà?

Le rivelazioni contenute nel libro di Bolton e su quello che l’ex consigliere della sicurezza nazionale potrebbe dire se chiamato a testimoniare hanno riaperto la questione dei testimoni che sembrava già chiusa. Prima di lunedì, infatti, i repubblicani stavano tenendo duro sulla loro posizione di non chiamare alcun nuovo testimone al Senato e il processo a Trump sembrava avviato a concludersi rapidamente con l’assoluzione. Il libro di Bolton sembra aver invece aperto uno spiraglio a favore dei democratici. Per chiamare i testimoni ci vogliono 51 voti quindi il voto di tutti i democratici che sono 47 più 4 repubblicani. Martedì si sono detti aperti a questa possibilità sia Mitt Romney che il senatore del Tennessee Lamar Alexander. Un’altra possibile in favore di chiamare nuovi testimoni è Susan Collins. Bolton stesso nel libro fa il nome di Ron Johnson, repubblicano del Wisconsin, come di uno favorevole a sentire la sua testimonianza e addirittura a votare a favore dell’impeachment (Bolton scrive che Johnson era ad un incontro lo scorso maggio con Trump in cui il presidente ha parlato all’Ucraina come di una potenza che ha cercato di danneggiarlo politicamente). Secondo quanto riporta il Washington Post il senatore Patrick Toomey, molto influente tra i suoi colleghi conservatori, sarebbe favorevole a proporre una soluzione con due testimoni soltanto: uno chiamato dai repubblicani e uno dai democratici.

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club