“Come lo spiegate il prepotente ritorno del maritozzo con la panna nei bar romani?” Questa domanda fondamentale non viene proprio dal primo passante per la strada. Bensì dal profilo twitter di @nomfup, alias Filippo Sensi, giornalista già portavoce di Renzi e Gentiloni, nei governi in carica dal 2014 al 2018, e oggi deputato del Partito Democratico. Con il suo tipico stile, curioso e ironico, il 16 gennaio scorso Sensi segnala che, da un po’ di tempo, c’è una novità – o sarebbe meglio dire, un imprevisto ritorno – nel panorama gastronomico della Capitale.
Insomma, forse “il vento sta cambiando” a Roma, ma non proprio nel senso in cui sperava la sindaca Virginia Raggi al momento del suo incarico. Solo che la morbida pagnotta, dolce, profumata e di forma ovale, farcita di panna montata – tipico (meglio dire unico) dolce romano – pare tornata di moda. Al punto che, ormai da tre anni, viene celebrata ogni 2 dicembre con un mega evento – e conseguente mega produzione – in giro per tutta la città. Le risposte – altrettanto ironiche – all’interrogativo di @nomfup non tardano in rete: è “neo populismo”, scherza Gianni Riotta; è “sovranismo”, risponde Antonio Polito. “Back to basics”, chiude @nomfup.
Candido, ma non è proprio un fantasma quello torna ad aggirarsi per i bar di Roma. “Perché, era andato via?”, chiede @Livia_s_tweet. “Ammazza”, risponde @nonmfup. “Perché? Era sparito?”, fa @jeperego. “Da mo, era all’indice”, assicura @nomfup. Eh sì, c’è stato un tempo in cui il maritozzo era finito nel dimenticatoio, tra le buone cose di pessimo gusto di crepuscolare memoria. Forse perché era troppo banale un panino ripieno di panna rispetto alle nuove meraviglie del palato? O forse perché per molti anni faceva troppo Prima Repubblica? Oggi, probabilmente, con il ritorno del sistema proporzionale è ritornato anche il momento delle tradizioni più risalenti: molto più che il ritorno del centro – ancora diviso tra tanti piccoli attori – il ritorno dell’unico e solo maritozzo con panna, un dolce con sicura vocazione maggioritaria, bianco come la vecchia balena democristiana. A Roma ormai “è pieno”, conferma Sensi su Twitter.
Nel nome della tradizione val la pena dunque fare una sosta da Regoli, la pasticceria in via dello Statuto, nei pressi di Piazza Vittorio: una vera e propria istituzione all’Esquilino, con i suoi banchi rigorosamente vintage e la panna che straborda dalla pasta. Qui è possibile assaggiare anche la versione quaresimale del famoso dolce: con pinoli e uvetta. Un’altra icona della romanità – e, soprattutto, luogo di pellegrinaggio notturno – è certamente Il Maritozzaro, una insegna che da 60 anni si trova a Trastevere, in via Ettore Rolli 50: qui si trova il classico con panna e una spolverata di zucchero da gustare la notte, se proprio vi scappa la voglia, dopo una sera di bagordi. Per restare in linea con la tradizione, ma osando qualche spinta innovativa, da segnalare il solito Roscioli, in piazza Benedetto Cairoli 16. Qui, accanto al classico e al quaresimale (con uvetta e frutta candita), il bar offre un maritozzo rotondo con gocce di cioccolato e diverse versioni dell’ovale: con crema al cioccolato valrhona, con confettura bio di frutta (albicocca o visciole) o con la crema chantilly. Noto proprio per la farcitura con crema chantilly è il Cafè Merenda, in via Luigi Magrini, che propone anche alcune varianti speciali: a base di coulis di lamponi; con l’orzo, in abbinamento alla chantilly al caffè; e all’olio extra vergine d’oliva. Tradizione assoluta, ma altissima selezione delle materie prime (lievito madre, latte, burro, mix di farine) per il maritozzo di Bompiani, la pasticceria di stile francese e contemporaneo – forse la migliore di Roma – che si trova a Largo Benedetto Bompiani 8.
