TvAnche l’omeopatia è populista. Ed è pericolosa non solo per la salute

Basta farsi un giro tra le trasmissioni di salute in tv per rendersi conto di quanto il discorso medico abbia assunto toni antiscientifici, fra seguaci di Hahnemann e originaloni che promuovono la “fotobiomodulazione mitocondriale”

Photo by Haley Lawrence on Unsplash

Sere fa, a letto con la bronchite, stavo facendo zapping in cerca di un talk show con Marta Fana, o almeno uno Scanzi o un Telese che mi confortasse sulle prospettive economiche del nuovo anno, ma c’erano solo professori bocconiani neoliberisti, e disgustato ho ripiegato su una rete locale che trasmetteva un programma sulla salute. Sigla: statuetta dorata di Buddha e giardino zen, poi tipo in bermuda appeso a una corda mentre massaggia una paziente coi piedi, ballerina con gong in testa, pseudomonaci tibetani e musica araba. La conduttrice presenta l’ospite della serata, un medico di cui ora mi sfugge il nome, che si qualifica “omeopata unicista”. «È famoso per gli ibridi omeopatici con cui ha rivoluzionato tutte le teorie in campo medico», spiega ammirata la – diciamo così – giornalista in studio. Poi parla il dottore: «Hahnemann, il fondatore dell’omeopatia, era un genio che oggi meriterebbe il Nobel. Io sono il suo discepolo. Sono stato fortunato e prescelto da Qualcuno, perché il momento storico era venuto. Mi è arrivata questa intuizione. Lui non voleva curare solo i sintomi, voleva cambiare la vita della gente».

Non basta un rimedio come fanno di solito i medici omeopatici, ce ne vuole più d’uno: una terapia ad personam, basata sul corredo genetico dell’individuo. Come i cromosomi, come il Dna, i rimedi omeopatici si ereditano dai genitori: un rimedio dalla mamma, uno dal papà. O per abbondare, anche un paio a testa. Hahnemann praticava già l’eugenetica, solo che non l’hanno capito, era troppo avanti rispetto alla scienza del tempo. Dice il dottore: «Puliamo il Dna dalle malattie cronico degenerative, così ritorneremo all’apice dove c’erano i nostri patriarchi. Dobbiamo togliere dai nostri figli e dalle future generazioni le malattie che abbiamo ereditato dai nostri progenitori. Usando molecole nanotecnologiche. Ho la chiarezza di quello che mi arriva dal paziente. Ogni giorno invento qualcosa di nuovo».
Faccia qualche esempio, balbetta l’intervistatrice, con gli occhi sgranati. «Tempo fa è venuta da me una signora col morbo di Werlhof: una malattia molto rara che comporta penuria di piastrine, quindi facilità di ematomi. Per la medicina ufficiale non è guaribile, fanno trasfusioni di sangue. Invece io l’ho curata utilizzando ibridi in gocce in cui sono contenuti quattro rimedi. Le piastrine ricominciano a salire e non ha più ematomi, la signora».

Poi racconta di un tizio che dopo un trapianto di fegato ha sognato di volare: «Il sogno di volare è tipico di lycopodium clavatum. È chiaro che aveva acquisito lycopodium dal donatore. Adesso ha dentro un altro corpo con altri quattro rimedi».

Con gli ibridi si aggiusta tutto, l’asma, la cirrosi epatica, la depressione, perfino la talassemia. «Il globulo rosso del talassemico diventa normale – assicura il dottore – guarisce. Perché l’ibrido riprogramma il dna. Cosa che non succede con i farmaci». La conduttrice è in visibilio: «Quello che lei sta dicendo è incredibile». «Ma è vero. Ho utilizzato tutto ciò che il Maestro aveva codificato. I normali medici omeopatici ne applicano solo una parte». E se il mio bambino ha la febbre? Chiede lei. «Se ha 41 e sta morendo, gli devi dare quattro granuli ogni cinque minuti. Non muore, si salva».

