La tempesta perfettaGregoretti, Emilia Romagna e il sorpasso a destra di Meloni. Ecco i tre incubi che tormentano Matteo Salvini

La Giunta per le autorizzazioni darà il via libera al processo per il segretario della Lega che teme l’ascesa della leader di Fratelli d’Italia, più presentabile e ragionevole (gulp!). E i sondaggi delle regionali del 26 gennaio non promettono bene

LUCA PRIZIA / AFP

La Giunta per le autorizzazioni proporrà che vada a processo. Perderà in Emilia-Romagna. La Giorgia Meloni gli respira sul collo. Ecco, delle tre congiunzioni astrali che formano la tempesta perfetta di Matteo Salvini, la terza è quella più insidiosa: l’incubo di una Meloni che insospettatamente diventa più affidabile, più presentabile, più ragionevole dell’inviperito leader leghista e che gli ruba consensi e copertine sui giornali, ecco, questa è la goccia che fa traboccare il vaso.

In fondo il voto della Giunta (e poi dell’Aula) per l’affare Gregoretti è abbastanza scontato: nel momento in cui Di Maio e Conte sono diventati avversari è chiaro che si è formata una maggioranza forte pronta a condannare i misfatti estivi dell’ex ministro dell’Interno. Si dice che lui potrà fare la vittima. Anche se non lo si vede proprio nei panni di un Dreyfus 2.0, è certo che Salvini vellicherà i soliti basic instict anti-immigrati, ma basterà a oscurare l’immagine di un ex ministro alla sbarra? Subito dopo un’eventuale, a questo punto probabile sconfitta in Emilia brucerà. E perché mai Giorgia dovrebbe mancare di sottolineare una débâcle tutta salviniana – sua la candidata, sua la strategia “nazionale” della consultazione emiliana?

E poi, guardate che differenza sull’attacco di Trump e l’eliminazione di Soleimani, con l’improvvido sdraiarsi di Salvini sulle gesta del commander-in-chief a fronte di un’andreottiana prudenza della “capa” di Fratelli d’Italia. Come dire, il provincialismo da osteria contro un profilo quasi più di governo. Che poi la personale immagine della Meloni sia – come dire? – leggermente in contrasto con questo nuovo atteggiamento più “politico” è materia di riflessione: anche se non sarebbe certo la prima volta che da quelle parti si indossa il vestito buono magari forzando la propria indole.

Quello che pare di intravedere – sia detto con il beneficio d’inventario – è che Giorgia Meloni stia provando ad affinare il messaggio, ripulendolo da casapoundismi e movenze nostalgiche, provando a dare in pasto all’opinione pubblica una pietanza sufficientemente digeribile e senza le smargiassate gratuite del salvinismo. Un po’ come fece, mutatis mutandis, Marine Le Pen. Intanto, i sondaggi la premiano.

È un fatto che il rapporto Salvini-Meloni era di 35 a 5, oggi è 30 a 10: sempre un abisso, ma è il trend che conta. È non c’è dubbio che sia FdI a sottrarre voti alla Lega, non altri. E quando il capo leghista la butta in politica, c’è lei a metterlo dietro alla lavagna. Come quando Salvini propose un fantomatico comitato di salvezza nazionale con il patetico refrain del «mettiamoci intorno a un tavolo» e Giorgia lo spedì a quel paese con poche sillabe: «Incomprensibile». Chiuso il discorso. Salvini tutto questo lo sente, lo sa. E ne soffre. Passare da leader unico a mezzo leader è una gran seccatura, per uno come lui. Ora il rischio fondatissimo è che i pieni poteri non ce l’abbia nemmeno a destra.

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