La storia del maritozzo romano ha origini lontane: già nella Roma Antica esisteva la consuetudine di preparare delle pagnotte arricchite di miele e frutta secca. Con il cristianesimo, è diventato progressivamente il dolce della quaresima: “er santo maritozzo” rappresentava l’unica deroga ammessa al digiuno penitenziale imposto dai riti. Proprio così è stato immortalato nei sonetti di Giuseppe Gioacchino Belli: “Come io nun zò cristiano! Io fo la spesa,/ oggni ggiorno der zanto maritozzo./ Io nun cenavo mai, e mmó mme strozzo/ pe mmaggnà ott’oncia come vò la cchiesa”.
L’origine del nome invece si deve presumibilmente all’usanza, da parte dei futuri mariti, di regalare alle promesse spose proprio un “maritozzo”. All’interno dell’impasto poteva nascondersi anche un anello o un oggetto d’oro come ulteriore dono per la sposa. Ancora una volta fu il poeta Belli a sancire questa associazione, sottolineando maliziosamente la forma fallica della pagnotta nel sonetto “Er padre de li santi”.
Ovviamente di queste tradizioni non rimane praticamente nulla. E la cultura del maritozzo era diventata del tutto marginale in anni recenti. Poi, però, ecco la novità. “Siamo circondati”, avverte su Twitter @nomfup. L’ex parlamentare @ernestocarbone segnala: “Si ma.. quello salato l’hai provato?”. E ancora la giornalista @nunziapenelope: “Sappi che ci sono dei tizi che lo fanno anche salato”. Eh si, ormai girano anche i maritozzi da antipasto.
E la paternità di questa idea è ben nota nel meraviglioso mondo della gastronomia romana gourmettara. L’inventore è lo chef Riccardo di Giacinto, del ristorante All’Oro, che sforna il primo maritozzo salato nel 2007: quel momento – ma ancora non si sapeva – segna la rinascita di questo dolce romano, semplicissimo ma goloso, in una nuova veste: salata e trendy. Di Giacinto propone il Maritozz’Oro con diversi abbinamenti: alici e burrata è il più semplice, ma ci sono anche quelli con bollito e salsa verde, con insalata di pollo, con broccoli e salsiccia, con ricotta, pesto e pomodoro. Oggi potete trovarli anche nel ristorante MadeITerraneo e nell’Up Sunset Bar della Rinascente di via del Tritone, sempre gestiti da Di Giacinto. Non manca l’aggiornamento della versione dolce con il Maritozz’Oro alla torta Sacher o quello con crema al caramello e banane brûlée.
Su questa linea fantasiosa si sono cominciati a spostare diversi nomi della pasticceria tradizionale: per esempio il Forno Monteforte, la boulangerie/caffetteria di via del Pellegrino, propone, accanto a quella dolce con i frutti rossi, anche la versione salata con creme fraiche, salmone asparagi e aneto oppure con pomodorini, melanzane, zucchine infornate e salsa al basilico.
E proprio all’insegna del salato segnaliamo alcuni esordi eccellenti. Per esempio Il Maritozzo Rosso, bistrot di vicolo del Cedro, a Trastevere. Tante le alternative: con pollo alla romana (cioè con pomodori e peperoni), con le polpette di bollito al sugo, con burrata di bufala e alici di Sciacca con spinaci a crudo, con la caponatina di melanzane alla menta, con baccalà mantecato, radicchio e arancia. Divertente l’idea di usare il maritozzo – stesso impasto ma con forma tonda – per ospitare gli hamburger. Infine le versioni dolci: il MaritamiSU, ovvero il tiramisù nel maritozzo, poi il maritozzo bagnato con liquore al caffè, panna montata e cacao, infine il maritozzo Mojito ai fichi (bagnato al rum, farcito con una crema di ricotta montata con zucchero di canna, lime e menta, e guarnito con un fico fresco). Infine, proprio nel cuore della movida romana del quartiere Monti, ecco il Marì, aperto l’estate scorsa. Qui si trova il maritozzo “Greco” a base di mousse di feta, pomodorini, cetriolo, origano e olive calamata; il “Venezia”, con baccalà mantecato con scalogno piacentino e pepe rosa; l’omaggio al “Sud” con stracciatella di bufala con broccoletti e aliciotti.
Insomma, la new wave della gastronomia romana e la golosa prurigine dell’intellighenzia politico-giornalistica capitolina ci dicono che gli anni ’20 del Duemila potrebbero rappresentare la nuova giovinezza libidinosa d’er santo maritozzo.