Ah già, il termometro: per fortuna mi fermo a 38. Incerto se buttare gli antibiotici e passare agli ibridi, cambio canale, e vado a sbattere in un altro programma sulla salute. La giornalista, questa volta, è una bionda più matura e più assertiva: «Purtroppo la medicina di oggi, controllata da Big Pharma e dalla casta dei medici, mette al centro il profitto, non la persona», dice. L’ospite in studio annuisce: «Io sono un anticasta nato, sono sempre stato contro tutte le caste». Poi passa a esporre la sua teoria sulla “fotobiomodulazione mitocondriale”. Spiega che la luce, con i fotoni, massaggia i mitocondri dentro le nostre cellule, i mitocondri sono contenti e noi stiamo meglio. Se volete saperne di più, chiamate il suo studio a Lugano. Perché anche lui, italiano come l’erede di Hahnemann, esercita nella città svizzera. Infatti a Lugano non ci sono le caste, la medicina non mette al centro il profitto, e lì vengono sempre a curarsi i cassintegrati dell’Ilva. Più ibridi e più fotoni per tutti.

È il nuovo populismo biomedico. Il biopopulismo, o iatropopulismo, chiamatelo come volete. Lo so, parliamo di trasmissioni che non hanno certo lo share di Fazio. Ma sono la spia di un fenomeno. E vengono in mente i petardi lanciati contro le ambulanze, i medici e gli infermieri insultati e aggrediti nei pronti soccorsi dei nostri ospedali, che ogni giorno salvano centinaia di vite in cambio di stipendi modesti o miserabili, e che pure vengono identificati con l’aborrita “casta”, “l’élite dei competenti”, i professoroni col rolex e la Porsche che invece di curare accumulano profitti sulla pelle della povera gente. Con le famiglie dei pazienti che si ritengono in diritto di criticare le terapie, o di organizzare i turni di servizio del personale sanitario. Del resto uno vale uno, e Di Maio è ben ministro degli Esteri. Se poi il loro caro muore perché affetto da una grave malattia neurologica (è successo in un ospedale della Calabria), si avventano sul medico della rianimazione, gli devastano l’ufficio e lo riempiono di botte. Come gli insegnanti che bocciano uno studente asino, i medici che non salvano un malato incurabile sono degli aguzzini, dei nemici, sicari di qualche oscuro complotto, e meritano solo di essere pestati a sangue.

Avete mai letto la notizia di un medico omeopatico, o “alternativo” malmenato dalla folla? Di tanto in tanto, qualcuno di loro finisce nelle cronache perché ha curato un’otite coi rimedi di Hahnemann, e il paziente è deceduto. Ma di solito la famiglia era d’accordo. Intendiamoci, nessuno auspica la violenza. Non ci dispiacerebbe però che i monologhi in tv degli “unicisti” fossero interrotti da qualche domanda imbarazzante, tipo: «Può portarci delle prove di quanto sta affermando, che non sia l’aneddoto della signora guarita dagli ematomi?». «Sono stati fatti dei test sull’efficacia delle sue terapie?». O in maniera più spiccia, stile Burioni: «Dottore, non racconti balle! I suoi granuli sono acqua fresca». Ma sarebbe pretendere troppo. Intanto perché il biopopulista non ama il contraddittorio, e quindi la trasmissione salterebbe. Ma soprattutto perché questo tipo di “scienza”, per dirla con Popper, non è falsificabile o confutabile. Si ammanta di un’aura sapienziale, costellando il discorso di termini tecnici come Dna o mitocondrio, ma in maniera casuale, apodittica, non all’interno di una dimostrazione razionale. Presuppone non l’analisi critica, ma la fede incondizionata. E vuoi mettere quanto è più chic l’ibrido rispetto a un banale antibiotico? Inquina pure meno, fa molto Green Deal. Senza contare che chi si cura con l’ibrido a Lugano in genere manda i figli alla scuola steineriana, dove i professori non bocciano e non corrono il rischio di essere pestati.

X